La poesia e la prosa

Edmund Spenser

Con Edmund Spenser (1552-1599) l'Inghilterra sembrò finalmente trovare l'atteso poeta a un tempo elisabettiano ed europeo, necessariamente dotato di profonda ispirazione e notevole abilità tecnica. Massimo poeta non drammatico dell'età elisabettiana, fu considerato dai suoi stessi contemporanei il "poeta nuovo" per aver rivitalizzato la tradizione inglese risalente a Chaucer, innestandovi i contemporanei influssi culturali e letterari rinascimentali europei. Geniale, coltissimo e consapevole della propria funzione, operò una straordinaria sintesi sviluppando e perfezionando tutti i filoni e le forme poetiche (dall'epico al pastorale, dall'allegorico al satirico, dal patriottico al fiabesco), allora oggetto di tentativi sperimentali.

La vita

Nato a Londra da una famiglia di modeste condizioni, frequentò la Merchant Taylors' School di Londra e poi l'università di Cambridge, città allora importante centro di cultura umanistica e protestante, dove ricevette un'istruzione classica. Nel 1578 entrò al servizio del potente conte di Leicester, favorito della regina Elisabetta, nel tentativo di fare carriera a corte. Qui ne conobbe il nipote sir Philip Sidney, di cui divenne intimo amico e con il quale, insieme ad altri amici, animò l'influente club letterario "Aeropagus". Egli non riuscì tuttavia a divenire un uomo di corte di successo, perché era poco disposto a lottare per una sistemazione alla difficile corte di Elisabetta e a causa del suo puritanesimo, che mal si accordava con la politica di compromesso della regina. Nel 1580, divenuto segretario di Lord Grey, governatore d'Irlanda, lo seguì a Dublino e vi rimase lavorando come funzionario governativo; nel 1586 si trasferì nella tenuta di Kilcolman presso Cork, dove trascorse quasi tutto il resto della vita fino a quando, nel 1597, il suo castello venne distrutto nel corso di una violenta rivolta irlandese. Ritornato a Londra nel 1598, vi morì nel 1599.

Le opere

La prima opera importante di Spenser, The shepheard's calendar (Il calendario del pastore, 1579), dedicato a Sidney, è una raccolta di 12 egloghe, una per ogni mese dell'anno, sul modello di quelle di Teocrito, Virgilio e autori più moderni italiani e francesi, che segna l'inizio della rinascita della poesia in Inghilterra. Nella scala dei generi poetici formulata dalla critica rinascimentale, la poesia pastorale aveva ormai dignità di genere poetico a tutti gli effetti, anche se meno nobile della poesia epica ed eroica. L'opera, che ebbe un grande successo, mostra una certa varietà di stili poetici, dall'elegia alla satira, e documenta in modo esemplare un lavoro il cui valore storico supera abbondantemente quello poetico.

Del 1591 è Complaints: containing sundry small poems of the world's vanity (Lamenti: con varie poesie brevi sulla vanità del mondo), una raccolta di poesie scritte in periodi diversi e per occasioni differenti, dense di amarezza e pessimismo; fra l'altro vi è contenuto il noto poemetto Mother Hubberd's tale (Il racconto di mamma Hubberd), satira della vita di corte. A questo seguì, nel 1595, Colin Clout's come home again (Colin Clout ritorna a casa), una pastorale che racconta un soggiorno di Spenser a Londra nel 1589-90. Dedicati alla seconda moglie Elizabeth Boyle, sposata nel 1594, gli Amoretti, una raccolta di 89 sonetti a imitazione petrarchesca, costituiscono uno dei risultati migliori di Spenser e dipingono i temi della bellezza e della crudeltà della donna e le inevitabili sofferenze dell'innamorato. Nel poemetto Epithalamion Spenser esalta il proprio matrimonio trasfigurando la semplice realtà con l'uso efficace dei ritmi e delle immagini: egli sa modulare i vari elementi tratti da Catullo, da Chaucer, dal folclore inglese e irlandese, dalla tradizione classica ricorrendo a uno schema metrico assai complesso. Nel 1596 compose il poema nuziale Prothalamion, in occasione del doppio matrimonio delle figlie del conte di Worcester, e nello stesso anno apparvero anche i Four hymnes (Quattro inni) all'Amore e alla Bellezza anche celesti.

"La regina delle fate"

La fama di Spenser è principalmente legata a The faerie queene (La regina delle fate), un poema epico incompleto a cui dedicò le proprie energie per un periodo di vent'anni, dal 1579 alla morte. L'opera rappresenta il tentativo di riunire in sé tutte le correnti di pensiero del tempo: la tradizione allegorica medievale, l'epica classica, l'umanesimo rinascimentale, il neoplatonismo, l'epica italiana, il folclore inglese, il pensiero politico. Nel suo progetto iniziale doveva consistere di 12 libri, ciascuno di 12 canti, ma Spenser ne portò a termine solo i primi 6 e frammenti del settimo. Suo modello è l'Orlando furioso di Ariosto, ma il tono è totalmente diverso, solenne, non ironico come in Ariosto. Spenser continua la tradizione allegorica medievale e in ogni libro celebra, attraverso le avventure di un cavaliere, una delle virtù definite da Aristotele nella sua Etica (Santità, Temperanza, Castità, Amicizia, Giustizia, Cortesia); la regina delle fate rappresenta in astratto la Gloria e in particolare la regina Elisabetta. Come egli scrisse a sir Walter Raleigh, "il fine ultimo di tutto il libro è quello di formare un gentiluomo con una virtuosa e nobile disciplina".

Una struttura così complessa e l'incompletezza creano talora difficoltà d'interpretazione, ma nei momenti più felici Spenser si mostra poeta estremamente musicale: la sua strofa, da lui denominata "spenseriana", è un così efficace mezzo di perfezione musicale che gli fece meritare, da parte del critico Charles Lamb, la definizione di "poeta dei poeti". Ampia è la varietà di elementi, numerosi sono i cambiamenti di tono e di ritmo; la stessa allegoria possiede una notevole flessibilità, così da adattarsi alle necessità dell'autore. Spenser mostra, pertanto, di essere il primo poeta moderno a utilizzare interamente le risorse poetiche della propria lingua e sarà fonte d'ispirazione, in modi diversi, per autori quali Milton, Keats e Wordsworth.