Petronio e la prosa minore

Trama del Satyricon

Il giovane Encolpio, colto, dotato di raffinato senso estetico e di ironico distacco, narra in prima persona le sue avventure durante i vagabondaggi nelle città dell'Italia meridionale, vivendo di espedienti, ruberie e pranzi scroccati. Suo compagno è l'adolescente Gitone, del quale è innamorato; ai due si affianca nella prima parte del racconto Ascilto, a sua volta attratto da Gitone e questo è fonte di gelosia e di liti. Questo terzetto, cinico e amorale, affronta con spirito di avventura ogni esperienza: barattano un mantello rubato con una tunica nella quale sono cuciti dei denari; accusati dalla corrotta sacerdotessa Quartilla di aver profanato un sacrificio a Priapo, sono sottoposti a innumerevoli torture erotiche. Partecipano quindi alla cena, offerta dal ricchissimo liberto Trimalcione, con altri nuovi arricchiti e parassiti: nel suo palazzo arredato in modo grottescamente sfarzoso, vengono servite innumerevoli portate, descritte minuziosamente. In questa ostentatamente lussuosa gozzoviglia domina la figura del padrone di casa, Trimalcione, ignorante e rozzo che si atteggia a persona istruita. La scena culmina con la parodia dei funerali di Trimalcione, che per il chiasso fa accorrere i vigili di quartiere. Nella confusione generale, i tre compagni si allontanano e riparano in una locanda dove litigano. Lasciato solo, Encolpio trova un nuovo compagno nel poeta vagabondo Eumolpo, un personaggio, sudicio ma geniale, che recita una sua composizione sulla distruzione di Troia. Gitone si riunisce a loro, ma si rinnovano le liti furibonde e le scene di gelosia. I tre si imbarcano infine sulla nave di Lica e dell'amante Trifena, ma scoppia una furibonda rissa tra Encolpio e Gitone. La pace torna per merito di Eumolpo, che racconta la novella della Matrona di Efeso, una piccante parodia dei propositi di castità delle vedove. Una tempesta fa naufragare la nave: Lica muore, Trifena si salva su una barca e i tre avventurieri sono gettati su una spiaggia vicino a Crotone.

L'ultima parte del testo è la più lacunosa. In città pullulano i cacciatori di testamenti e i cittadini sembrano appartenere a due categorie, gli imbroglioni e gli imbrogliati. Per questo Eumolpo, dopo aver recitato un poemetto sulla guerra civile tra Cesare e Pompeo, si finge ricco e ammalato per sfruttare l'avidità dei crotonesi. Encolpio è adescato dalla bella e ricca Circe, ma diviene impotente per l'ira del dio Priapo (non si sa perché) e guarisce soltanto per intervento di Mercurio, mentre Eumolpo, per sfuggire ai cacciatori di dote, tra cui la matrona Filomena, detta un testamento secondo il quale soltanto coloro che mangeranno il suo cadavere potranno ereditare i suoi beni.