Lessing

Il drammaturgo

Dal 1767 Lessing fu ad Amburgo e lavorò per il Teatro nazionale appena fondato. La sua Drammaturgia di Amburgo (Hamburgische Dramaturgie, 1767-69), costituita dalle presentazioni critiche con cui Lessing accompagnava quindicinalmente le messinscene del Teatro nazionale amburghese, è soprattutto uno strumento di battaglia contro l'imitazione del classicismo francese, al quale contrappose il genio di Shakespeare, e una raccolta di teorizzazioni anti-aristoteliche. Convinto del valore etico-pratico del teatro, Lessing puntò alla creazione di un teatro nazionale, in grado di favorire la nascita di un'identità culturale tedesca. La sua produzione drammatica, congiunta alla sua battaglia in campo teorico, portò il teatro tedesco a dimensione europea. Accettando da Gottsched, che prima di lui aveva tentato una riforma del teatro, il principio della verosimiglianza, cercò nelle sue opere un'ambientazione borghese e una forma linguistica corrispondente, fatta di dialoghi rapidi scritti in una prosa vivace ma sostenuta, che non fa rimpiangere il verso.

L'opera teatrale

Fin dai suoi primi lavori risulta evidente altresì una personalissima tensione morale, per esempio nelle commedie Il libero pensatore (Der Freigeist) e Gli ebrei (Die Juden), entrambe del 1749, che denunciano sciagurati pregiudizi. La migliore commedia di Lessing è la Minna von Barnhelm (1767), imperniata sulla nobile figura di un militare ingiustamente accusato di corruzione e su quella della sua altrettanto nobile fidanzata.

Maggior difficoltà Lessing incontrò nell'avviare un'analoga riforma nella tragedia. Il suo primo tentativo, Miss Sara Sampson (1755), la prima tragedia “borghese” tedesca, sviluppa, anche nella scelta d'ambiente, elementi della commedia lacrimevole di derivazione inglese. La successiva Emilia Galotti (1772) è una trasposizione borghese della vicenda di Virginia narrata da Tito Livio: in essa è evidente la critica alla corruzione delle piccole corti del tempo, per quanto attenuata dall'ambientazione italiana; ma la conclusione tragica, al di fuori del mondo classico romano, appare forzata e comporta una chiara incongruenza nel carattere della protagonista.

Nell'ultimo lavoro teatrale, il Nathan il saggio (Nathan der Weise, 1778), che è dramma più che tragedia, l'autore per la prima volta e con esiti mirabili si serve del verso: la difficile convivenza di ebrei, musulmani e cristiani nella Gerusalemme medievale gli è pretesto per una superba esaltazione illuministica della tolleranza religiosa, per quanto teatralmente poco efficace sia la conclusione. L'idea di una tragedia su Faust non andò purtroppo al di là di due brevi abbozzi.