Schiller tra teatro e riflessione estetica

Gli scritti estetico-filosofici

Il vero interesse teoretico per problemi etico-filosofici ed estetici in Schiller va certo ricondotto al bisogno, vivissimo in lui e da lui stesso dichiarato, di sostenere la fantasia poetica con il concetto astratto e viceversa. I primi scritti estetici nascono in margine alla sua attività di drammaturgo e sottolineano il carattere morale del piacere suscitato dall'arte: tale il senso del discorso Il palcoscenico considerato come istituto morale (Die Schaubühne als eine moralische Anstalt betrachtet, 1784), sostanzialmente ripreso nei saggi Sulla ragione del diletto per gli oggetti tragici (Über den Grund des Vergnügens an tragischen Gegenständen, 1792) e Sull'arte tragica (Über die tragische Kunst, 1792). Una riflessione veramente originale, imperniata sul tentativo di superare la definizione puramente soggettiva del bello data da Kant, trovando un fondamento “oggettivo sensibile”, si trova nelle lettere, indirizzate nel 1793 a Körner e contenenti l'abbozzo di un progettato dialogo Kallias o della bellezza (Kallias oder über die Schönheit), e denominate perciò Kallias-Briefe. Lo scrittore non sviluppò la propria idea della bellezza come “libertà nel fenomeno” ma si volse alla composizione di altri saggi, da Grazia e dignità (Über Anmut und Würde, 1793), in cui tentò un'armonizzazione tra imperativo morale e bellezza. Nelle Lettere sull'educazione estetica dell'uomo il suo scritto critico più complesso e impegnativo, Schiller individua nel cosiddetto “istinto del gioco” la via per uscire dalla parcellizzazione e meccanizzazione proprie della società moderna e per arrivare a una conciliazione tra la parte materiale e quella spirituale dell'uomo; tocca all'attività estetica il compito di “educare” il genere umano alla libertà. Lo stesso argomento, ma da un punto di vista più strettamente storico-letterario, è affrontato nel saggio Sulla poesia ingenua e sentimentale (Über naive und sentimentalische Dichtung, 1795-96), unanimemente considerato il suo capolavoro critico. In esso viene formulata la celebre distinzione tra la poesia naturale e immediata degli antichi greci, appunto “ingenua”, e quella dei moderni, idealizzante e perciò in sé scissa e tormentata.

La produzione in prosa di Schiller annovera, accanto a questi scritti critici e alle opere storiche, alcune prove narrative, che l'autore non tenne in grande considerazione: l'inizio di un romanzo epistolare, pubblicato con il titolo Lettere filosofiche (Philosophische Briefe, 1786), il racconto Il malfattore per infamia (Der Verbrecher aus Infamie, 1786, ristampato in seguito con il titolo Il malfattore per onor perduto, Der Verbrecher aus verlorener Ehre) e un incompiuto romanzo, Il visionario (Der Geisterseher), pubblicato a puntate tra il 1787 e il 1789.