Thomas Mann

L'opera narrativa

Tutta la prima fase dell'attività creativa di Mann verte, sotto l'influsso di Nietzsche, sull'opposizione decadentistica tra arte e vita: l'affinamento della sensibilità, l'inclinazione estetica comportano una diminuzione della forza dei propri istinti e della propria volontà di affermazione, determinando un rifiuto della vita (come nel caso del signor Friedemann, che finisce suicida) o la malattia e l'incapacità di vivere (come nel caso del piccolo Hanno Buddenbrook).

L'opposizione tra arte e vita

Questo tema è al centro dei Buddenbrook, dove si fonde con la grande impalcatura della storia di una famiglia, che abbraccia quattro generazioni. La decadenza progressiva dei suoi membri è da intendersi sia in senso biologico, alla maniera dei romanzi naturalisti, sia nel senso nietzscheano di sfinimento estetico-culturale: figure emblematiche del romanzo sono il nevrotico e sventato Christian e l'infaticabile Thomas, artefice della fortuna famigliare, almeno fino a quando la lettura di Schopenhauer non sopravviene ad attanagliargli l'anima. Benché Mann faccia largo uso della tecnica del discorso indiretto libero, il romanzo non può dirsi psicologico, poiché raggiunge tono e dimensione epici grazie alla molteplicità e varietà dei registri stilistici, sorretti dall'uso del “motivo conduttore” (Leitmotiv), mutuato dalla musica di Wagner: alla comparsa di un personaggio o al ripresentarsi di una situazione, viene ripresa una sequenza di aggettivi o un'intera proposizione, che poi si intrecciano e riappaiono in un contesto sempre diverso. Tale tecnica tradisce a volte un che di meccanico, che fa risaltare l'altro elemento stilistico fondamentale della grandiosa narrazione, ovvero l'ironia, intesa come presa di distanza dell'autore dalla materia narrata: “obiettività è ironia”, ebbe infatti a dichiarare lo stesso Mann in seguito. Il tema del conflitto tra arte e vita si ripresenta nei due grandi racconti del 1903, Tonio Kröger e Tristano, e sullo stesso tema lo scrittore torna ancora nel racconto La morte a Venezia, pregno di un estetismo morboso e di un'atmosfera di morte.

Il romanzo di idee

L'idea della morte campeggia anche nel monumentale romanzo La montagna incantata, lo spunto per il quale gli venne da una visita al sanatorio di Davos, dove la moglie Katja si trovava per curare una lieve affezione polmonare. Quel sanatorio, distante e separato dal mondo che sta correndo a precipizio verso la guerra mondiale, è il teatro della vicenda di Hans Castorp, neolaureato ingegnere navale che raggiunge Davos solo per fare visita al cugino malato, ma si ammala e viene ricoverato a sua volta. Così il giovane diviene il centro attorno a cui si svolgono le reiterate dispute ideologiche tra il gesuita reazionario Naphta e il democratico Settembrini (nipote del celebre Luigi), che si contendono la sua “educazione”. Questo romanzo vuol essere una moderna versione del romanzo di formazione in forma di “romanzo di idee”. Le singolari esperienze di Hans Castorp si concludono con lo scoppio della guerra e la sua partenza per il fronte.

Mito, psicologia e razionalità

Nell'imponente tetralogia Giuseppe e i suoi fratelli l'autore intende non solo dar vita a un'opera narrativa paragonabile per estensione e complessità alla tetralogia di Wagner, ma soprattutto costruire una narrazione nella quale il mito, la psicologia umana del profondo e la razionalità confluiscano nell'unità dello spirito umano che si dispiega poi nella storia. Nel suo immenso lavoro lo scrittore attinge, oltre che alla Bibbia, alle più svariate fonti mitologiche, geografiche, archeologiche, storiche e critiche, che rifonde intrecciando alla narrazione osservazioni e discussioni teoriche, spesso di grande interesse. La lingua insegue il suo oggetto con la più grande ricchezza di strumenti: ora alternando arcaismi a neologismi, ora mescolando assonanze, allitterazioni, onomatopee, ora studiandosi di ricreare parodisticamente, per esempio, gli snobismi linguistici della classe dominante egizia. Mann soprattutto si sforza di ricreare il tono delle antiche cronache, nel quale traluce ironicamente la consapevole perspicuità dell'intelletto moderno. Nata come pausa ricreativa fra il terzo e l'ultimo volume della tetralogia, Carlotta a Weimar (Lotte in Weimar, 1939) è l'amabile storia di un'immaginaria visita resa in anni maturi da Carlotta, l'amore giovanile di Goethe, al grande maestro di Weimar: omaggio al sommo poeta tedesco e insieme sapiente variazione su suoi temi.

Il romanzo della tragedia tedesca

Ben altra atmosfera si respira nel romanzo che Mann scrisse sotto la sconvolgente impressione della seconda guerra mondiale e del consumarsi della tragedia della sua patria, Doktor Faustus (1947). La narrazione si presenta come la biografia del compositore Adrian Leverkühn, presentato come il creatore della musica dodecafonica, geniale ma demoniaca forma musicale che segna la fine della Germania classica e dei suoi valori positivi quali erano stati espressi dalla Nona sinfonia di Beethoven. Come il protagonista della tragedia di Goethe, anche il protagonista del romanzo di Mann stringe un patto con il diavolo, rinunciando alla salvezza in cambio di ventiquattro anni di genialità artistica. Così Leverkühn impazzisce dopo avere ultimato il suo capolavoro, la cantata Lamentatio doctoris Fausti, e la sua vicenda viene a questo punto a sovrapporsi con il destino di Nietzsche, il teorico della volontà di potenza, e più in generale con quello della Germania.

Gli ultimi romanzi

Nei due ultimi romanzi Mann ritrovò la sua serenità classica. Con L'eletto (Der Erwählte, 1951) una splendida variazione della leggenda di Gregorio Magno, desunta dai Gesta Romanorum, e portando poi a compimento, nelle Confessioni del cavaliere d'industria Felix Krull (Bekenntnisse des Hochstaplers Felix Krull, 1954), un progetto di cinquant'anni prima: un arioso romanzo comico che narra in prima persona maneggi e truffe di un simpatico avventuriero, e che sembra smentire le parole shakespeariane fatte proprie da Mann alla fine della seconda guerra mondiale: “And my ending is despair” (e la mia fine è disperazione). Nel 1977 è stata avviata la pubblicazione dei Diari (Tagebücher, 9 voll.).

Esaltato come un classico e avversato come un grande tradizionalista, è una delle figure dominanti della narrativa tedesca del Novecento. La stessa disparità dei giudizi espressi su di lui prova l'enorme ricchezza e complessità della sua arte, che tocca tutte le principali regioni della narrativa moderna: dal romanzo di idee, che raccoglie l'eredità del romanzo di formazione ottocentesco, al romanzo storico-mitico; dal travestimento storico-linguistico al riso solare di un rinnovato romanzo picaresco, e infine a quel romanzo della crisi dell'arte e della civiltà moderne che è il Doktor Faustus.