L'espressionismo

Espressionismo, una nuova immagine della realtà

Divenuta finalmente uno Stato unitario il 18 gennaio 1871, mediante la proclamazione dell'impero tedesco (II Reich) con a capo Guglielmo I, la Germania aveva conosciuto un ininterrotto, enorme sviluppo economico sino al 1890, durante il cancellierato di Otto von Bismarck. Costui aveva attuato una politica di accentramento in lotta sia contro l'autonomismo cattolico (Kulturkampf) sia contro le rivendicazioni socialiste, varando però nel contempo una serie di riforme in campo sociale. Per parte sua, Guglielmo II, imperatore dal 1888 al 1918, oltre ad attuare la propria “politica mondiale” colonialista e bellicistica, riuscì a mantenere la marcia economica e tecnica della nazione verso la prosperità e il benessere. I decenni iniziali del Novecento trovarono pertanto la Germania nella fase più irruente della propria crescita, quell'irruenza che la coinvolgerà nel primo conflitto mondiale.

Genesi dell'espressionismo

Si suole ricondurre la nascita del movimento al disagio e all'angoscia provocati dal travolgente sviluppo della società industriale, dalla massificazione e spersonalizzazione dell'individuo che parve conseguirne. A ciò si aggiunsero gli orrori della prima guerra mondiale, che sembrarono agli esponenti dell'espressionismo (molti dei quali in essa perirono) la tragica conferma delle loro visioni apocalittiche. Nel suo saggio del 1916 lo scrittore austriaco H. Bahr ebbe enfaticamente a osservare che “mai epoca fu scossa da tanto raccapriccio, da tanto orrore di morte... Mai la pace fu più lontana e la libertà più morta. Ora l'angoscia leva il suo grido: gridando l'uomo reclama la propria anima, tutta quest'epoca non è che un grido d'angoscia”. Questo grido, emblematicamente rappresentato dalla litografia omonima del pittore norvegese E. Munch, è insieme disagio, protesta e rivolta irrazionali, ed è altrettanto irrazionale aspirazione mistica: tali diverse componenti non arrivarono mai a fondersi, cosicché l'espressionismo rimase un movimento in sé molto eterogeneo. Tutti i suoi aderenti erano concordi nel constatare – come fece K. Pinthus nel 1925 – l'enorme differenza fra le giornate tranquille e silenziose “di un contemporaneo di Goethe o di un uomo del Biedermeier” e le giornate dell'uomo moderno, assediate da “rumori, stimoli, eccitazioni”, dal “tumulto delle strade brulicanti di mezzi di trasporto, con il telefono, con le réclame luminose, con mille suoni e distrazioni”, e infine dalla guerra, che “ha cominciato ad allargarsi sulla terra, per l'aria e nell'acqua, con capacità distruttive che nemmeno la fantasia dello scrittore più eccentrico era stata capace d'immaginare”. L'inorridito rifiuto della modernità distingueva l'espressionismo da movimenti coevi come il futurismo, specie quello italiano, che dalla civiltà del rumore e delle macchine e, per certi aspetti, anche dalla guerra si sentiva invece fortemente attratto.

Modi, protagonistie caratteri letterari dell'espressionismo

Sorto dapprima nel campo delle arti figurative con i gruppi “Die Brücke” (Il ponte), attivo a Dresda a partire dal 1905, e “Der blaue Reiter” (Il cavaliere azzurro), nato a Monaco nel 1911, l'espressionismo si estese alla musica (con Schönberg, Berg e Webern), conoscendo le sue più importanti manifestazioni letterarie tra il 1910 e il 1920 soprattutto nell'ambito della lirica e del dramma teatrale. Diversi gruppi di autori si raccolsero a Berlino intorno alle riviste “Der Sturm”, “Die Aktion” (nate entrambe nel 1910) e “Das neue Pathos”; a Monaco intorno a “Die Revolution”, a Zurigo intorno a “Weisse Blätter”, mentre a Praga operò un gruppo i cui principali rappresentanti furono F. Werfel e M. Brod, amico e curatore delle opere di Kafka.

Il linguaggio dell'espressionismo si caratterizza per la sua intensità, la forte figuratività, il pathos acceso e, soprattutto nel teatro e nel cinema, per le deformazioni grottesche cui sottopone il linguaggio comune. Domina nella produzione lirica l'angoscia per l'isolamento del soggetto, per la dissociazione delle sue percezioni e la crescente invadenza del mondo (industriale) esterno, sottolineata da un andamento ritmico denso, rotto da accostamenti inconsueti e da immagini stravolte, talora repellenti (come nell'Ofelia del poeta G. Heym la descrizione del nido di topi tra le chiome della protagonista), da esclamazioni e invocazioni spesso eccessive. Tra i poeti vanno ricordati E. Lasker-Schüler, A. Stramm, E. Stadler, G. Benn, G. Trakl, G. Heym, F. Werfel e il primo Brecht.

Nel teatro l'espressionismo ruppe recisamente con il naturalismo sia quando si volse alla polemica sociale con forti elementi grotteschi e caricaturali, sia, e a maggior ragione, quando imboccò la via del dramma visionario. Al primo filone si rifanno perlopiù G. Kaiser, E. Toller e il giovane Brecht. Al secondo possono ricondursi L. Schreyer, O. Kokoschka, E. Barlach nonché i registi cinematografici R. Wiene, autore del celebre Gabinetto del dottor Calidari (Das Kabinett des Doktor Calidari, 1919), F.W. Murnau con Nosferatu (1922) e F. Lang con Doktor Mabuse (1922).