Letteratura e nazionalsocialismo

Letteratura dall'emigrazione interna

Una volta impostosi al potere il nazionalsocialismo, affermatosi in forza della sua politica autoritaria e repressiva, la via di fuga dell'esilio e dell'emigrazione all'estero non rappresentò peraltro l'unica direzione presa dagli scrittori tedeschi, sia che fossero apertamente dissidenti e pertanto perseguitati, sia che soltanto temessero di venire catturati per qualunque motivo entro breve tempo. Vi fu chi, infatti, pur ingiustificatamente sospettato oppure effettivamente e nascostamente oppositore del regime, restò in patria senza schierarsi con l'ideologia dominante.

Diversificate furono le attese e le condotte pratiche-morali di quanti decisero di rimanere. Non tutti, e ancor più nei primi tempi, indulsero al regime in attesa di una politica meno aggressiva e totalitaria, né propugnarono allo stesso modo la resistenza culturale. Tuttavia, fermo restando che l'opposizione politica implicava automaticamente la soppressone fisica, già soltanto sulla base di un'avversione etico-religiosa o umanitaria non pochi furono coloro diedero vita a una sorta di “emigrazione interna”.

Wiechert

Ernst Wiechert (Kleinort, Prussia Orientale, 1887 - Uerikon, Zurigo, 1950), volontario nella prima guerra mondiale, lavorò quindi come insegnante liceale per poi darsi all'attività di scrittore. Prussiano di temperamento conservatore, dopo il romanzo nazionalistico Il lupo dei morti (Der Totenwolf, 1924), ottenne nel 1929 il premio delle riviste internazionali per il racconto Il centurione di Capernaum (Der Hauptmann von Kapernaum, incluso nella raccolta Il flauto di Pan, Die Flöte des Pan, 1930); seguirono quindi L'ospite esotico (Der Exote, 1932), La vedova del maggiore (Die Majorin, 1934) e Novella pastorale (Hirtennovelle, 1935), tutti bene accolti dal regime nazista, al quale però non piacque il suo discorso all'università di Monaco su Il poeta e il tempo (Der Dichter und die Zeit, 1935), nel quale, criticando la politica culturale hitleriana, indicava nel poeta l'educatore ideale della gioventù. Osteggiato, Wiechert diede pubbliche letture di passi del romanzo Il bufalo bianco ovvero della gran giustizia (Der weisse Büffel oder von der grossen Gerechtigkeit), rifiutato dal suo editore tedesco e pubblicato solo a guerra finita in Svizzera (1946). Interdettagli l'attività di scrittore, nel 1938 venne rinchiuso per due mesi nel campo di concentramento di Buchenwald e fu da Goebbels minacciato di “annientamento fisico” in caso di recidiva. Raccontò tale drammatica esperienza in Il bosco dei morti (Der Totenwald, 1946), autobiografia dall'esperienza sconvolgente dell'internamento e del dolore universale. Frattanto aveva potuto pubblicare ancora, con grande successo, il suo romanzo migliore, La vita semplice (Das einfache Leben, 1939), esaltazione della vita in seno alla natura, lontana dai grandi eventi della storia. Dopo la guerra seguirono ancora I figli di Jeromin (Die Jeromin-Kinder, 2 voll., 1945-47) e Missa sine nomine (1950). Disgustato dalla Germania postbellica, emigrò in Svizzera nel 1948.

Schneider

Studioso di letteratura spagnola e portoghese, lo scrittore tedesco Reinhold Schneider (Baden-Baden 1903 - Friburgo, Brisgovia, 1958) ambientò la sua opera per lo più nel mondo iberico, ponendo al centro di essa il conflitto fra le istanze del potere e quelle dell'anima cristiana. Nella biografia Filippo II ovvero Religione e potere (Philipp II. oder Religion und Macht, 1931) raccontò l'elevatezza del grande protagonista della storia nelle cui gesta si lascia intravedere il disegno divino. Oppositore del nazionalsocialismo, nel racconto Las Casas davanti a Carlo V (Las Casas vor Karl V, 1938) espresse i propri ideali di umanesimo religioso e di tolleranza in luogo delle varie forme della sopraffazione, identificando dichiaratamente lo sterminio degli indios con la persecuzione nazista degli ebrei. Dedicati a figure storiche furono inoltre il romanzo storico Gli Hohenzollern (Die Hohenzollern, 1933) e il dramma Lo zar Alessandro (Zar Alexander, 1951).

Gertrud von Le Fort

La scrittrice tedesca Gertrud von Le Fort (Minden 1876 - Oberstdorf 1971), discendente di ugonotti, si convertì al cattolicesimo. Allieva dello storico, filosofo e teologo E. Troeltsch, è tra i maggiori scrittori cattolici tedeschi del sec. XX. Dopo le poesie Inni alla Chiesa (Hymnen an die Kirche, 1924), diede nei romanzi Il sudario della Veronica (Das Schweisstuch der Veronika, 1928) e La ghirlanda degli angeli (Der Kranz der Engel, 1946), una convinta esaltazione delle virtù cristiane. Il fascino esercitato su di lei dall'idea medievale del Sacro Romano Impero Germanico, sembra cedere negli Inni alla Germania (Hymnen an Deutschland, 1932) all'idea di una missione divina della Germania. Suo capolavoro è considerato la novella del martirio di sedici carmelitane durante la Rivoluzione francese L'ultima al patibolo (Die Letzte am Schafott, 1931), cui s'ispirò Bernanos per i Dialoghi delle Carmelitane, che successivamente venne letta come parabola della resistenza alla violenza del potere. Di contenuto autobiografico è Metà della vita (Hälfte des Lebens, 1965).

Bergengruen

Estromesso nel '37 dalla Camera degli scrittori, e dunque impossibilitato a pubblicare in Germania, Werner Bergengruen (Riga 1892 - Baden Baden 1964) aderì all'esperienza della “Rosa bianca”, il movimento antinazista di giovani universitari fondato nel 1942 a Monaco dai fratelli Hans e Sophie Scholl, arrestati nel febbraio del 1943 dalla Gestapo e giustiziati il mese successivo a causa di un volantinaggio in cui si accusava apertamente Hitler della morte di 300.000 giovani soldati tedeschi. Bergengruen scrisse apprezzate novelle di sapore ottocentesco, quali Il rosario spagnolo (Der spanische Rosenstock) e la Trilogia del capitano di cavalleria (Rittmeister-Trilogie, 1952-62). Resosi portatore di istanze etiche universali, fu autore di romanzi in cui si invita alla pace sociale, quali Il gran tiranno e il tribunale (Der Grosstyrann und das Gericht, 1935) e Così in cielo come in terra (Am Himmel wie auf Erden, 1940), nonché di liriche, raccolte in Figura e ombra (Figur und Schatten, 1958) e Partenza autunnale (Herbstlicher Aufbruch, 1965, postumo).

Elisabeth Langgässer

Protestante di origine “semiebraica”, la scrittrice Elisabeth Langgässer (Alzey, Alsazia, 1899 - Rheinzabern 1950) si convertì al cattolicesimo, che visse con una forte impronta mistica. Per le proprie origini venne costretta a cessare l'attività di scrittrice, ma conobbero il successo sia i suoi cicli lirici, influenzati da O. Loerke, tra cui Le poesie dello Zodiaco (Die Tierkreisgedichte, 1935) ed Elegia di Colonia (Kölner Elegie, 1948), sia i romanzi, tra cui Il sigillo indelebile (Das unauslöschliche Siegel, 1946) e Spedizione degli Argonauti nella Marca Orientale (Märkische Argonautenfahrt, 1950). Queste sue opere narrative, percorse da una vena metafisica e impreziosite stilisticamente dal frequente ricorso a un linguaggio ricco di metafore e simboli, rappresentano con tinte accese la sensualità e il peccato e occupano un posto importante nella nuova letteratura cristiana del dopoguerra.