Letteratura e nazionalsocialismo

Letteratura nazionale

Salito al potere, il nazionalsocialismo, al fine di “normalizzare” e diffondere la propria ideologia, cioè per rafforzare la propria identità trovandole radici precedenti e facendola così apparire come qualcosa di già avviato nella mentalità e nelle consuetudini dello “spirito” tedesco, considerò depositarie delle proprie idee alcune opere risalenti al periodo compreso tra il 1918 e il 1933. Quest'operazione, che probabilmente toccò il vertice della malafede e del travisamento adattando e divulgando secondo i propri principi eroici e razzisti la filosofia di F. Nietzsche, agì in letteratura su un genere di saghe, liriche e romanzi scaturiti dal “sangue e suolo” germanico.

Si trattava di una letteratura nazionale e patriottico-popolare che per gli argomenti trattati si prestava facilmente all'esaltazione in chiave nazionalistica.

Grimm

Lo scrittore Hans Grimm (Wiesbaden 1875 - Lippoldsberg 1959) visse a lungo in Sudafrica, maturando la convinzione che la superiorità dei popoli europei nel gestire e organizzare gli spazi ambientali e territoriali giustificasse il loro imperialismo e colonialismo. Per tale ragione, adottando uno stile letterario denso e conciso, rievocò in Novelle sudafricane (Südafrikanische Novellen, 1913) e La saga degli Olewagen (Die Olewagen-Saga, 1918) la propria esperienza coloniale nei termini di eroica lotta contro un ambiente ostile. Fu uno dei più significativi rappresentanti della letteratura patriottica che si opponeva al decadentismo; il suo romanzo Popolo senza spazio (Volk ohne Raum, 1926) ebbe vasta eco nel periodo nazista, quando fu celebrato in senso nazionalista. Vi si riconobbe la giustificazione per una politica imperialistica che cercava nuovi spazi di espressione alla propria vitalità e ai propri valori.

Billinger

Radicato nelle tradizioni della sua terra, lo scrittore austriaco Richard Billinger (Sankt Marienkirchen 1893 - Linz 1965) ne assorbì l'irresolubile contrasto tra sensualità e religiosità, esaltando la vita semplice ma profonda del mondo contadino, che vedeva non soltanto in contrasto con la corrotta vita cittadina, ma aperta al contatto con forze del demonismo pagano primordiale. Fra le sue opere: la prosa narrativa Un mazzo di rose (Ein Strauss Rosen, 1954); la raccolta poetica La falce celeste (Sichel am Himmel, 1931); i drammi Notte magica (Rauhnacht, 1931), Il gigante (Der Gigant, 1937) e Paracelsus (1943).

Weinheber

Figlio illegittimo, il poeta austriaco Joseph Weinheber (Vienna 1892 - Kirchstetten 1945) a sei anni fu inviato dapprima in un collegio, quindi, alla morte del padre (1901), in un orfanotrofio. Lavorò come impiegato postale e studiò da autodidatta, scrivendo poesie a partire dal 1912 e pubblicando nel 1919 la sua prima raccolta di versi, L'uomo solo (Der einsame Mensch). Con la raccolta Nobiltà e declino (Adel und Untergang, 1934), notevole per la padronanza della metrica classica, divenne uno dei più noti poeti lirici di lingua tedesca. Iscritto fin dal 1931 al partito nazista, di cui divenne una sorta di cantore ufficiale, inneggiò all'annessione dell'Austria alla Germania nazista con l'Inno al ritorno (Hymnus an die Heimkehr, 1938). Celebrò la sua idea della missione storica del poeta e della poesia nelle 40 odi Tra dèi e demoni (Zwischen Götter und Dämonen, 1938), cui seguirono Musica da camera (Kammermusik, 1939) ed Ecco la parola (Hier ist das Wort, 1944). Durante la seconda guerra mondiale continuò in letture e conferenze a sostenere il nazismo fino alla morte, sopravvenuta per l'assunzione di una overdose di morfina.