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La crisi della ragione

Nell'ultimo ventennio del secolo, il coincidere degli interessi delle classi dirigenti con quelli dei grandi gruppi capitalistici, portò a relegare in secondo piano l'importanza dell'opinione pubblica. Ciò provocò il declino degli ideali liberali e democratici diffusi fino ad allora. Contemporaneamente anche la filosofia entrò in crisi. La fede nella ragione, di cui si era nutrito il positivismo iniziò a declinare a tutto vantaggio dell'intuizione e dell'irrazionalità. Si diffusero, particolarmente, le teorie di Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900). Egli, spregiatore della morale comune e del conformismo, attribuendo grande valore all'intuizione e alla volontà di potenza, arrivò a elaborare l'ideale del “superuomo”. Questi vive creativamente la propria libertà, svincolato dai limiti entro cui si svolge l'angusta vita dell'uomo comune (il borghese bigotto). Ancora qualche anno e si sarebbe imposto un nuovo, pericoloso, clima culturale, esaltante la superiorità razziale di un gruppo sull'altro, la forza e l'arbitrio.