Corbàccio

operetta in prosa di Boccaccio, composta, sembra, tra il 1354 e il 1355 (o, secondo recenti studi, nel 1366). È un libro amaro, apertamente misogino, che Boccaccio scrisse per vendicarsi di una vedova che si era fatta beffe di lui. L'autore immagina di essere accompagnato a visitare Il laberinto d'amore (sottotitolo dell'opera), o porcile di Venere, dal defunto marito della donna, che gli illustra i vizi e le finzioni dell'amata e del sesso femminile in genere. Accanto ad ampie declamazioni retoriche e moralizzanti, vi sono nel Corbaccio pagine efficaci dove Boccaccio ritrova la consapevolezza della vanità delle passioni ed esalta l'ideale umanistico del saggio, immerso nel culto della poesia. Il titolo, abbastanza ambiguo, deriva forse dallo spagnolo corbacho, cioè frusta, oppure allude al corbo, corvo, che cava gli occhi e il cervello ed è utilizzato nei bestiari come figura dell'aberrante passione d'amore. § In Spagna venne pubblicata, nel 1498, un'opera con lo stesso titolo, Corbacho, scritta da Alfonso Martínez de Toledo (l'Arciprete di Talavera). Il libro, per il quale l'autore viene considerato il maggior precursore del romanzo spagnolo, è noto anche con i titoli Tradado contra las mujeres o Reprobación de Caro amor e Reprobación del amor mundano. Esso tratta dei medesimi temi presenti nell'opera del Boccaccio, con chiari intendimenti moralistici e satirici.

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