Moro, Simone

Alpinista, scrittore e aviatore italiano (Bergamo, 1967). Salito sulla cima di otto dei quattordici Ottomila, detiene il record di maggior numero di ascensioni in prima invernale: Shisha Pangma (2005); Makalu (2009); Gasherbrum II (2011); Nanga Parbat (2016). Tale primato è insuperato, insidiato solo dall'alpinista polacco Krystztof Wielicki, a quota tre prime invernali, che però ha ormai oltre settant’anni. Simone Moro inizia ad arrampicare sulle Orobie bergamasche a tredici anni e in seguito sulle Dolomiti. Negli anni Ottanta si dedica all’arrampicata sportiva (di cui tra il 1992 e il 1996 è allenatore nazionale). Nel 1992 inizia la sua carriera di alpinista hymalaiano. Nel 1997 sull’Annapurna è vittima di una valanga in cui perdono la vita i suoi compagni di spedizione. Nel 2001, impegnato con Denis Urubko nel concatenamento Lhotse-Everest, riceve la richiesta di soccorso dell’alpinista Tom Moores (a quota 8000 metri sulla parete ovest del Lhotse) che riesce a salvare e per cui nel 2002 riceve la Medaglia d’oro al valor civile. Nel 2003 si laurea in Scienze Motorie all’Università di Bergamo con una tesi sull’alpinismo ad altitudini estreme. È dell’inverno 2015-2016 l’impresa che lo consacra tra i più grandi alpinisti di sempre: compie infatti l’ascesa in prima invernale del suo quarto Ottomila, il Nanga Parbat, aggregandosi alla spedizione composta da Alex Txikon, Tamara Lunger (che si ferma a 70 metri dalla vetta), Ali Sadpara e Daniele Nardi (poi escluso dal tentativo di ascesa). Nel gennaio 2020, durante l'ascensione al Gasherbrum I con Tamara Lunger, cade per venti metri in un crepaccio a testa in giù riportando varie contusioni; con l'aiuto di Lunger riesce tuttavia a risalire e a mettersi in salvo. Nell’estate seguente, per celebrare Bergamo e le sue montagne durante la pandemia di COVID-19, porta a compimento l’intera traversata delle Orobie in filo di cresta bissando l’impresa compiuta con Mario Curnis nel 2000. Moro è anche un pilota di elicottero specializzato nel soccorso sull'Himalaya e nel 2012 ha effettuato un recupero in long line sul Tengkangpoche a oltre 6400 metri. Pratica inoltre il paracadutismo e il wingsuit skydive. Tra le sue pubblicazioni (tradotte in numerose lingue) si ricordano: Cometa sull’Annapurna (2003); La voce del ghiaccio. Gli ottomila in inverno: il mio sogno quasi impossibile (2012); Devo perché posso (2017); I sogni non sono in discesa (2019); Ho visto l'abisso (2020).

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