marginalizzazióne

sf. [da marginale]. In geografia e in economia dello sviluppo, il processo in seguito al quale un'area (continente, Paese, regione, quartiere, ecc.) viene a trovarsi distante in termini economici, funzionali, percettivi, dal centro cui fa riferimento. Sotto il profilo demografico si tratta di un'area che non attira, anzi perde, popolazione; sotto il profilo economico, di un'area che non attira investimenti produttivi; le sue connessioni con gli spazi circostanti saranno relativamente deboli. In ogni caso, la marginalizzazione rappresenta un processo, e dunque ha caratteristiche di dinamicità che, nel caso specifico, sembrano escludere tanto la linearità quanto l'irreversibilità del fenomeno; ma va rilevato che, secondo alcuni studiosi, la marginalizzazione ha una tendenza a cumulare i suoi effetti negativi, e quindi a rafforzarsi nel tempo. Alle differenti scale, esempi di marginalizzazione possono essere considerati i processi di divaricazione fra aree sviluppate e sottosviluppate, fra centri urbani e periferie, fra aree urbane e aree rurali o, fra le stesse aree rurali, fra regioni di pianura e regioni di montagna. Si noti che, per una parte delle sue componenti, il processo di marginalizzazione ha natura piuttosto soggettiva che oggettiva, ed è percepito come tale (anche se non necessariamente appare per esempio misurabile). Anche con questa specificazione, tuttavia, gli effetti di un processo di marginalizzazione risultano evidenti e molto rilevanti attraverso forme di depressione economica e demografica che colpiscono le aree marginali e la proporzionale difficoltà a ricollocare le aree in questione in posizioni di minore svantaggio.

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