Fisica delle particelle fondamentali

sm. [sec. XX; da neutro]. In fisica delle particelle fondamentali, particella elementare (simbolo ν) neutra, di massa estremamente piccola e spin semintero. Fu ipotizzata da W. Pauli nel 1931 per rendere conto dell'energia e della quantità di moto mancanti nel processo nucleare noto come decadimento beta. Negli anni successivi E. Fermi formulò una teoria dell'interazione debole basata sull'esistenza del neutrino. Il neutrino fu rivelato per la prima volta da F. Reines (al quale, per questa scoperta, nel 1995 è stato assegnato il premio Nobel per la fisica) e Clyde Cowan jr. nel 1956 e attualmente è considerato un membro della famiglia dei leptoni, particelle apparentemente prive di dimensioni misurabili e di struttura interna. Tale famiglia comprende 3 tipi di particelle a ciascuna delle quali è associato un tipo diverso di neutrino; si hanno quindi il elettronico, νe, associato all'elettrone; il muonico, νm, associato al muone, il tau, νt, associato alla particella tau. Per ogni tipo di neutrino esiste l'antineutrino, cioè la sua antiparticella, associato all'antiparticella corrispondente. Al neutrino dei 3 tipi viene convenzionalmente assegnato numero leptonico +1 e all'antineutrino il numero -1. Le interazioni del neutrino con la materia sono estremamente improbabili in quanto la sua massa è molto piccola. Le interazioni dei neutrini con la materia si osservano, comunque, comunemente nei fasci di particelle prodotte in acceleratori di particelle e in reattori nucleari. Lo studio di queste interazioni costituisce la base di una nuova branca della fisica in continuo sviluppo: la fisica del , la quale ha già ottenuto grandi successi nello studio e nella scoperta di costituenti fondamentali della materia, come i quark, e nella conferma di leggi fondamentali della natura, come l'unificazione della interazione nucleare debole e della interazione elettromagnetica.

Astrofisica

In astrofisica i neutrini rivestono un ruolo di eccezionale importanza in quanto la loro bassissima capacità d'interazione con la materia ordinaria li rende portatori tipici di informazioni direttamente dagli interni stellari; una facoltà che, nei riguardi delle sorgenti celesti, non è conseguibile con i mezzi ottici o radioelettrici tradizionali. Si distinguono più origini nel flusso dei neutrini che ci provengono dallo spazio esterno. A) dalle stelle. Le reazioni di nucleosintesi che si sviluppano nel nucleo delle normali stelle di sequenza generano neutrini aventi energia massima di 18,77 MeV in corrispondenza della fusione di un protone con l'isotopo3He. Nelle stelle dotate di alta densità e di temperature superiori a 109 K, la produzione neutrinica viene sostenuta da processi di trasformazione di coppie elettroniche, o per fotodissociazione dei nuclei atomici, o per urto fotone-fotone. Quest'ultime reazioni divengono importanti se l'astro entra in fase di supernova. Per esempio, la deflagrazione della supernova SN1987A nella Grande Nube di Magellano ha fornito ben 19 eventi di rivelazione neutrinica, tutti correlabili con la comparsa ottica del cataclisma celeste, osservati contemporaneamente entro le vasche sotterranee di acqua distillata di Morton (Cleveland) e di Kamiota (Tokyo). B) dal Sole. Si conoscono un certo numero di reazioni a sostegno della produzione di neutrini nel nucleo solare; esse oltre all'idrogeno, riguardano le reazioni secondarie che coinvolgono l'azoto, il boro, l'ossigeno. Nel 1967, lo statunitense R. Davis, limitatamente ai neutrini connessi con la reazione del boro, escogitò un metodo di rilevamento tramite cloro interrando, a 1490 m entro una miniera del Dakota, un serbatoio di 390.000 litri di tetracloroetilene. Il numero dei neutrini rivelati in tale esperimento è risultato sempre inferiore (da tre a cinque volte) a quello previsto dal modello teorico; anche l'esperimento Gallex, realizzato dal CNR nei laboratori sotterranei del Gran Sasso, ha riscontrato un numero di neutrini, rilevati a bassa energia, inferiore del 40%. Questo risultato è stato alla fine interpretato come la dimostrazione che il neutrino oscilla tra le sue tre forme diverse e che cambia caratteristiche nel suo viaggio dal Sole alla Terra (oscillazioni del neutrino). Conseguenza dell'oscillazione del neutrino è che esso deve possedere una massa, seppure piccolissima. C) cosmologici. La teoria del big-bang prevede la produzione di una radiazione neutrinica (mare neutrico) connessa a processi di conversione protone-neutrone nel corso dell'era adronica allorché la temperatura della “palla di fuoco” era non inferiore a 1012 K. I metodi di rivelazione di questa categoria di neutrini si basano essenzialmente sul rilevamento dei raggi cosmici, tenendo conto che le aspettative riguardano una radiazione corpuscolare che l'espansione dell'Universo ha raffreddato a livelli termici di ca. 1,9 K. Si tratta, quindi, di neutrini di bassa energia (~1 eV) di difficile rilevamento, il cui cammino libero medio si aggira intorno a 1020volte il raggio dell'Universo. Numerosi sono gli esperimenti per la rivelazione dei neutrini di origine non solare. Tutti si basano sulle possibili interazioni della particella durante l'attraversamento di grandi spessori d'acqua (liquida, o allo stato solido): a esse, seguirebbe la produzione di un muone e di uno sciame di particelle secondarie, accompagnata da emissione di radiazioni Čerenkov che schiere di fotomoltiplicatori e di fotocellule hanno il compito di rilevare. Tra i principali laboratori sperimentali per la rivelazione del neutrino vi sono: gli impianti Amanda (fra i ghiacci antartici); gli impianti subacquei di Dumond (Oceano Pacifico); NT-36 (lago Bajkal); Nestor (Egeo). I laboratori sotterranei di Superkamiokande (Giappone) hanno subito un incidente disastroso e, dopo essere stati tra i primi a dimostrare l'oscillazione del neutrino, sono stati adibiti alla rivelazione di onde gravitazionali. Tra i laboratori più importanti del mondo per lo studio dei neutrini spiccano i Laboratori del Gran Sasso dell'INFN .

Bibliografia

E. Fermi, Particelle elementari, Torino, 1952; J. S. Allen, The Neutrino, Princeton (New Jersey), 1958; C. S. Wu, The Neutrino, New York, 1960; E. Segré, Nuclei e particelle, Bologna, 1966; I. Kaplan, Nuclear Physics, Reading (Massachusetts), 1971; M. J. Strong, Neutrino e anti-neutrino, New York, 1982.

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