Chimica: generalità

sm. [sec. XVIII; dal francese hydrogène, da hydro-, idro-+-gène, -geno]. Elemento chimico di simbolo H, di peso atomico 1,00 e numero atomico 1. In natura l'idrogeno è costituito dall'isotopo di numero di massa 1, detto prozio, accompagnato da una minima quantità (un atomo su 5900 ca.) dell'isotopo di numero di massa 2, il deuterio, e da tracce dell'isotopo radioattivo di numero di massa 3, il trizio. La ragione per la quale i tre isotopi dell'idrogeno, a differenza di quelli degli altri elementi, hanno ciascuno un proprio nome, sta nel fatto che il deuterio e il trizio, avendo un peso atomico doppio e triplo di quello del prozio, presentano proprietà fisiche, e in parte anche chimiche, vicine ma abbastanza nettamente differenziate da quelle del prozio stesso. A temperatura ambiente l'idrogeno è costituito da molecole biatomiche. I nuclei dei due atomi della molecola H2 possono presentare spin paralleli oppure antiparalleli: ne derivano due specie di molecole, che differiscono nelle loro proprietà (per esempio di qualche centesimo di grado nei punti di fusione e di ebollizione) e che si dicono rispettivamente orto-idrogeno e para-idrogeno: a temperatura ambiente le due specie di molecole coesistono in un rapporto quantitativo di tre molecole di orto-idrogeno per una di para-, mentre, abbassando la temperatura, la miscela si arricchisce a mano a mano della forma para. Alle altissime temperature, o anche per bombardamento con elettroni lenti, le molecole H2 si dissociano in atomi liberi, che, a temperatura ambiente, si ricombinano però molto rapidamente in molecole H2: la percentuale di molecole H2 dissociate in equilibrio con quelle indissociate è, per esempio, dell'1% a 1727 ºC e aumenta gradualmente con la temperatura. A temperatura ambiente l'idrogeno si presenta come un gas incolore e inodore, poco solubile in acqua e appena più solubile nei solventi organici. È il gas più leggero che si conosca, essendo 14,38 volte meno pesante dell'aria; per tale ragione, malgrado l'inconveniente dell'infiammabilità, è stato ed è ancora usato per il riempimento di palloni aerostatici, ecc. L'idrogeno è molto difficilmente liquefacibile: alla pressione ambiente passa allo stato liquido a –252,77 ºC e il liquido così ottenuto solidifica a –259,2 ºC: l'idrogeno liquido ha quindi un campo di esistenza molto limitato. In seguito al diffondersi dell'impiego in campo aerospaziale, in tempi recenti sono state comunque messe a punto adatte tecnologie per la produzione e la conservazione dell'idrogeno liquido. Alla temperatura ambiente l'idrogeno è chimicamente poco reattivo a causa dell'elevata stabilità delle molecole H2 che lo costituiscono. Tuttavia, se viene acceso all'aria brucia con fiamma azzurrognola e fortemente calorifica che, quando il comburente è l'ossigeno puro, come nella fiamma ossidrica, raggiunge una temperatura di 2800 ºC. La combinazione dell'idrogeno con l'ossigeno deve però essere innescata in un punto della massa gassosa da una fiamma, da una scintilla o anche solo dalla presenza di determinati catalizzatori, come per esempio il platino finemente suddiviso: in caso contrario, la miscela di idrogeno e ossigeno, che si indica con il nome di gas tonante, rimane inalterata indefinitamente. L'idrogeno presenta un'affinità altissima per il fluoro, con il quale reagisce in modo esplosivo anche a bassissima temperatura formando il fluoruro di idrogeno, HF; con il cloro a temperatura ambiente forma il cloruro di idrogeno, HCl, solo molto lentamente se la miscela dei due gas si trova al riparo dalla luce, mentre la reazione diviene violenta sotto l'azione della luce. Gli altri alogeni, lo zolfo e gli elementi non metallici in genere si combinano con l'idrogeno solo ad alta temperatura; ad alta temperatura l'idrogeno si combina anche con i metalli alcalini e alcalino-terrosi e anche con altri metalli formando i corrispondenti idruri. Vari metalli pesanti, soprattutto quando siano finemente suddivisi, possono adsorbire forti quantità di idrogeno; se questi metalli sono allo stato compatto, l'idrogeno, in particolare a caldo, si diffonde al loro interno, per cui può per esempio attraversare una lamina dei metalli stessi. I metalli che adsorbono più abbondantemente l'idrogeno sono quelli dell'ottavo gruppo del sistema periodico degli elementi e, tra questi, il platino e il palladio (quest'ultimo, allo stato suddiviso e a temperatura ambiente, adsorbe una quantità di idrogeno pari anche a 850 volte il proprio volume). L'idrogeno adsorbito su questi metalli è dissociato in atomi liberi o quanto meno le sue molecole H2 presentano un forte allentamento del legame tra i due atomi di idrogeno; ciò rende l'idrogeno molto più reattivo e infatti tali metalli sono energici catalizzatori delle reazioni nelle quali interviene l'idrogeno elementare. Gli ossidi dei metalli pesanti vengono ridotti dall'idrogeno, per lo più a caldo, trasformandosi, secondo i casi, in ossidi inferiori o in metallo libero:

Nella crosta terrestre, includendovi la idrosfera, l'idrogeno è presente per lo 0,87% in peso, per la massima parte sotto forma di acqua oppure di composti organici. L'atmosfera contiene idrogeno libero, ma in quantità minima, dell'ordine di 10–4%; in realtà, l'idrogeno vi viene di continuo immesso sotto forma di gas naturali che si liberano dalla crosta terrestre oppure di idrogeno generato da processi di fermentazione anaerobica, ma, a causa della loro leggerezza e della loro elevata velocità, le molecole dell'idrogeno sfuggono di continuo dall'atmosfera verso gli spazi cosmici. L'idrogeno è molto abbondante, invece, nell'universo costituendo ca. il 55% della materia cosmica.

Chimica: produzione e usi

Piccole quantità di idrogeno si possono preparare in laboratorio con metodi diversi. I metalli alcalini, per esempio il sodio, reagiscono violentemente con l'acqua liberando una quantità di calore tale da incendiare l'idrogeno che si libera; i metalli alcalino-terrosi, per esempio il calcio, reagiscono anch'essi con l'acqua a temperatura ambiente, ma assai meno violentemente, mentre altri metalli, come per esempio il ferro e lo zinco, reagiscono abbastanza rapidamente con l'acqua solo al calor rosso, formando accanto all'idrogeno un loro ossido anziché l'idrossido come fanno i metalli alcalini e alcalino-terrosi:

Il metodo di laboratorio più comune per la preparazione dell'idrogeno è però quello che si basa sulla reazione tra lo zinco, o eventualmente il ferro metallico, e l'acido cloridrico o l'acido solforico diluito:

La reazione generalmente si conduce in un apparecchio di Kipp o in apparecchio analogo. L'idrogeno così ottenuto è generalmente impuro per tracce di solfuro di idrogeno, H2S, di fosfina, PH3, di arsina, AsH3, ecc. provenienti da impurezze di reagenti usati: lo si purifica facendolo gorgogliare in una soluzione di un energico ossidante, in genere bicromato o permanganato di potassio, e poi lo si essicca facendolo gorgogliare in acido solforico concentrato. La produzione di idrogeno per elettrolisi dell'acqua, in pratica di una soluzione acquosa di idrossido di sodio, ha avuto notevole importanza industriale fino alla metà del sec. XX, ma ormai è stata del tutto abbandonata a causa dei rilevanti consumi di energia elettrica che essa comporta. Una fonte tradizionale di idrogeno è il gas di cokeria, che costituisce il sottoprodotto della fabbricazione del coke metallurgico e contiene il 50-55% di idrogeno: questo gas viene sottoposto a una liquefazione frazionata, separandone allo stato liquido il metano, l'ossido di carbonio e gli altri costituenti eccetto l'idrogeno e l'azoto; la frazione liquefatta viene poi riportata allo stato gassoso e usata come combustibile per i forni a storte per la distillazione del carbon fossile, mentre l'idrogeno e l'azoto vengono avviati alla produzione di ammoniaca sintetica, che si effettua appunto da una miscela opportunamente dosata di questi due elementi. Un'altra tradizionale fonte d'idrogeno è il gas d'acqua, ottenuto per reazione del vapor d'acqua con il carbone. Tuttavia, attualmente i metodi più largamente usati (sostanzialmente perché più economici) per la produzione industriale dell'idrogeno sono basati sul reforming con vapor d'acqua (steam reforming) del gas naturale (metano) o di opportune frazioni idrocarburiche ottenute dalla distillazione del petrolio. Il processo di steam reforming del metano (il più diffuso) è schematizzabile con la reazione seguente, che conduce alla formazione del cosiddetto gas di sintesi (miscela di idrogeno e monossido di carbonio):

A questa reazione si accompagna quella di conversione del monossido di carbonio impiegata per l'estrazione dell'idrogeno dal gas d'acqua. Le due reazioni sono complessivamente endotermiche e la quantità di calore che esse assorbono viene fornita introducendo una quantità controllata di ossigeno o di aria, che brucia una parte dell'idrocarburo con una reazione la quale è invece fortemente esotermica. Secondo il trattamento al quale viene poi sottoposto il gas proveniente da queste reazioni si ottiene una miscela di idrogeno e ossido di carbonio che viene direttamente impiegata nella sintesi del metanolo, oppure, attraverso la reazione di conversione, l'idrogeno puro.

In connessione al possibile uso dell'idrogeno – considerato da molti decenni, e riemerso con una certa forza a partire dalla fine degli anni Novanta del sec. XX – come combustibile “pulito” (la sua combustione produce solamente acqua) e praticamente inesauribile per la produzione di energia e come carburante per autotrazione in sostituzione dei combustibili fossili oggi sfruttati, si è andata intensificando la ricerca di strade alternative per la sua produzione industriale. I processi di steam reforming oggi diffusi, infatti, usano come fonti di partenza proprio i combustibili fossili che l'idrogeno dovrebbe sostituire. Essi, inoltre, portano alla contemporanea formazione di biossido di carbonio, il cui accumulo nell'atmosfera (dovuto in buona parte all'uso dei combustibili fossili stessi) desta preoccupazione in relazione al cosiddetto effetto serra. Per questo motivo, nuovo impulso è stato dato alla ricerca di nuovi processi, rivalutando per esempio quelli basati sulla scissione dell'acqua (elettrochimica o termochimica). Peraltro, tali processi richiedono a loro volta elevate quantità di energia, riproponendo il problema della produzione di quest'ultima. Tra le strade più innovative, si può citare la produzione fotochimica di idrogeno a partire da acqua ed energia solare, che permetterebbe di superare molte delle problematiche citate. La decomposizone diretta del metano a carbonio e idrogeno, infine, sebbene ovviamente non consenta di affrancarsi dalla fonte fossile, eviterebbe almeno la produzione di ingenti quantità di anidride carbonica. § Gli usi principali dell'idrogeno sono oggi quelli nelle sintesi dell'ammoniaca e del metanolo, che ne assorbono quantità imponenti; forti quantità di idrogeno vengono inoltre utilizzate nei processi di idrogenazione e per la saldatura e il taglio dei metalli con la fiamma ossidrica. Allo stato liquido l'idrogeno viene utilizzato, generalmente in miscela con l'ossigeno liquido, come propellente per motori a razzo.

Chimica: i composti dell'idrogeno

L'idrogeno forma composti binari con tutti gli elementi non metallici, eccetto i gas nobili, e inoltre con la maggior parte degli elementi metallici. In questi composti l'idrogeno risulta sempre monovalente e può presentarsi come ione positivo H+ (idrogenione) o come ione negativo H- oppure ancora legato con un legame covalente. Come ione positivo, l'idrogeno si presenta nei composti con atomi o con gruppi di atomi a carattere nettamente elettronegativo che vanno sotto il nome di idracidi, come per esempio l'acido cloridrico, HCl, e in genere nei composti a carattere acido, come per esempio l'acido solforico, H2SO4; in soluzione questi composti si ionizzano tutti, in maggiore o minor misura, liberando appunto ioni H+. Come ione negativo H-, l'idrogeno si presenta invece negli idruri: questi composti si formano per azione dell'idrogeno sul corrispondente metallo a temperatura abbastanza elevata; il processo è reversibile e, per riscaldamento a temperatura ancora più alta, gli idruri metallici si dissociano negli elementi dai quali derivano. L'acqua, in genere già a temperatura ambiente, decompone questi idruri svolgendo idrogeno e trasformando il metallo nel suo idrossido. Gli elementi a carattere intermedio tra quello nettamente metallico e quello nettamente non-metallico formano invece con l'idrogeno composti a legami covalenti, come per esempio il metano, CH4, o il silano, SiH4, i quali non sono ionizzabili neppure in modesta misura. § Idrogeno antimoniato, vedi anche stibina; idrogeno arsenicale, vedi anche arsina; idrogenocarbonato, vedi anche bicarbonato; idrogeno fosforato, vedi anche fosfina; idrogenosolfato, vedi anche bisolfato; idrogenesolfito, vedi anche bisolfito; idrogeno solforato, lo stesso, ma meno corretto, di solfuro di idrogeno (vedi anche acido solfidrico); perossido di idrogeno, vedi anche acqua ossigenata.

Fisica-chimica

L'idrogeno rappresenta, insieme all'elio, un elemento chimico fondamentale in quanto entra, con prevalenza assoluta, non solo nella composizione dei corpi del nostro sistema planetario, ma anche in quella delle stelle, della materia interstellare e del fluido, diffuso più o meno nascostamente, che pervade gli spazi intercorrenti fra le galassie del medesimo ammasso. In quanto componente del materiale nebulare distribuito sul piano galattico, l'idrogeno dà luogo a vaste formazioni di gas relativamente freddo (regioni HI) ove, a causa dell'irradiazione da parte di stelle contigue, o anche in seguito a quella esercitata da eventi di supernova, possono localmente verificarsi effetti di eccitazione e/o di ionizzazione atomica, cui consegue l'apparizione delle caratteristiche nebulose lucide (anche dette regioni HII). Proprietà delle regioni HI è quella di comportarsi da sorgenti di radiofrequenze, emesse a 21,11 cm di lunghezza d'onda da parte degli atomi d'idrogeno neutro. Grazie a tale meccanismo, dal 1951, è stato possibile iniziare a individuare numerose formazioni galattiche di quella natura e, con ciò, la morfologia saliente del nostro aggregato siderale. Per quel che ne concerne l'origine, va ricordato che l'idrogeno è tutto di formazione cosmologica, nel senso che la sintesi dei protoni che ne costituiscono i nuclei atomici, viene fatta risalire ai primi 3 minuti dal momento del big-bang.

Bibliografia

L. Malatesta, Chimica inorganica, Milano, 1968; A. Girelli, L. Matteoli, F. Parisi, Trattato di chimica industriale e applicata, Bologna, 1969; M. A. Rollier, Chimica inorganica, Milano, 1969; Autori Vari, Enciclopedia internazionale di chimica, Roma, 1971; A. Robotti, L'energia solare e l'idrogeno, Torino, 1982.

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