Lessico

sf. francese (pp. f. ant. di élire, scegliere).

Cerchia di persone che, per cultura, prestigio, autorità, si pone come gruppo dominante.

Sociologia: generalità

La sociologia politica identifica nelle élite quei gruppi capaci di esercitare autorità e influenza sulla società, nonché di controllare e dirigere i processi che conducono alla formazione delle più rilevanti decisioni politiche. Già autori classici, come Platone, dispongono di una loro sommaria teoria delle élite – per esempio individuate nel ceto dei guerrieri, o in quello dei filosofi –, ma il pieno sviluppo di una dottrina politologica relativa al problema si ha solo ai primi del sec. XX con la scuola elitistica italiana (G. Mosca, V. Pareto, R. Michels). Questi studiosi indagano il rapporto fra la minoranza dei governanti e la maggioranza dei governati agli albori della società di massa, in cui le istanze democratiche si presentano – seppure in forme ancora giuridicamente e politicamente incompiute – come rivendicazione del suffragio universale e, in genere, di diritti politici ignoti ai sistemi di governo tradizionali. Molto acuti nel cogliere le dinamiche di funzionamento del nuovo potere, questi autori approdano però generalmente a una visione pessimistica e tendenzialmente conservatrice del “processo politico”. Caratteristica di ogni élite sarebbe, alla fine, soltanto l'esigenza di autopreservarsi come classe politica e sede di potere. Le stesse rivoluzioni si ridurrebbero, per esempio, a un fenomeno di pura sostituzione – seppure traumatica – di élite di governo. Contro una visione restrittiva delle potenzialità della democrazia, invece, il sociologo statunitense Ch. Wright Mills ha elaborato in anni più recenti un profilo complesso delle élite come “insieme di coloro che occupano i posti di comando”. Non più, perciò, una sola dominante élite politica, ma un reticolo di autorità e controllo di cui sarebbero espressione anche i nuovi poteri militari ed economici. Altri autori di formazione politologica preferiscono parlare di burocrazia politica (Putnam), o si sono sforzati di identificare le forme di governo in rapporto al modello delle élite dominanti, centrifughe o centripete (Lijphert). Studiosi di indirizzo marxista critico – come I. Deutscher o M. Ðilas – hanno, invece, descritto efficacemente la trasformazione dei vecchi gruppi dirigenti rivoluzionari in élite burocratico-totalitarie nei regimi comunisti.

Sociologia: circolazione delle élites

Il principio è al centro della teoria politica di Vilfredo Pareto. Interessato al fenomeno del declino delle aristocrazie e incline a rappresentare la storia politica come lo scenario di un permanente conflitto fra minoranze in competizione per il potere, Pareto distingue due livelli ricorrenti di tale conflitto. Il primo riguarda il modo in cui – all'interno di un'élite al potere – si produce l'avvicendamento fra i leader. Il secondo, invece, concerne la radicale sostituzione di una classe politica dominante con un'altra. Così, da un lato, l'attenzione dei politologi si deve concentrare sulle caratteristiche personali, sulle abilità politiche e sulle risorse di cui dispongono le diverse élites (celebre la contrapposizione fra i leoni, propensi all'uso della forza, e le volpi, capaci di raggiungere gli obiettivi prefissati attraverso l'astuzia). Dall'altro la circolazione delle élites rinvia a processi politico-sociali grandiosi, come le rivoluzioni contemporanee, cui Pareto guarda con l'occhio polemico e disincantato del conservatore cui anche le più generose istanze di emancipazione sociale si presentano come puri strumenti di conquista del potere da parte di nuove oligarchie.

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