Figliòl Pròdigo

parabola del Vangelo citata in Luca 15, 11-32: un giovane smanioso di libertà chiede al padre la sua parte d'eredità e si reca in lontani Paesi, dove disperde ogni avere in una vita dissipata, per tornare pentito alla casa del padre dove è accolto con gioia e riammesso dal padre in seno alla famiglia. Alle lagnanze del figlio maggiore per la bontà mostrata al figlio dissipatore, il padre così risponde: “Figlio, tu sei sempre stato nella mia casa, e quanto mi appartiene è tutto tuo, ma questo figlio era perduto ed è stato ritrovato. Per questo io sono felice e festeggio il suo ritorno”. La parabola dichiara l'amore di Dio per i peccatori e l'opera della sua grazia per ricondurli sulla retta via. § Numerose sono le opere drammatiche, letterarie e musicali, i quadri, le sculture ispirate alla parabola. Da ricordare innanzitutto un'anonima medievale Rappresentazione del figliol prodigo, quindi l'Auto di Lope de Vega Carpio, in teatro, nell'ortodossia dell'interpretazione evangelica; A. Gide, invece, nel suo Retour de l'enfant prodigue (1909) rovescia l'esperienza evangelica, sostenendo la necessità dell'affrancamento dalla famiglia anche quando il ritorno si impone come sconfitta, assurgendo a stimolo per il fratello che non alla rinuncia deve cedere, ma alla necessità di mettere alla prova se stesso, fuori della famiglia o, se si vuole, dall'ordine e dalla consuetudine. In musica la parabola ha avuto compositori come Ponchielli, Debussy, Prokofev, che musicò anche il balletto di Boris Kochno. In pittura e scultura è stata interpretata da Rembrandt, Luca da Leida, P. Batoni, il Guercino, Arturo Martini e molti altri.

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