Biografia: la formazione

Scrittore francese (Parigi 1869-1951). Le contraddizioni della sua natura, incline alla ribellione contro la famiglia e la morale, ma nello stesso tempo tesa alla ricerca della sincerità e del rigore, ebbero probabilmente origine nel soffocante ambiente familiare e nell'educazione puritana rigidamente protestante. Il suo contatto col mondo letterario avvenne nell'ambiente simbolista raccolto intorno a Mallarmé, ma le sue prime opere passarono inosservate. Minacciato di tubercolosi, partì nel 1893 per l'Africa settentrionale, maturando l'esperienza decisiva della sua vita: la liberazione dalle costrizioni morali conquistata attraverso la disponibilità totale dell'essere e l'adesione edonistica alla vita, contro ogni disciplina morale e sociale. Testimonianza di questa temperie spirituale furono Les nourritures terrestres (1897; I nutrimenti terrestri), ma anche le opere che seguirono ripropongono il tema della liberazione, diventando via via professione di fede umanistica pur tra ondeggiamenti e inquietudini religiose. Assunsero la forma della sottie, del romanzo, della parabola, del racconto, del dramma: Le Prométhée mal enchaîné (1899; Prometeo male incatenato), Le roi Candaule (1901; Re Candaule), L'immoraliste (L'immoralista; 1902), Saül (1903; Saul), Le retour de l'enfant prodigue (1909; Il figliuol prodigo), La porte étroite (1909; La porta stretta), Les caves du Vatican (1914; I sotterranei del Vaticano), La symphonie pastorale (1919).

Biografia: la maturità

Intorno al 1920 Gide era ancora sconosciuto al pubblico, mentre in campo letterario aveva allargato la propria influenza con la fondazione della Nouvelle Revue Française (1909) e creato una fitta rete di rapporti, testimoniati dagli epistolari con Valéry, Jammes, Rilke, Claudel, Martin du Gard. Frattanto era maturata la rottura con gli amici cattolici, Claudel, Jammes, Ghéon, scandalizzati dall'amoralismo anarcoide di Les caves du Vatican e dalla pubblicazione di Corydon (1920) e Si le grain ne meurt (1926; Se il grano non muore), dove Gide dava patenti di legittimità alla propria omosessualità. Il pubblico, essenzialmente di giovani, del primo dopoguerra gli si avvicinò, attratto dalla sua indipendenza morale ancor prima che dall'opera, che negli anni successivi arrivò a maturazione con un complesso e originale romanzo, Les Faux-Monnayeurs (1925; I Falsari), sintesi di tutti i temi della stagione precedente, con la trilogia dell'École des femmes (1929; La scuola delle mogli), Robert (1930) e Geneviève (1935), con la tragedia Oedipe (1931; Edipo). Diventato ormai patriarca delle lettere, Gide sembrò aver esaurito la vena creativa. A eccezione del racconto mitologico Thésée (1946; Teseo), l'opera successiva è tutta autobiografica o saggistica: Et nunc manet in te (1946; Et nunc manet in te. Diario intimo), crudele confessione della sua vita con la moglie Madeleine; Ainsi soit-il ou les jeux sont faits (1952; Così sia, ovvero il gioco è fatto), libera meditazione protratta fino alle soglie della morte; il Journal (Diario), iniziato nel 1889 e continuato fino alla sua morte. Lo spazio assegnato all'analisi dei propri problemi individuali non gli impedì di assumere coraggiose posizioni politiche e sociali, dapprima contro il colonialismo con Voyage au Congo (1927; Viaggio al Congo) e Retour du Tchad (1928; Ritorno dal Ciad), poi con l'adesione al comunismo, che però non resse al contatto con la realtà sovietica, come mostra in Retour de l'URSS (1936; Ritorno dall'URSS). Da allora assunse un atteggiamento di distacco dagli avvenimenti, che non abbandonò neppure durante la guerra, esclusivamente preoccupato della salvezza di un patrimonio culturale in cui aveva creduto fermamente.

La critica

Nei saggi di critica che si aggiungono a quelli già usciti (Dostoevskij, 1926; Montaigne, 1929), Interviews imaginaires (1942; Interviste immaginarie), Anthologie de la poésie française (1949; Antologia della poesia francese), Gide ribadisce la propria concezione dell'arte come libertà nel rigore della forma. Il premio Nobel per la letteratura (1947) e altri riconoscimenti coronarono definitivamente la sua fama, lasciando però alla critica il compito di discernere nella sua opera le qualità durature e quelle invece legate al personaggio. Mentre è chiara l'eredità gidiana nell'umanesimo della generazione di Sartre e di Camus, molto più difficile è la valutazione intrinseca dell'opera, che sembra restare a metà strada tra la concezione tradizionale dell'arte che si dà come compito precipuo la creazione del capolavoro e quella della letteratura come esperienza e strumento di indagine.

Bibliografia

R. Bastide, Anatomie d'André Gide, Parigi, 1972; Cl. Martin, Anatomie d'André Gide, Parigi, 1977; A. Anglès, André Gide et le premier groupe de la N.R.F., Parigi, 1978; E. Caramaschi, Gide & Compagnia, in “Micromégas”, n. 2-3, Roma, 1979; G. Buzzi, André Gide, Firenze, 1981; P. Masson, André Gide: voyage et écriture, Lione, 1983; E. Marty, L'écriture du jour. Le “Journal” d'André Gide, Parigi, 1985.

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