Menabrèa, Luigi Federico, cónte

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uomo politico, generale e scienziato italiano (Chambéry 1809-Saint-Cassin, Chambéry, 1896). Ufficiale del Genio e studioso di scienze fisiche e matematiche (approfondì vari problemi di scienza delle costruzioni, inerenti in particolare l'elasticità, ed enunciò il principio del minimo lavoro), entrò nella vita politica nel 1848 su posizioni di avanzato liberalismo per passare però presto tra le file del partito clericale avverso a Cavour. Nel 1859 partecipò alla II guerra d'indipendenza e l'anno successivo, promosso generale di divisione, diresse brillantemente gli assedi di Ancona, di Capua e di Gaeta. Nominato senatore (1860), fu ministro della Marina con Ricasoli (1861-62) e dei Lavori Pubblici con Farini e con Minghetti (1862-64). Nel 1866 firmò a Vienna il trattato di pace con l'Austria e dal 1867 al 1869 fu tre volte presidente del Consiglio. Uomo di fiducia del re e capo riconosciuto del “partito di Corte”, lasciò ampio spazio all'intervento di Vittorio Emanuele II e governò in maniera nettamente conservatrice; durante i suoi ministeri furono istituite la tassa sul macinato (maggio 1868) e la regia dei tabacchi (agosto 1868).

Teorema di Menabrea

Detto anche del minimo lavoro, esprime il lavoro di deformazione di un solido elastico, vincolato rigidamente e in modo iperstatico: in tali condizioni le tensioni interne e le reazioni di vincolo si dispongono in modo da rendere tale lavoro minimo (rispetto al valore che avrebbe se i vincoli cedessero o si spostassero, assumendo posizioni non compatibili col corpo indeformato, qualunque sia il senso degli spostamenti o dei cedimenti), compatibilmente con le forze esterne date, in quanto la derivata del lavoro di deformazione dell'intero sistema rispetto alle incognite iperstatiche è nulla.

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