Seféris, Ghiórgos

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pseudonimo del poeta greco Ghiorgos Seferiadis (Smirne 1900-Atene 1971). Figlio di un insigne giurista e letterato, studiò giurisprudenza a Parigi, dove fece le prime esperienze poetiche, avviando un paziente lavoro di ricerca. Nel 1926 iniziò la carriera diplomatica (conclusasi, come ambasciatore a Londra, nel 1962), dopo la catastrofe del 1922 e l'esodo forzato dei greci dalle sponde dell'Asia, episodi che segnarono la caduta del mito di una grande Ellade. Esordì con la raccolta di poesie, La svolta (1931) in cui non eluse le suggestioni del simbolismo, ma con una duttile inventiva linguistica e metrica impresse una “svolta” decisiva alle lettere greche, che si definì nel poemetto La cisterna (1932) e, più ancora, nelle ventiquattro poesie di Mythistorima (1935; Leggenda) e nel dittico Gimnopedia (1936). Volle ispirarsi ai classici, ma recepì anche gli influssi di poeti inglesi e francesi come P. Valery e T. S. Eliot, e volse la sua attenzione anche a contemporanei come K. Kavafis. Nella sua opera la desolazione della Grecia diventa simbolo e metafora di una desolazione più vasta che abbraccia l'intera età contemporanea, ma la disperazione è accompagnata da un fermo impegno morale. La compresenza eliotiana delle età storiche e la consapevolezza di tenaci persistenze nella lingua e nelle tradizioni greche consentono a Seféris di replicare personaggi ed espressioni di Omero e dei tragici antichi, assunti come testimonianze esemplari d'una vicenda che non è più della stirpe ma personale del poeta. In questa ellenicità demistificata e nello stesso tempo inserita in una patetica cosmologia della durata e del dolore sta il fascino di Seféris. Nel Quaderno d'esercizi 1928-1937 (1940) domina l'esperienza di paesaggi stranieri e il senso dell'esilio e del viaggio senza ritorno. Fra il 1937 e il 1939 Seféris compose il primo Giornale di bordo (1940): notevoli, sul piano contenutistico, le poesie dove la guerra è percepita con intuizione profetica. Quando gli eventi precipitarono, Seféris seguì il governo greco in esilio al Cairo: l'orrore per i massacri, il disprezzo per chi, rimasto fuori dalla mischia, specula sul sangue altrui, s'alternano, nel secondo Giornale di bordo (1944), allo stupefatto disagio di fronte a paesaggi e consuetudini straniere. Dall'esperienza della guerra con i suoi postumi dei conflitti civili muove il Tordo (1947): matrice del canto, la luce greca “angelicata e nera” assomma in sé le antinomie del reale, ma la prevalenza del secondo attributo è una necessitas che avvelena l'esperienza privata del piacere e corrode la storia con la degenerazione della violenza. Ancora la luce e il “miracolo” del mondo di Cipro permeano le poesie del terzo Giornale di bordo (1955): ma i riverberi solari non stemperano le impennate polemiche per la contingente problematica relativa all'indipendenza dell'isola. Nelle Tre poesie segrete (1966) fra i sussulti e i deliri d'un mondo che volge ostinatamente al peggio, si riafferma la fedeltà alle “visioni” poetiche. Dopo il colpo di stato del 1967 Seféris decise di non pubblicare più in patria e prese energica posizione in favore della libertà della cultura. Parallelamente all'esercizio poetico, Seféris affidò impressioni di vita vissuta e considerazioni letterarie a una serie di Diari, solo in parte editi. Cospicuo l'impegno dei Saggi (1944, 1962, 1974), che dibattono problemi di estetica generale e propongono revisioni di figure e fatti della letteratura greca e straniera. Seféris pubblicò anche traduzioni di testi biblici e di poesia straniera del Novecento. Fra le opere postume si ricorda il romanzo giovanile Sei notti sull'Acropoli. Nel 1963 ricevette il premio Nobel per la letteratura.

Bibliografia

V. Sereni, Letture preliminari, Padova, 1973; W. Rossani, in Patriarchi del Novecento, Milano, 1974; M. Vitti, Ghiórgos Seféris, Firenze, 1978.

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