Sikelianós, Ánghelos

poeta greco (Leucade 1884-Atene 1951). Dopo esordi dannunziani (Il visionario, 1908) e nietzscheani, si eresse a vate della grecità perenne in poesie e poemetti linguisticamente mirabili, talora d'ampio disegno (Prologo alla vita, 1915-18, in 5 parti; Pasqua dei Greci), ispirati a miti e figure della classicità e del cristianesimo e percorsi da un'emozione intensa, anche se dilatata da enfasi e rimbombi profetici. Incline ad atteggiamenti spettacolari e narcisistici, fra il 1920 e il 1930 si fece banditore dell'“idea delfica”, promuovendo, nel quadro di una concezione religiosa basata sul sincretismo metaconfessionale, la costituzione di un'Università delfica, cioè di un centro culturale e insieme di fraternità universale, nel nome della poesia e degli ideali ellenici, a Delfi. Ivi allestì anche, con la collaborazione, non solo economica, della ricchissima prima moglie, Eva Palmer, memorabili spettacoli eschilei (Prometeo, 1927; Supplici, 1930). Privi di validità teatrale i suoi drammi lirici in versi (L'ultimo ditirambo orfico; Sibilla, 1940; Dedalo a Creta, 1942; Cristo a Roma; Morte di Dighenìs, 1947; Asclepio). Di grande risonanza i messaggi poetici (Epinici, II), per lo più di austera densità, da lui vergati durante le tragiche vicende dell'ultimo conflitto mondiale, in cui affermò un'energica fede nella libertà dello spirito. Specie dopo la morte (1943) di Kostís Palamâs, fu riconosciuto, anche all'estero (Éluard), come l'interprete più qualificato dell'anima greca.

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