Trump, Donald

Imprenditore e uomo politico statunitense (New York 1946). Figlio di Fred Trump, magnate del settore immobiliare a New York, si è laureato nel 1968 alla Wharton School of Pennsylvania in Economia e finanza, guidando poi, dal 1971 al 2017, l'azienda familiare Trump Organization, attiva nel settore dell’edilizia di lusso. Considerato uno degli uomini più ricchi al mondo, ha sviluppato interessi economici e finanziari anche nei casinò e nella televisione; dal 2004 al 2015 è stato conduttore e produttore del programma televisivo The Apprentice.
I suoi esordi in politica risalgono alla fine degli anni Novanta nel Reform Party che ha in seguito abbandonato per passare nelle file del Partito repubblicano. Nel 2015 è stato il candidato di questo schieramento alle elezioni presidenziali, che ha vinto nel 2016 sconfiggendo la democratica Hillary Clinton e subentrando ufficialmente a Barak Obama il 20 gennaio 2017. Come quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti ha messo in atto i principi del motto America first! utilizzato in campagna elettorale: una politica interna protezionista, che sul fronte commerciale prevede l’uso aggressivo dei dazi, soprattutto nei confronti dell’Europa e della Cina, e di chiusura verso l’immigrazione, con i lavori per la costruzione di una barriera al confine con il Messico. Sul fronte energetico, reputando poco attendibili gli allarmi sul riscaldamento globale (che hanno indotto Trump a ritirarsi dagli accordi sul clima di Parigi per la riduzione dell’emissione di gas serra) ha incentivato l’incremento di fonti energetiche fossili. In politica estera ha continuato il disimpegno dal Medio Oriente avviato dal suo predecessore, iniziato una fase di disgelo con la Corea del Sud e manifestato il suo incondizionato appoggio a Israele, trasferendo l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Nel febbraio 2020 il Senato ha assolto Trump dagli articoli di impeachment per abuso di potere e ostruzione al Congresso di cui era stato accusato nel 2019 in merito a presunte pressioni sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky per agevolare un’inchiesta che coinvolgeva il figlio di Joe Biden. Quest'ultimo, avversario democratico di Trump alle elezioni presidenziali del novembre 2020, prevale nella sfida elettorale diventando il 46esimo presidente degli Stati Uniti. Per quanto l’ufficio elettorale abbia affermato che le elezioni siano state le "più sicure" nella storia degli Stati Uniti, Trump si è rifiutato di ammettere la sconfitta dando mandato al suo avvocato Rudolph Giuliani di intentare cause contro gli Stati in cui il voto postale è risultato determinante. Tutti i tentativi sono però stati respinti dalle Corti Statali e dalla Corte Suprema e il 14 dicembre 2020 il Collegio elettorale ha formalizzato l’elezione di Joe Biden. Trump ha continuato a invitare giudici, governatori e politici repubblicani a fare il possibile per capovolgere il risultato in suo favore giungendo a ordinare al Segretario di Stato della Georgia, il repubblicano Brad Raffensperger, di trovare i voti necessari per vincere lo Stato. Mentre i membri del Congresso erano riuniti per certificare l’elezione di Biden, il 6 gennaio 2021 rump ha tenuto un comizio nei pressi della Casa Bianca, in cui ha nuovamente rivendicato la vittoria delle elezioni e attaccato i politici repubblicani che si erano rifiutati di fare altrettanto, invitando i suoi sostenitori a marciare verso il Campidoglio. L’assalto all’edificio è costato la vita a 4 manifestanti e 1 poliziotto ed è stato duramente criticato da tutti gli schieramenti politici; ciononostante Trump non ha preso le distanze dai fatti, definendo i facinorosi “molto speciali” e “veri patrioti”. In seguito a queste e altre dichiarazioni controverse numerosi social network hanno bannato i profili di Trump. L’11 gennaio è stata presentata alla Camera una seconda procedura per impeachment da cui l’ex presidente è stato assolto il 13 febbraio 2021.

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