Definizione

Sf. [sec. XVIII; da epigrafe]. Ramo dell'archeologia che studia le epigrafi antiche. Per estensione, l'arte di comporre epigrafi. Anche l'insieme delle epigrafi in una data lingua.

Cenni storici: generalità

Sorta come specializzazione dell'archeologia, quando questa era pura ricerca antiquaria e artistica, l'epigrafia aveva in origine lo scopo di raccogliere, trascrivere, tradurre, i testi incisi su pietra o metallo. Si è successivamente sentito il bisogno di distinguere l'epigrafia greca dalla latina, poi si è parlato di epigrafia cristiana, medievale, semitica, ittita, egiziana, iranica, mesopotamica, ecc. In realtà ogni lingua e ogni civiltà hanno documenti diversi dai testi scritti su papiro, carta pergamena e quindi tali da poter esser a buon diritto definiti epigrafi; tuttavia se si prendono in esame scopi, indirizzi, metodi, si troveranno notevoli differenze tra le epigrafie delle varie civiltà e si noterà che in pratica solo l'epigrafia greca e quella romana, anche per l'importanza e la massa del materiale, sono divenute discipline autonome, con scopi scientifici specializzati. Negli altri settori, si va dalla pura raccolta e catalogazione dei testi delle lapidi alla completa identificazione di chi studia le epigrafi con chi studia in generale una civiltà di cui esse sono l'unica fonte di testi: in alcuni casi l'assenza totale di scritti su papiro o pergamena rende inutile una specializzazione che divida i compiti tra epigrafista e filologo.

Cenni storici: epigrafia classica

La quantità e l'importanza dei testi epigrafici del mondo greco e latino in nostro possesso, come anche il largo uso fattone dagli antichi stessi, sono tali che un grande epigrafista francese, L. Robert, poté definire la civiltà greco-romana “civiltà delle iscrizioni”. Nella sua impostazione iniziale, si può dire che l'epigrafia greca abbia cominciato a esistere già nel mondo antico, sia perché gli storici dei sec. V e IV a. C. citano talvolta vecchie iscrizioni, sia perché dall'età ellenistica ci furono scrittori che composero raccolte di iscrizioni, come Filocoro di Atene (morto intorno al 260 a. C.), Cratero (forse figlio dell'omonimo generale di Alessandro Magno e comunque vissuto fra il sec. IV e il III a. C.), che avrebbe pubblicato nove libri di decreti, e Polemone di Ilio (sec. II a. C.), detto “il divoratore di stele”. Mostrarono interesse per le iscrizioni anche i periegeti di età greco-romana, i Bizantini e infine gli umanisti. Ciriaco d'Ancona, definito il padre della nuova epigrafia greca per l'enorme quantità di iscrizioni raccolte, era però ancora un antiquario e un collezionista, né molto lontano era lo scopo dei primi corpora epigrafici dello Smetius (Leida, 1588) e del Gruterus (Heidelberg, 1603). Dopo i progetti non realizzati di Francesco Scipione Maffei, cui si deve la fondazione del primo museo epigrafico e nella cui Ars critica lapidaria sono i primi germi della nuova impostazione scientifica, fondamentali furono nell'Ottocento l'opera di A. Boeckh e la pubblicazione del Corpus Inscriptionum Graecarum. Ora, fra le discipline che studiano il mondo greco, l'epigrafia ha una sua completa autonomia, con propri metodi di indagine e di ricerca, propri mezzi di studio e specialisti. Il suo campo è amplissimo, anche perché enorme è il numero dei documenti che i Greci affidavano al marmo o alla pietra; naturalmente lo storico chiede una serie di notizie e di dati anche di carattere economico, sociale, demografico e non solo la lettura corretta delle grandi stele ufficiali. L'epigrafia estende quindi il suo dominio a tutti gli scritti su vasi, statuette, lucerne, pesi, tegole, ecc. e tiene ben presenti i risultati delle discipline parallele, con le quali spesso la sua attività si intreccia: la numismatica e la papirologia. Tutto questo materiale può essere variamente classificato: nella grande raccolta delle Inscriptiones Graecae, che ha ormai sostituito il Corpus Inscriptionum Graecarum, il criterio seguito in primo luogo è quello topografico. Nell'ambito, poi, di ogni località, si elencano prima le iscrizioni pubbliche e sacre, poi quelle private. Vi sono anche raccolte specializzate, relative a un certo periodo oppure con epigrafi scelte per argomento (giuridiche, storiche, religiose, agonistiche, metriche, ecc.) o secondo le caratteristiche linguistiche. Anche l'epigrafia latina trova la sua origine in antiche raccolte postclassiche, medievali e umanistiche, la più antica delle quali è per noi il codice di Einsiedeln (sec. VIII-IX), che erano originariamente complemento di descrizioni della città e dei monumenti di Roma. Anche per l'epigrafia latina fu importantissima l'opera di Ciriaco di Ancona, che ebbe moltissimi imitatori. Tra i collezionisti di iscrizioni del Cinquecento un posto particolare va a Pirro Ligorio, che unì al notevole numero di epigrafi trascritte moltissimi falsi. Le due raccolte sopra citate, dello Smetius e del Gruterus, contenevano anche (e soprattutto) iscrizioni latine e anche l'origine del Corpus Inscriptionum Latinarum e del Corpus Inscriptionum Graecarum è comune e risale a un progetto del Niebuhr (1815). Lo studio delle epigrafi latine acquistò carattere scientifico già con l'opera di Bartolomeo Borghesi, prima ancora della pubblicazione del Corpus. Quest'ultimo, poi, che cominciò a uscire poco meno di quarant'anni dopo il primo volume di quello greco, servì da modello alla nuova serie delle Inscriptiones Graecae, destinata a superare il Corpus del Boeckh. Nel Corpus Inscriptionum Latinarum il criterio di classificazione adottato principale è quello topografico, che nella maggior parte dei volumi prevale su quelli cronologico e di argomento (iscrizioni sacre, pubbliche, private, ecc.). Alla classificazione e alla pubblicazione, comunque, l'epigrafista giunge dopo un complesso lavoro mirante prima di tutto a leggere nel modo più completo ed esatto possibile il testo o ciò che resta di esso. Spesso infatti la superficie su cui si trova l'iscrizione è stata danneggiata o consumata dal tempo e da molteplici fattori: in questo caso la lettura può esser resa possibile mediante l'impiego di luci radenti o l'uso del carbon dolce sfregato sulla pietra bagnata o di un tampone di grafite passato su una carta velina. Quest'ultimo è il sistema per ricavare una prima specie di calco: se ne ottiene uno vero e proprio (utilissimo ai fini della lettura) con gesso o con carta da filtro bagnata o, infine, con una gomma speciale. Dopo il riconoscimento di ciò che è materialmente rimasto, è necessario procedere al completamento delle lettere e delle parole rovinate solo in parte, con tanto maggiore possibilità di successo quanto maggiore è la conoscenza della lingua, della scrittura, delle formule e degli schemi usati in quel tipo di epigrafe. Successivamente sarà possibile tentare di integrare le eventuali lacune, calcolando il numero delle lettere e delle righe mancanti e procedendo per analogia con iscrizioni dello stesso tipo e della stessa epoca. Infine il testo va emendato, segnando con gli opportuni segni diacritici gli eventuali errori del lapicida. È ancora compito dell'epigrafista la datazione, alla quale si potrà arrivare usando con grande prudenza tutti gli elementi disponibili. La conoscenza approfondita dell'epigrafia porta lo specialista a studi e conclusioni di valore generale: per la storia dell'alfabeto greco sono fondamentali gli studi di un epigrafista come Kirchhoff e la sua classificazione degli alfabeti arcaici; l'organizzazione amministrativa dell'Impero romano non ci è completamente ignota grazie agli studi sostanzialmente epigrafici, soprattutto dell'Hirschfeld, e non si potrebbe parlare dell'inquadramento dell'esercito romano senza l'esame di un vastissimo materiale epigrafico compiuto da Domaszewski.

Cenni storici: epigrafia egiziana

Dell'epigrafia egiziana non si parla tanto spesso quanto di quelle classiche perché essa non è divenuta una disciplina altrettanto autonoma e indipendente; non certo però per mancanza di testi incisi e cioè epigrafici in senso stretto. Anzi la scrittura geroglifica si può dire fosse usata prevalentemente in epigrafi incise su pietra o legno. Il fatto fondamentale è che per il mondo egizio le notizie storiche riguardanti certi periodi ci vengono esclusivamente da tali testi (stele funerarie, iscrizioni biografiche tombali, narrazioni ufficiali scolpite su templi), sicché egittologo ed epigrafista necessariamente restano tutt'uno: l'egittologo usa tecniche e metodi strettamente epigrafici. Lo stile dei geroglifici infatti è mutato nel corso del tempo ed è possibile in base a esso giungere a datazioni precise per monumenti che non hanno altri riferimenti cronologici. È quindi molto sensibile la lacuna causata dalla mancanza di manuali specifici di epigrafia e di un repertorio epigrafico generale e sistematico. § Per tutti i popoli che usarono la scrittura cuneiforme è ancor maggiore che per l'Egitto l'impossibilità di distinguere e di isolare una disciplina epigrafica: i testi non incisi sui monumenti e conservati negli archivi sono le ben note tavolette di argilla, analogamente incise con la stessa grafia.

Cenni storici: epigrafia fenicia, punica, ebraica

La storia dell'epigrafia fenicia antica è la storia dello sviluppo della scrittura alfabetica. Il più antico e importante esempio di alfabeto lineare fenicio può esser considerata l'iscrizione del sarcofago di Aḥīrām di Biblo, datata ora comunemente all'inizio del sec. X a. C., in cui era usato un alfabeto di 22 lettere. Della stessa epoca o di poco posteriori sono altre iscrizioni trovate a Biblo. Notevoli anche le iscrizioni fenicie rinvenute a Cipro e datate alla seconda metà del sec. VIII, come molto importanti, anche per l'ampiezza del testo, sono le iscrizioni di Karatepe (bilingui: fenicio e ittita geroglifico), pure del sec. VIII a. C. La più antica trovata a Cartagine sembra essere un pendente d'oro dedicato ad Astarte, del 600 a. C. ca., mentre la maggior parte delle puniche appartiene al sec. III e consta soprattutto di iscrizioni votive. Un caso da segnalare a parte è quello delle lamine d'oro trovate nel 1964 a Pirgi, sulla costa laziale, con una dedica in etrusco e in fenicio. Strettamente legata a quella fenicia è l'epigrafia ebraica antica, di cui restano però pochi documenti. Tra essi è notevole il calendario agricolo di Gezer, del sec. IX a. C.

Cenni storici: epigrafia nabatea, arabica, iranica, cinese

Per i periodi più antichi ci sono note solo attraverso iscrizioni le lingue di numerose popolazioni; si può parlare, pur in senso alquanto improprio, non essendovi una vera specializzazione, di epigrafia anche per le iscrizioni nabatee, dai cui caratteri derivò l'arabo, per le palmirene (aramaiche o bilingui greco-aramaiche), per le arabiche, per le etiopiche, ecc. Lo stesso discorso può valere per l'epigrafia iranica, che dipende direttamente da quella babilonese, poiché in tutte le iscrizioni del periodo achemenide viene usata, anche per il persiano, una scrittura cuneiforme derivata da quella babilonese. Particolarmente importante la grande iscrizione rupestre di Bisutun (Behistūn), incisa a glorificare le imprese di Dario I. Per l'epigrafia cinese, la situazione è invece diversa: fin da epoche corrispondenti al nostro Medioevo abbiamo notizie di epigrafisti cinesi e di raccolte, anche stampate, di iscrizioni più antiche: una di queste raccolte, in 40 libri, risale al sec. XII.

Cenni storici: epigrafia medievale, bizantina, moderna

Si potrebbe parlare infine di epigrafia per le età più recenti, fino ai nostri giorni, perché in ogni epoca e in ogni paese si incisero e si incidono lapidi celebrative, funerarie, commemorative. Tali epigrafi, tuttavia, raramente vengono raccolte, catalogate e utilizzate a fini storici, poiché in genere per tali epoche si possiedono numerosi altri documenti.

L. H. Jeffery, The Local Scripts of Archaic Greece, Oxford, 1961; M. Guarducci, Epigrafia greca, I-IV, Roma, 1967-78; I. Calabi Limentani, Epigrafia latina, Milano, 1968; A. Morandi, Epigrafia italica, Roma, 1982; G. Susini, Epigrafia romana, Roma, 1982; I. Di Stefano Manzella, Mestiere di epigrafista. Guida alla schedatura del materiale epigrafico lapideo, Roma, 1987; M. Guarducci, L'epigrafia greca dalle origini al tardo impero, Roma, 1987; L. Braccesi, Letture e riletture epigrafiche, Napoli, 1988.

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