glicogenòsi

sf. [da glicogeno+-osi]. Gruppo di malattie metaboliche ereditarie caratterizzate da deficit di enzimi che intervengono nel catabolismo del glicogeno. Se ne conoscono una decina di varianti a seconda dell'enzima carente, la maggior parte trasmesse come carattere autosomico recessivo. La sindrome da deficienza di fosforilasi epatica, detta anche malattia di von Gierk, per esempio, è trasmessa mediante il cromosoma X. L'accumulo di glicogeno può essere più o meno diffuso a seconda della forma di glicogenosi. Le forme 0, I, V e VI sono caratterizzate da accumulo di glicogeno in pochi tessuti, le forme II, III e IV da accumulo diffuso. Gli organi più frequentemente interessati sono il fegato, il rene e la milza. Nella forma II è colpito il miocardio e nelle forme V e VII il muscolo scheletrico. I quadri clinici sono diversi a seconda del deficit enzimatico. Le forme più gravi sono la forma II (di Pompe) a esordio giovanile, da deficit di glicosilasi, e la forma IV, da deficit di enzima ramificante. Nelle glicogenosi si possono avere epatomegalia, splenomegalia, ritardo di crescita, ipoglicemia e tendenza alla chetosi, debolezza muscolare, coinvolgimento neurologico. La diagnosi si effettua mediante dimostrazione dell'assenza dell'enzima specifico in un campione bioptico del tessuto affetto. Il glicogeno appare sotto forma di vacuoli chiari intracitoplasmatici. La terapia delle glicogenosi prevede diverse strategie a seconda del tipo di malattia. La terapia delle forme che coinvolgono il fegato prevede la prevenzione dell'ipoglicemia e dell'acidosi lattica mediante l'ingestione di pasti piccoli e frequenti. Per ottenere il mantenimento di una glicemia normale viene utilizzata anche la farina di mais cruda. In alcuni casi, per garantire l'apporto di glucosio, è necessaria la nutrizione continua notturna mediante sondino nasogastrico, o la nutrizione parenterale totale. Nelle forme più gravi la terapia è indirizzata ad attenuare i sintomi più invalidanti come l'insufficienza respiratoria, la disfunzione cardiaca e muscolare. Per prevenire il declino della massa muscolare si è dimostrata utile una dieta ricca di proteine, e aminoacidi ramificati. Nelle forme che coinvolgono soprattutto il muscolo è inoltre opportuno limitare l'esercizio fisico anaerobico. È in via di sperimentazione la supplementazione enzimatica nei pazienti affetti da glicogenosi tipo II, che sembra funzionare. La glicogenosi tipo IV, per la progressione del danno epatico, viene trattata con il trapianto di fegato. Nel 2000 l'equipe della Clinica Universitaria di Padova ha sperimentato per la prima volta il trapianto di cellule epatiche in una donna di 47 anni affetta da glicogenosi di tipo IA. Con l'inoculazione di epatociti di un donatore, messi precedentemente in coltura, le cellule epatiche, ripopolando il fegato, si sono sostituite a quelle inibite dalla glicogenosi e hanno riattivato l'enzima regolatore degli zuccheri.

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