Definizione

sm. [da gnostico]. Corrente religiosa emersa in età ellenistico-romana (sec. II e III d. C.), e risalente al dualismo iranico (mazdeismo) nonché a presupposti giudaici e greci (misticismo, dualismo platonico, ecc.), per una concezione pessimistica della realtà mondana, attribuita a un principio del male in lotta contro un principio del bene.

Filosofia

Lo gnosticismo fu conosciuto per lungo tempo soltanto attraverso autori cristiani che ne confutavano le manifestazioni come dottrine eretiche, e in pochi testi d'epoca tarda (sec. V); ma nel 1945 sono stati scoperti in Egitto (a Nag Hammadi) una cinquantina di trattati di gnosi in lingua copta che traducono testi greci del sec. II. Elemento fondamentale della soteriologia gnostica è la conoscenza; essa, e non la fede o le opere, è l'unico mezzo di salvezza. A questa immagine di una “conoscenza” salvifica in senso religioso si giunse per diverse vie che vanno dalla tradizione filosofica greca (per esempio, perfino Socrate affermava che chi “conosce”, per ciò stesso non può “peccare”) alle “rivelazioni” che si facevano agli iniziati ai culti misterici (non si dimentichi che la Rivelazione è una componente fondamentale dello stesso cristianesimo). L'oggetto di questa conoscenza salvifica è la negatività della realtà mondana, espressa non tanto mediante giudizi d'ordine etico-filosofico, quanto mediante miti, tutte variazioni di un tema fondamentale: il mondo è stato creato da un essere malvagio in opposizione a Dio e alla realtà spirituale; l'uomo è una parte di realtà spirituale imprigionata nel mondo materiale; per liberarlo, Dio manda un essere celeste a rivelare questa situazione cosmo-antropologica; acquistata la conoscenza, ossia la gnosi, l'uomo può comportarsi adeguatamente e, nel rifiuto del mondo, risollevarsi alla condizione divina. L'ideologia gnostica tiene soprattutto a separare rigorosamente la “gnosi” che è l'unica presenza della spiritualità in questo mondo materiale, da ogni possibile concezione etico-religiosa, per elevata che sia, destinata a sorreggere la società umana; tale società, infatti, va distrutta e non sorretta. Persino l'idea di Dio è rifiutata: il vero Dio è invisibile, perfetto, incomprensibile e innominabile; non si può averne l'idea; quella che abbiamo è l'idea del Demiurgo, del Creatore (spesso identificato col Dio biblico), ossia di quell'essere malvagio che vorrebbe imporre il proprio dominio sull'uomo: è un essere “materiale” come il mondo da lui creato, è “ignorante” (non ha neppure la “conoscenza” della realtà divina, alla quale si oppone quasi istintivamente), ed è “blasfemo”, in quanto si è proclamato Dio unico. Questo sovvertimento dei valori tradizionali comportava in genere, come in ogni atteggiamento mistico, la rinuncia alla vita di relazione, l'ascesi, la meditazione, ecc.; ma poté comportare anche la consapevole e programmatica infrazione di ogni legge morale vigente, donde l'accusa di libertinaggio che gli gnostici si ebbero dagli scrittori di parte cristiana.

Maestri di gnosi e sette gnostiche

Maestri di gnosi più o meno leggendari furono Simon Mago, Menandro suo discepolo (entrambi samaritani) e Saturnino (antiocheno). Di maggiore livello, sia per la dottrina sia per i suoi effetti, sono: Basilide, Carpocrate, Valentino e Marcione. D'importanza particolare sono le sette derivate dalla predicazione di questi ultimi due: i valentiniani e i marcioniani. Delle numerose sette gnostiche, un gruppo viene solitamente distinto col nome di “ofitico” (dal greco óphis, serpente) per il posto che vi occupa il serpente in sede sia teorica sia cultuale. Degli “ofiti” si ricordano: i naasseni (dall'ebraico nāḥāš, serpente), i perati, i sethiani. Parecchie sette inseriscono nella teoria e nella pratica cultuale l'idea di un essere femminile (spesso una Madre divina); dal nome di quest'essere, Barbelo o Barbero, esse sono di solito definite con la denominazione unica di barbelognostici.

Bibliografia

Autori Vari, Le origini dello gnosticismo, Leida, 1967; T. Abdul Hadi, Écrits pour la Gnose, Milano, 1988.

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