Descrizione generale

sm. [sec. XIX; dal francese grès, di origine germanica]. Prodotto ceramico, a pasta dura non porosa e non trasparente, ottenuto per cottura a 1200-1300 ºC, fino a incipiente vetrificazione, di argilla magra poco refrattaria. Secondo l'uso cui il gres è destinato, l'impasto viene variato con l'aggiunta di opportuni fondenti (calcari, feldspati). Poiché la resistenza meccanica del gres è decisamente inferiore a quella delle porcellane, i manufatti, spesso realizzati per trafilatura e tornitura, hanno spessore maggiorato. I gres hanno in genere scarsa capacità di resistere agli sbalzi termici, ma posseggono elevata resistenza agli agenti chimici soprattutto se, durante la cottura, si è effettuata la “salatura” immettendo nel forno cloruro sodico che, depositandosi sulla superficie del pezzo, lo riveste con uno strato vetroso. Molto usati in edilizia per pavimentazioni, rivestimenti murali, tubazioni, fognature, apparecchi sanitari, ecc., i gres trovano impiego in campo industriale per la costruzione di recipienti, tubi, ecc. che necessitino di un'elevata passività agli agenti chimici.

Arte

Largamente impiegato per manufatti artistici, il gres comparve fin da tempi antichissimi in numerose varietà. In Cina furono famose quella a smalto scurissimo chiazzato di grigio del periodo T'ang e quella rosso-bruna del periodo Ming, molto imitata in Olanda (a Delft), in Inghilterra e in Germania (da J. F. Böttger). Nel sec. XV furono famosi i gres grigi macchiati di porpora e blu prodotti a Colonia, a Grenzau e in Sassonia. In Inghilterra si produssero varietà bianche e sottovarietà a smalti blu (Staffordshire); celebri i gres policromi (medaglioni, vasi, busti, ecc.) di J. Wedgwood.

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