idèa (filosofia)

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evidenza originaria che permette di cogliere le cose nella loro verità. Secondo Platone, accanto alla percezione sensoriale che ci dà le cose sensibili soggette a mutamento, c'è una seconda vista che ci permette di cogliere le idee come forme esemplari o modelli perfetti e immutabili, a cui le cose sensibili partecipano costituendosi come copie più o meno adeguate di esse. Le idee stanno così a indicare per Platone l'unità di fronte alla molteplicità, l'essere di fronte al divenire, la perfezione e la realtà vera di fronte a ciò che di questa perfezione più o meno partecipa e ha una realtà derivata: la conoscenza delle idee è conoscenza delle cose nella loro verità. Le idee hanno cioè per Platone un significato ontologico e logico insieme, sono principi di realtà e d'intelligibilità delle cose. Tale doppio significato è conservato da Aristotele, il quale concepisce le idee come forme immanenti alla sostanzialità individuale delle cose stesse, capaci di attuare la potenzialità intrinseca alla materia che le individua. La conoscenza vera per Aristotele¨ quella capace di cogliere la forma nella materia mediante il procedimento dell'astrazione che si radica nell'intelletto agente. Accanto agli esseri composti di materia e forma, potenza e atto, Aristotele ammette infine Dio come forma scevra di materia, o atto puro, in questo punto mantenendo l'elemento platonico della trascendenza. Plotino e i suoi seguaci ritornano alla concezione platonica originaria, insistendo sul carattere di perfezione esemplare delle idee: essi concepiscono il mondo delle idee o “mondo intelligibile” come oggetto interno del pensiero divino. Questa concezione fu ripresa da Sant'Agostino nella prospettiva creazionistica cristiana: le idee, oggetto dell'intelligenza divina, sono le forme o ragioni esemplari in base a cui sono formate tutte le cose che nascono e muoiono. Essa ebbe larga diffusione nel periodo della Patristica e della Scolastica. San Tommaso affrontò il problema cruciale per la speculazione cristiana del rapporto fra la molteplicità delle idee e l'unità dell'essenza divina e lo risolse affermando che le idee sono molteplici solo per le creature, mentre in Dio conservano la propria unità. In tal modo l'esemplarismo platonico non urtava con l'esigenza aristotelica di riconoscere piena realtà alle sostanze individuali. Nella filosofia greca e cristiana le idee hanno innanzitutto un significato ontologico (e solo subordinatamente logico o gnoseologico); nella filosofia moderna (salvo poche eccezioni) prevale invece il significato esclusivamente logico o gnoseologico. Lo si constata tanto nel razionalismo quanto nell'empirismo, le due correnti principali della filosofia moderna. Per Cartesio (rappresentante del razionalismo), le idee si risolvono in atti della mente umana capaci di rappresentare le cose; per Locke (rappresentante dell'empirismo) le idee, “oggetti immediati dello spirito”, sono immagini delle cose. In questo orizzonte gnoseologistico si discute nel Seicento e nel Settecento la celebre questione dell'origine e del valore delle idee: i razionalisti propendono per l'innatismo e il dogmatismo (le idee sono “innate” alla mente umana e la loro conoscenza è al tempo stesso conoscenza del reale in virtù di un accordo presupposto fra idea e realtà); gli empiristi sostengono invece la derivazione delle idee dall'esperienza sensoriale, con esiti scettici: per esempio Hume afferma che le idee derivate dalle impressioni sensoriali non trascendono la soggettività di queste ultime. Kant distingue le idee dai concetti dell'intelletto e dalle forme dell'intuizione: mentre concetti e forme intuitive entrano a costituire l'oggetto della conoscenza, le idee sono semplicemente ideali regolativi capaci di assicurare unità ed estensione alla ricerca. Il significato ontologico delle idee ritorna con Hegel, ma l'ontologia hegeliana si distingue da quella platonica per il suo carattere dinamico e per l'immanenza dell'idea alla realtà (“ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale”) e da quella cristiana per il rifiuto del creazionismo e della realtà del finito. In un certo senso in Hegel il momento logico dell'idea si espande e assorbe in sé quello ontologico: l'idea è infatti il logos, la ragione stessa nel suo dispiegarsi dialettico di tesi, antitesi e sintesi, che è la sostanza di ogni realtà; il sistema filosofico comprende perciò lo studio dell'idea in sé o Logica (dell'ossatura logica del reale), lo studio dell'idea fuor di sé o Filosofia della natura, lo studio dell'idea in sé e per sé o Filosofia dello spirito (che comprende il mondo della storia e la sua apoteosi nell'eterno). Nella filosofia contemporanea, in cui si consuma la crisi dell'hegelismo, prevale il significato logico o gnoseologico del termine, specialmente nel pragmatismo filosofico e in certa filosofia analitica.

Bibliografia

D. Ross, Plato's Theory of Ideas, Oxford, 1951; G. Bontadini, Indagini sul gnoseologismo moderno, Brescia, 1952; Z. Leaf, Ideas, Garden City, 1982.

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