magnetofluidodinàmica

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Descrizione

sf. [magneto-+fluidodinamica]. Parte della fisica che studia il movimento di fluidi conduttori dell'elettricità in campi magnetici esterni o indotti dal movimento dei portatori di carica elettrica all'interno del fluido stesso. Per definire questo campo di applicazione sono anche usati come sinonimi i termini magnetoidrodinamica, magnetogasdinamica, magnetoaerodinamica, magnetoplasmadinamica. Gli studi di magnetofluidodinamica, iniziati da astrofisici (G. E. Hale, 1908, T. G. Cowling, 1934), hanno subito un incremento e un approfondimento notevolissimi per l'estendersi dei campi di applicazione, dalla propulsione dei veicoli spaziali, ai fenomeni cosmici nell'alta atmosfera; dalla regolazione dei reattori nucleari, agli studi sulla fusione nucleare. In seno al fluido conduttore l'interazione tra il fluido stesso e i campi elettrici e magnetici in cui è immerso genera forze utilizzabili in svariati modi, per esempio per la compressione rapida di gas, come l'idrogeno, al fine di raggiungere quelle elevate temperature che consentono l'innesco di reazioni nucleari, oppure per l'accelerazione di propellenti, in certi tipi di propulsori, o anche per il pompaggio di liquidi nelle applicazioni nucleari e, infine, per realizzare contenitori non materiali di fluidi onde ridurre la trasmissione di calore verso l'esterno. Il fluido conduttore tipico in queste applicazioni è un plasma, cioè un gas di ioni che si muovono individualmente e collidono fra loro.

Gli studi

Seguono principalmente due indirizzi: nel primo indirizzo (detto macroscopico) il fluido è considerato un continuo e vengono affrontati i problemi del moto globale delle particelle costituenti, secondo gli schemi della dinamica dei fluidi; nel secondo indirizzo (detto microscopico) i problemi sono impostati secondo i metodi statistici della teoria cinetica dei gas. Tale indirizzo presenta però difficoltà notevoli dal punto di vista matematico. Seguendo l'approccio macroscopico, consentito quando il libero cammino medio degli ioni è molto minore di una dimensione caratteristica del sistema in studio, i fenomeni della magnetofluidodinamica sono interpretati secondo le leggi dell'elettrodinamica classica e della fluidodinamica. Dalle equazioni di Maxwell e dalla legge di Ohm, opportunamente modificate per tener conto del campo elettrico indotto dagli ioni in moto con velocità V nel fluido che attraversa un campo magnetico, ed eventualmente dell'inerzia degli elettroni stessi, si giunge a un'equazione che descrive cinematicamente il modo in cui si spostano le linee di forza del campo magnetico B. Tale equazione contiene due termini: uno descrive il moto delle linee di forza dovuto al moto del fluido, l'altro descrive il moto delle linee di forza rispetto alla configurazione del fluido, in un dato istante. La prevalenza di un termine sull'altro è legata alla conducibilità del fluido e, precisamente, quando è alta la conducibilità prevale il termine che tende a muovere il fluido e le linee di forza del campo magnetico in modo solidale. Dal punto di vista fluidodinamico il fluido soddisfa le leggi di conservazione della massa, della quantità di moto e dell'energia. La coesistenza di fenomeni elettromagnetici e fluidodinamici dà origine a una grande varietà di configurazioni, catalogabili in base a valori di parametri caratteristici di un dato stato come rapporto fra energia magnetica ed energia cinetica. L'equilibrio di un plasma in quiete dipende dalla geometria del campo magnetico applicato; nel caso in cui le linee di forza del campo magnetico siano rette parallele fra loro si ottiene l'equilibrio. La stabilità di una configurazione di equilibrio è valutabile secondo vari criteri: secondo il più usuale di questi (criterio energetico), considerata l'energia potenziale del fluido (somma dell'energia interna, di quella magnetica e di quella gravitazionale), l'equilibrio è stabile se una deformazione arbitraria del plasma porta a un aumento di energia potenziale. Il plasma contenuto nella parte concava delle linee curve di un campo magnetico è, in generale, instabile e tra i tipi più importanti di instabilità sono le formazioni di piegature e corrugamenti. Le prime sono collegate a scariche elettriche in presenza di effetto di strizione, o effetto pinch, quando su un cilindro di plasma una piccola piegatura cresce fino a interrompere la scarica. Quando appaiono ondulazioni lungo la superficie di un plasma racchiuso in un tubo di flusso, queste possono essere considerate l'effetto di un'interazione fra il campo magnetico, B, e il plasma contenuto fra cresta e cavità dell'ondulazione stessa. La stabilità di una configurazione può essere valutata anche seguendo un metodo perturbativo consistente nel considerare piccoli disturbi del plasma e nell'analizzare i modi normali di oscillazione (analisi di Fourier): l'equilibrio è instabile se uno qualunque di tali modi è instabile. Tale analisi dà il mezzo per valutare la velocità con cui si sviluppano le instabilità. Infine, quando il fluido non può più essere considerato un continuo, si deve rinunciare all'approccio macroscopico e descrivere il fluido tramite le funzioni di distribuzione f(P, v, t) che danno il numero di particelle di specie m, con velocità comprese fra v e v+dv in un intorno del punto P, all'istante t. Se consideriamo il libero cammino medio effettivo come il percorso effettuato da una particella senza subire variazioni apprezzabili della sua energia e quantità di moto, piuttosto che la distanza fra due collisioni successive, tale libero cammino aumenta con il quadrato della temperatura così che nei plasmi molto caldi si può porre .

La teoria di H. Alfvén

Nello studio della natura delle macchie solari, il premio Nobel per la fisica 1970, H. Alfvén, definì un nuovo tipo di moto ondulatorio, quello di un mezzo conduttore (un plasma) che si muove trasversalmente a un campo magnetico. Il conduttore in moto è assimilabile a una corrente elettrica e pertanto è soggetto a una forza perpendicolare sia al campo magnetico, sia alla direzione del moto (forza di Lorentz); essa è tale da ritardare il plasma in moto e da accelerare il materiale circostante, anch'esso conduttore. In questo modo si ha una propagazione per onde del moto da una zona a quelle via via sempre più lontane (onde magnetofluidodinamiche, od onde di Alfvén). Un teorema di Alfvén (1942), detto del congelamento delle linee di forza, afferma che, se due elementi del plasma appartengono in uno stesso istante a una stessa linea di forza, vi apparterranno anche in qualsiasi altro istante successivo. Per questo teorema, la descrizione delle onde di Alfvén viene ricondotta a quella delle onde che si propagano in una corda, per cui, in un mezzo conduttore, una deformazione prodottasi in un punto si propaga lungo le linee di forza del campo magnetico. La velocità di fase, deducibile tramite tale analogia, è detta velocità di Alfvén.

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