Descrizione generale

I dispositivi e i supporti di immagazzinamento dell'informazione sono elementi essenziali dell'elaboratore digitale. Nell'elaborazione analogica la memorizzazione ha invece importanza secondaria. Nel settore digitale due sono le grandi categorie di memoria: le memorie principali e quelle ausiliarie. I dispositivi di memoria principale (o interna, o centrale), rivestono tale importanza da concorrere a determinare l'architettura stessa dell'elaboratore, assieme con gli altri parametri strutturali della macchina (il numero di bit elaborati in parallelo, l'insieme più o meno ampio di istruzioni, le modalità di esecuzione dell'elaborazione, sequenziale, su gruppi di dati, con sovrapposizione parziale delle istruzioni). La memoria principale è interconnessa con l'unità centrale di processo (CPU) e scambia con quest'ultima flussi informativi (istruzioni, numeri, lettere, immagini, ecc.) pressoché continui ai ritmi di macchina (dell'ordine di GHz, ossia di miliardi di cicli al secondo). Le sue prestazioni – capacità di accumulo (in bit o in byte), velocità di trasferimento (in bit/s) con i registri della CPU e tempo di accesso per le operazioni di scrittura/lettura – condizionano la potenzialità dell'elaboratore. Ciò ha portato nel tempo all'integrazione di alcune funzioni di memoria nell'unità centrale (memoria cache – nascosta – a ridosso dei registri e con tempo di accesso dell'ordine di miliardesimi di secondo). Fatte salve questa e altre esigenze speciali, la memoria principale è oggi realizzata su chip dedicati, con circuiti integrati monolitici di tipo MOS con scala di integrazione elevatissima. L'altra grande categoria di supporti di memorizzazione, le memorie ausiliarie (o esterne), collegate all'elaboratore tramite interfacce di ingresso/uscita e periferiche (unità di lettura/scrittura), ha il compito di archiviazione, ad accesso relativamente rapido, di programmi e informazioni. La maggiore velocità di elaborazione consentita dai rapidi progressi dei dispositivi a semiconduttori (microprocessori e memorie principali) e dal modo con cui essi sono collegati e programmati, ha richiesto un parallelo aumento di capacità e prestazioni dei dispositivi di memoria ausiliaria. Questi dispositivi sono basati essenzialmente sulla registrazione permanente di grandi masse di dati su supporto magnetico (dischi e nastri). I dispositivi a registrazione ottica, tipo compact disc (CD-ROM), con la loro più elevata densità, e con i loro costi limitati, sono ormai ampiamente diffusi anche nella versione riscrivibile, superando la limitazione della sola lettura per l'utente finale . La grande varietà di memorie è dovuta da un lato alla molteplicità dei requisiti e dall'altro alle notevolissime variazioni dei costi unitari (costo per bit immagazzinato), che sono correlati al tempo di accesso: tempi di accesso brevi possono venir ottenuti solo a costi rapidamente crescenti. Indicativamente la memoria a semiconduttore più veloce impiegata per funzioni speciali (memoria cache) ha un costo per milione di bit pari a dieci-venti volte quello della memoria principale ordinaria, anch'essa a semiconduttore e la memoria RAM costa due volte di più di quella su disco fisso, ma ha velocità di accesso di 5-6 volte maggiore (non essendo coinvolte parti meccaniche). La fortissima riduzione dei costi per bit della soluzione a seminconduttore legato alla miniaturizzazione ha portato a un continuo aumento delle capacità della memoria principale e al trasferimento verso quest'ultima di numerosi compiti delle memorie ausiliarie che, anche grazie alla loro rimovibilità e trasportabilità fisica, hanno invece dilatato il ruolo di riserva e di biblioteca.In particolare le memorie su nastro magnetico, molto economiche ma anche lente, sono ormai utilizzate solo in grandi centri di calcolo per l'effettuazione di back up o per l'immagazzinamento di grandi quantità di dati, per esempio quelli provenienti da satellite, per successive elaborazioni, e, pertanto, vi si ricorre solo per determinate operazioni, che non richiedono tempi rapidi di risposta.

Memorie principali

Per le memorie principali la soluzione a semiconduttori (un'integrazione a scala ultra grande: milioni di transistori per chip) ha sostituito quella delle unità a nuclei magnetici a ferrite, largamente impiegate fino agli anni Settanta. La superiorità della soluzione a semiconduttore, oltre alla riduzione dell'ingombro, risiede nella comune struttura fisica della memoria e dell'unità centrale dell'elaboratore con i vantaggi tecnico-economici di impiego delle stesse tecnologie costruttive, di semplicità di interfacciamento e di consumi energetici contenuti e in continua riduzione. Quest'ultimo è un fattore che permette la soluzione con batteria del problema della labilità intriseca delle memorie a semiconduttori, per la quale la permanenza dello stato logico non è assicurata in caso di mancanza di alimentazione, a differenza delle memorie magnetiche. Una memoria a semiconduttore è un insieme di celle elementari che possono essere uno dei due stati possibili, e quindi contenere un'unità di informazione, il bit. Per esempio, nel caso delle memorie più diffuse, con transistori unipolari (MOS), l'informazione di ciascuna cella viene immagazzinata sotto forma di carica elettrica su un piccolo condensatore. Il transistore della cella ha la funzione di interruttore e può essere aperto o chiuso per collegare il condensatore di memoria alla linea dei dati. La struttura delle celle è in generale a matrice. L'indirizzamento a una determinata cella è effettuato mediante la selezione contemporanea di una riga e una colonna tramite decodificatori, mentre l'operazione di lettura/scrittura di un bit viene definita da un circuito di controllo. Peraltro la memoria è in genere organizzata per byte, idealmente su otto piani contenenti matrici identiche, per cui tutti i bit dello stesso byte vengono indirizzati e letti (o scritti) contemporaneamente. Nel caso delle memorie MOS, tuttavia (e ciò richiede circuiti in più), l'informazione deve essere rigenerata periodicamente, a causa della dispersione dei condensatori. Queste memorie sono assai vantaggiose, sia per il costo, sia per le prestazioni. Il continuo perfezionamento delle tecnologie MOS ha infatti portato a un abbassamento continuo dei costi di produzione: nel giro di un decennio, costi e dimensioni di questi circuiti sono diminuiti da 2 a 3 ordini di grandezza; una analoga diminuzione è prevedibile per il futuro. Le memorie MOS hanno inoltre altri due grandi vantaggi: il consumo di energia e la corrispondente dissipazione di calore risultano molto minori; i circuiti non devono essere necessariamente di alta qualità e ciò implica che, non dovendosi economizzare sui circuiti integrati di accesso, questi possono essere in numero superiore e distribuiti in diverse parti del sistema di elaborazione con conseguente aumento della flessibilità di progettazione degli elaboratori. Memorie a semiconduttore con tecnologia bipolare (transistor a giunzione) sono impiegate in sistemi a capacità limitata, quali le memorie cache e quelle tampone, per l'elevata velocità, cui corrispondono peraltro più elevate dissipazioni di energia e maggior costo. Le memorie a semiconduttore vengono classificate in funzione del tipo di realizzazione e delle relative prestazioni in memorie a lettura/scrittura ad accesso casuale, RAM (Random Access Memory), dove ogni indirizzo ha lo stesso tempo di accesso, e in memorie a sola lettura, ROM (Read Only Memory). Le memorie RAM possono dividersi in statiche e dinamiche; le prime non hanno necessità di rigenerazione dell'informazione, contrariamente alle seconde, descritte sopra, che sono semplicissime (un transistor MOS e un condensatore) e le più impiegate su larga scala. Le memorie ROM contengono l'informazione, conferita dal costruttore o con operazioni specialistiche, che vengono normalmente lette ma non cambiate (o cambiate solo raramente). Queste memorie sono necessarie per l'accumulo di lungo termine, semipermanente, dei sistemi operativi, degli interpreti e dei microprogrammi. Le memorie ROM si articolano in sottoclassi in funzione del tipo di fabbricazione e della flessibilità di riscrittura. Le memorie ROM propriamente dette vengono ottenute per mascheratura durante la fabbricazione del chip. Le altre sottoclassi sono le ROM programmabili (PROM) che si ottengono agendo su collegamenti fusibili (fusible links) per ottenere la configurazione logica richiesta, e le ROM riprogrammabili. Queste ultime sono a cancellazione ottica (raggi ultravioletti-EPROM) o alterabili elettricamente (EAROM, EEPROM) o addirittura composte da due aree funzionalmente identiche (NOVRAM), di cui la seconda impiegata per il salvataggio in caso di perdita dell'alimentazione. Dalle memorie ROM, che sono circuiti logici i cui ingressi determinano le uscite secondo la matrice di codifica, derivano i PLA (Programmable Logic Array, matrice logica programmabile); si tratta di un insieme di linee d'ingresso e d'uscita disposte a matrice di cui è possibile programmare le intersezioni (con la rottura di un microfusibile) ottenendo una qualsiasi funzione booleana degli ingressi.

Memorie CCD

Alla categoria delle memorie a semiconduttore appartengono anche i dispositivi ad accoppiamento di carica (o CCD, Charge Coupled Device), anch'essi memorie del tipo MOS. In essi i bit memorizzati non sono localizzabili in determinate celle di memoria, bensì circolano continuamente tra le celle, come se si trovassero in una conduttura chiusa. Ciascuna cella elementare è costituita da una terna di elettrodi ai quali vengono applicate opportune tensioni per provocare la memorizzazione temporanea o lo spostamento in una direzione o in quella opposta di portatori minoritari di carica. L'introduzione o l'estrazione di informazioni in una memoria di questo tipo avviene sequenzialmente: il primo bit occupa la prima cella, il secondo bit introdotto lo scaccia, occupandone il posto e spingendolo avanti di una cella; il terzo bit occupa la prima cella, dove stava il secondo bit, lo spinge al posto del primo in modo da spostare quest'ultimo ancora avanti di una posizione. E così via. In modo analogo ha luogo l'estrazione di informazioni. In queste memorie sequenziali, quindi, il tempo di accesso non è indipendente dalla posizione di memoria occupata, ma dipende dal tempo necessario per far uscire dalla memoria, passando di cella in cella, il bit richiesto. Pur avendo questo svantaggio di un molto maggiore tempo di accesso, le memorie CCD hanno, rispetto alle memorie RAM, i seguenti vantaggi: una maggiore semplicità costruttiva (servono meno circuiti di accesso); un costo minore; una densità di celle elementari maggiore.

Memorie a bolle magnetiche

Fra i tentativi promettenti di ricorrere a sistemi di memorie diversi dai semiconduttori, ma non ancora competitivi neppure in nicchie di mercato che richiedono prestazioni particolari, si citano le memorie a bolle magnetiche, ad accesso non casuale, come le memorie CCD. Le bolle che costituiscono le celle elementari di memoria sono microscopici domini magnetici di polarità opposta, in grado di circolare lungo percorsi stabiliti ad altissima velocità. Tali domini si formano in film sottili di materiale ferro- o ferrimagnetico in cui l'asse facile di magnetizzazione è perpendicolare alla superficie del film. In presenza di un campo magnetico stazionario, diretto normalmente al film, i domini sono diretti alcuni verso l'alto e altri verso il basso: ai domini di un tipo si può associare la cifra binaria 0 e a quelli dell'altro si può associare la cifra binaria 1. Applicando campi magnetici più deboli di quello stazionario e ad angolo retto con esso, si possono far viaggiare le bolle da una posizione alla successiva in modo analogo a quanto si fa con le cariche elettriche nelle memorie CCD.

Memorie criogeniche

Vanno infine ricordate le memorie criogeniche, o a superconduzione, che sono basate sul fenomeno della superconduzione per cui a temperature prossime allo zero assoluto (si ottengono immergendo i circuiti in elio liquido) la resistività di certi materiali si annulla. Le memorie più sperimentate di questo tipo si basano sull'effetto Josephson e usano come celle elementari di memoria i dispositivi a effetto tunnel detti appunto giunzioni Josephson. Questi dispositivi, in opportune combinazioni, sono in grado di svolgere tutte le funzioni aritmetiche e logiche dell'unità centrale di un elaboratore elettronico. Poiché possono anche funzionare da commutatori a due posizioni, sono adatti a fungere da elementi di memoria. Tali commutatori sono i più veloci conosciuti potendo cambiare stato in un tempo di 6 · 10-12 s, pari a un centesimo di quello necessario a un semiconduttore. Le caratteristiche principali delle memorie a giunzioni Josephson, in fase di avanzatissimo sviluppo, sono l'altissima velocità di funzionamento e l'altissima densità con cui può essere immagazzinata l'informazione.

Memorie ausiliarie

Sono utilizzati sistemi magnetici di registrazione a nastro e a dischi; interesse prevalentemente storico hanno i sistemi di registrazione a tamburo, mentre le memorie a semiconduttori sono entrate nel settore con le carte di memoria a inserzione. Queste ultime funzionano essenzialmente come le memorie RAM o ROM su chip, ma sono rimovibili e sono associate a unità di lettura/scrittura che le interfaccia sia con calcolatori portatili leggeri (hand-top, laptop) che con gli elaboratori da tavolo (PC, stazioni di lavoro, ecc.). Il funzionamento delle memorie magnetiche si basa sull'isteresi magnetica per cui un materiale magnetico (ossido di ferro, biossido di cromo, pellicole a leghe metalliche in nichel e cobalto in ordine di crescente efficienza di memorizzazione) cambia stato in presenza di una corrente di segno, intensità e durata opportune e lo conserva poi indefinitamente. Le memorie ausiliarie a dischi sono unità periferiche del sistema di elaborazione, collegate direttamente alla memoria centrale; sono cioè memorie on line sotto il diretto controllo dell'unità centrale. I dischi possono essere del tipo rimovibile (floppy disk) o fissi (hard disk) incorporati in un'unità sigillata all'interno dell'elaboratore. Il supporto di memoria è costituito da piatti circolari sulle cui superfici è depositato un sottile strato di materiale ferrimagnetico sul quale, in ideali piste circolari concentriche con inizio e fine prefissati, vengono immagazzinate le informazioni. I dischi sono in rotazione continua ad alta velocità (ca. 4000 giri al minuto) intorno al loro asse. I bit che costituiscono un carattere e i caratteri che costituiscono un record vengono registrati uno di seguito all'altro sulla stessa pista: per la lettura e la registrazione delle informazioni è pertanto necessaria una sola testina magnetica, mobile trasversalmente dal centro alla periferia del disco per portarsi in corrispondenza della pista prescelta. Poiché, tuttavia, i dischi sono spesso disposti a pile, costituiscono, cioè, un disk-pack, e poiché ogni disco ha due facce utilizzabili, è complessivamente necessario un numero di testine doppio del numero dei dischi. L'insieme delle piste corrispondenti nel disk-pack è detto cilindro. In altri casi, un'unica testina può traslare sia orizzontalmente sia verticalmente e posarsi sul disco selezionato di volta in volta. Il tempo di accesso, inversamente proporzionale alla velocità di rotazione dei dischi, è dell'ordine della decina di millisecondi, tempo praticamente costante per qualunque posizione di memoria. La capacità di memoria di un singolo disco è dell'ordine delle decine di milioni di bit. Le memorie a nastro magnetico hanno una capacità di immagazzinamento di dati assai maggiore delle memorie a dischi, ma anche un tempo di accesso assai maggiore. Il supporto materiale dell'informazione è uno strato sottile di materiale ferrimagnetico depositato su un nastro di materiale plastico, sottile, ma molto resistente, lungo generalmente 730 metri. Il nastro si srotola da una bobina debitrice e si arrotola in una bobina raccoglitrice, costituente parte integrante dell'unità a nastro del sistema di elaborazione. Poiché, data l'alta velocità di avvolgimento, il nastro sarebbe sottoposto, al momento della partenza e dell'arresto, a forti trazioni, cioè a strappi, costituisce elemento essenziale di queste unità la presenza di due sacche (polmoni) nelle quali ricadono, spinte da una differenza di pressione regolabile, prodotta da una pompa a vuoto, due parti del nastro magnetico. La pressione d'aria nei polmoni è comandata da cellule fotoelettriche che controllano con continuità la porzione del nastro sporgente nei polmoni. In una tipica unità a nastro le cifre binarie che rappresentano in codice un carattere vengono registrate contemporaneamente, per mezzo di 7 testine magnetiche, lungo la stessa riga trasversale del nastro, su 7 piste diverse; un'ottava pista laterale, con la corrispondente testina, serve per il controllo di parità. Sono diffusi anche nastri con nove piste che permettono di codificare un carattere con un byte (8 bit) e in cui la nona pista serve per il controllo di parità. Poiché al momento dell'avvio e dell'arresto del nastro la velocità non è quella alla quale la lettura e la registrazione sono fedeli, prima e dopo ogni serie di caratteri che costituiscono un'unità logica di informazioni (record), viene lasciato uno spazio vuoto (gap). Infine una categoria di memorie ausiliarie di crescente importanza per le loro prestazioni (accumulo) sono quelle ottiche che impiegano il laser per lettura e scrittura. Fra queste memorie i CD-ROM sono a sola lettura e ciò è vero anche per i WORM (Write Once Read Many, scrivi una volta, leggi molte volte) in quanto l'utente può scrivere i dati ma non modificarli. La capacità dei dischi WORM è compresa tra 200 Mb e 2 Gb. Sono anche disponibili memorie magneto-ottiche, che consentono di conciliare l'alta capacità di memorizzazione propria dei dischi ottici con la possibilità di riscrittura tipica dei dispositivi magnetici. I dischi magneto-ottici riregistrabili sono noti come WMRA (Write Many Read Always, scrivi molte volte, leggi sempre). Sono costituiti da una sottile pellicola formata da una lega metallica su una base di alluminio. Quando il fascio laser ne colpisce la superficie, una minuscola zona della pellicola si riscalda; se la temperatura in quella zona supera un determinato valore di soglia, gli atomi che formano la lega rimangono liberi di orientarsi. Una testina di registrazione, simile a quella usata per i dischetti, produce un campo magnetico che orienta gli atomi in un senso o in quello opposto per rappresentare i valori 0 e 1 binari. Quando il fascio laser cessa di colpire la zona, l'area registrata torna a temperatura ambiente, ridiventando insensibile al campo magnetico della testina. I dischi WMRA rappresentano un'alternativa ai dischi fissi; i loro principali vantaggi sono costituiti dall'elevata capacità (1,3 Gb), dalla facilità di trasporto e dai minimi rischi di deterioramento delle informazioni memorizzate. L'unico svantaggio per ora è costituito dalla velocità d'accesso, inferiore a quella dei tradizionali dischi fissi.

Bibliografia

J. Eimbinder, Semiconductor Memories, New York, 1971; H. S. Sobel, Introduction to Digital Computer Design, Londra, 1972; M. Italiani, G. Serazzi, Elementi di informatica, Milano, 1973; K. London, Introduzione agli elaboratori elettronici, Milano, 1973; M. Gatti, G. Occhini, M. Salvatori, Memorie ottiche per una nuova editoria, Milano, 1988.

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