Lessico

sm. [sec. XIII; da papa].

1) Titolo e dignità di papa; la durata di tale dignità.

2) Istituzione peculiare della Chiesa cattolica per cui il vescovo di Roma, in quanto successore di San Pietro e vicario di Cristo in Terra, vi esercita il primato di onore, di magistero, di giurisdizione, secondo le parole di Gesù (Matteo, XVI, 17/18; Luca, XXII, 32; Giovanni, XXI, 15/17).

Storia: dalle origini allo scisma d'Occidente

Fin dal sec. II la posizione preminente del vescovo di Roma è testimoniata da sue decisioni autoritative accolte da tutte le chiese, con sanzioni per le renitenti. Tale posizione si accentua sia in Occidente sia in Oriente nelle controversie teologiche dei sec. IV e V e si fa più frequente il riferimento al papa come al vicario di Cristo. La sua autorità nella crisi dell'Impero romano si fa anche politico-organizzativa a Roma e in Occidente, giudicando il papa tutte le cause in tutta la Chiesa. In tal modo anche per le personalità di rilievo che lo esercitano, come Gregorio I Magno, il papato veniva riempiendo il vuoto politico-amministrativo determinatosi con la dissoluzione dell'Impero d'Occidente, allargando il suo primato sulle chiese, non senza resistenze in quelle d'Oriente, che giunsero allo scisma del sec. XI. Il papato si costituiva intanto con le donazioni del re longobardo Liutprando e dei Franchi in potere temporale. Fino al sec. XI l'elezione del papa fu opera del clero e del popolo di Roma con la partecipazione dei vescovi delle sedi vicine; non senza però interferenze anche rudi, prima dell'imperatore bizantino, poi dei re franchi, di casate romane e di fuori. La curia papale si era poi sviluppata in una molteplicità di uffici, tra cui primeggiava la cancelleria, mentre il “collegio dei cardinali” non aveva ancora funzioni specifiche. Il movimento di riforma, raggiungendo il papato nel sec. XI, vi determinò una riforma dell'elezione papale, che si concentrò nei cardinali vescovi. Promuovendo la riforma interna in lotta con imperatori e sovrani, il papato si trasformò in una ierocrazia sotto Innocenzo III, rivendicando anche il potere politico e allargando l'organizzazione della Curia papale in funzione di questi compiti. Ma l'accentramento di tutti i poteri, compresi quelli di legislatore e amministratore dei beni ecclesiastici, nel papato (Unam sanctam, 1302) trovò progressiva resistenza nel particolarismo della nobiltà romana e ancor più nelle nuove forze nazionali. È da codesta pressione che viene il trasferimento del papato ad Avignone (1309-77), voluto dal re di Francia, e, più ancora, lo scisma di Occidente (1378-1417), con due e tre papi antagonisti e relative “obbedienze”; ed è in tale crisi che si affermò la teoria conciliarista della superiorità del concilio sul papa. La reintegrazione del papato unitario fu però contrastata e limitata dal conciliarismo, dai “concordati delle nazioni”, dalle “capitolazioni elettorali”, senza ostacolare tuttavia l'ulteriore accentramento papale con nuovi uffici di Curia, anche finanziari.

Storia: dal Concilio di Trento al Concilio Vaticano II

Alla nuova contestazione, ben più ampia e radicale, della Riforma protestante, che lo denunziava addirittura come l'Anticristo, il papato rispondeva facendo proprie le istanze della riforma ascetico-disciplinare, convocando il Concilio di Trento, rafforzando il centralismo e la propria iniziativa politico-religiosa con la rete dei nunzi, senza tuttavia riuscire a eliminare le opposizioni del gallicanismo, del giansenismo, del febronianesimo. Dalla crisi della Rivoluzione francese e napoleonica il papato uscì con aumento di autorità e prestigio che culminava al Concilio Vaticano I nella definizione dogmatica dell'infallibilità papale (1870) e che si esplicò in una riorganizzazione della Curia e nella codificazione del diritto canonico. Ma una reinterpretazione del papato con una nuova sensibilità ecumenica e col riconoscimento di usi particolari delle chiese e delle esigenze di autonomia pastorale dei vescovi s'è fatta man mano strada trovando il riconoscimento da parte degli stessi papi Giovanni XXIII e Paolo VI nel Concilio Vaticano II (1962-65) e nella successiva apertura alla direzione sinodale della Chiesa. Il papato di Giovanni Paolo II raccoglie l'eredità dei due pontificati precedenti ed è caratterizzato da una forte attenzione della Chiesa ai problemi del mondo contemporaneo (guerre, povertà, dignità umana) e dalla volontà di dialogo con le altre religioni, istanze costantemente accompagnate però dall'affermazione della supremazia della Chiesa cattolica e frenate da un certo conservatorismo teologico. Nel 2005 viene eletto papa Benedetto XVI il quale dà un importanza fondamentale al è il dialogo ecumenico con le altre chiese cristiane. Dopo la sua rinucia, sale al trono pontificio Francesco.

Bibliografia

L. von Pastor, Storia dei Papi, 21 voll., Roma, 1910-34; J. Schmidlin, Geschichte der Päpste in der neueste Zeit, Friburgo, 1939; A. Saba, C. Castiglioni, Storia dei Papi, Torino, 1950; P. Brezzi, Il papato, Roma, 1951; Autori Vari, I Papi nella storia, Roma, 1955; E. Innocenti, Storia del potere dei papi, Roma, 1973; Ch. Delzell, The Papacy and Totalitarianism between the Two Worlds Wars, New York, 1974; A. Riccardi (a cura di), Chiesa e papato nel mondo contemporaneo, Bari, 1990.

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