Filosofia: generalità

sm. [sec. XIX; dal francese positivisme, da positif, positivo]. Dottrina filosofica che fonda la conoscenza solo sui fatti e deriva la certezza esclusivamente dall'osservazione propria alle scienze sperimentali, con l'esclusione di ogni apriorismo e l'ammissione che la conoscenza della “cosa in sé” è inattingibile. Positivo è quindi il reale in opposizione al chimerico, il certo in quanto posto sul fondamento sicuro del fatto. Il termine “positivo” si trova per la prima volta nel conte di Saint-Simon, che lo acquisisce al campo strettamente filosofico (Système de politique positive), ma che si limita a un generico impegno della filosofia per un metodo d'indagine che si modellasse sulla ricerca scientifica.

Filosofia: le origini

Le vere origini del positivismo però sono da ricercarsi nell'Illuminismo inglese e francese: dal primo dedurrà le matrici empiristica e utilitaristica; dal secondo il principio (elaborato da Condorcet) che il progresso di tutta la conoscenza dipende dalla costituzione e dal progresso della scienza positiva. Ambiente favorevole allo sviluppo del positivismo fu quello formatosi a partire dal 1830: progresso delle scienze naturali, prime applicazioni tecniche delle scoperte scientifiche e loro riflessi in campo sociale ed economico, nuova importanza assunta dal lavoro. In Francia A. Comte (a cui si deve la prima elaborazione e sistemazione del positivismo) partì dal principio già formulato da Fourier: “Le cause primordiali non ci sono note, ma esse sottostanno a leggi semplici e costanti, che si possono scoprire per mezzo dell'osservazione e il cui studio costituisce l'oggetto della filosofia naturale”; e da questa premessa svolse la sua ricerca giungendo alla definizione della filosofia come “scienza dei fatti concreti”. Nel suo fervore organicistico Comte aveva diviso la storia in tre stadi: teologico o immaginativo, in cui l'uomo immagina i fenomeni un prodotto di agenti soprannaturali; metafisico o astratto, in cui l'uomo tenta di spiegarsi il mondo come effetto di forze astratte; positivo o scientifico, in cui l'uomo ha acquistato la coscienza dell'impossibilità di attingere l'assoluto e si limita alla conoscenza delle leggi che reggono i fenomeni. Questo rigore scientifico venne meno nel Comte vecchio, che al principio intellettualistico sostituì il sentimento, fondando su di esso addirittura una religione (inconsistente), di cui si autonominò sommo sacerdote. Fecondo e aperto a nuovi sviluppi fu il positivismo anche in Inghilterra, soprattutto per merito di J. Stuart Mill, impegnato a sottrarre la scienza morale alle sue consuete incertezze per stabilire invece per essa un fermo complesso di regole, che consentissero di superare le antitesi di egoismo e altruismo, d'individualismo e socialismo.

Filosofia: il positivismo tedesco

In Germania il positivismo si colloca in una posizione più propriamente definita materialismo: la sua matrice deriva dal positivismo franco-inglese e come fatto culturale tedesco è una diretta derivazione del forte progresso compiuto dalle scienze naturali e dalla biologia. Si presenta come oppositore dell'eccessivo metafisicismo generato dall'idealismo, ma per altro verso è contrario anche al romanticismo, anche se a lui si accompagna nel voler raggiungere il reale: il positivismo sul versante dell'oggetto; il romanticismo nella zona del soggetto.

Filosofia: il positivismo italiano

In Italia seguaci del positivismo furono C. Cattaneo, deciso oppositore di ogni metafisica e di ogni scienza aprioristica, R. Ardigò, che concepì la filosofia come disciplina dell'organizzazione dei dati scientifici e operò un'originale riforma delle dottrine evoluzionistiche di Spencer, e i pedagogisti A. Gabelli e A. Angiulli.

Biologia: il positivismo evoluzionistico

Estremamente innovatrice, poi, sul piano delle scienze biologiche, fu la rivoluzione profonda operata dal cosiddetto positivismo evoluzionistico, fiorito in Inghilterra, e il cui maggior rappresentante fu Ch. Darwin, il quale, nella sua opera L'origine delle specie (1859), enunciò per la prima volta le leggi fondamentali del trasformismo biologico, sempre in un ambito strettamente scientifico, mentre il suo connazionale H. Spencer sostenne una teoria universale dell'evoluzione come processo continuo e necessario, operante sia nella natura sia nella società. Nel tardo positivismo H. Taine tentò di abolire ogni distinzione tra scienza della natura e scienze sociali, dichiarando l'identità di natura tra i loro prodotti: “Vizi e virtù sono prodotti allo stesso modo del vetriolo e dello zucchero”. Sulla cruda visione di questo positivismo si muoverà poi il naturalismo letterario.

Bibliografia

L. Geymonat, Il problema della conoscenza nel positivismo, Torino, 1931; B. Magnino, Storia del positivismo, Mazara del Vallo, 1955; U. Spirito, Il positivismo, Firenze, 1956; W. M. Simon, European Positivism in the Nineteenth Century, Ithaca, 1963; R. Mondolfo, I positivisti italiani, Padova, 1966; G. M. Pozzo, Il problema della storia del positivismo, Padova, 1967; P. Rossi, Positivismo e società industriale, Torino, 1973; S. Poggi, Introduzione al positivismo, Bari, 1991; N. Urbinati, Le civili libertà. Positivismo e liberalismo nella Italia unita, Padova, 1991; M. Quaranta, Positivismo e Modernità, Pasian di Prato, 2014; P. Tripodi, Storia della filosofia analitica: dalle origini ai giorni nostri, Roma, 2015; M. Zanantoni, Positivismo, Milano, 2016; G. Cambiano, L. Fonnesu, M. Mori (a cura di), La filosofia dell'Ottocento: dall'età kantiana a Nietzsche, Bologna, 2019; A. Jori, "Una sola immensa armonia di cose": il rivoluzionario manifesto del positivismo italiano: il Discorso su Pietro Pomponazzi di Roberto Ardigò, Palermo, 2020.

 

Trovi questo termine anche in:

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora