Lessico

sf. [sec. XVI; dall'arabo al-ğabr, restaurazione, riduzione]. Ramo della matematica che studia insiemi, collezioni di oggetti qualsiasi, nei quali vengono definite formalmente determinate operazioni da eseguirsi sugli oggetti stessi. Fig., cosa complicata, astruseria: non capisco l'algebra dei suoi discorsi.

Algebra classica

L'algebra nasce nella civiltà araba dell'alto Medioevo e rappresenta anzi il grande e decisivo contributo che gli Arabi danno alla matematica (lo stesso termine al-ğabr è usato per la prima volta da al-Khuwārizmī nel sec. IX per indicare l'operazione di trasporto di un addendo da un membro all'altro di un'equazione con cambiamento del segno). Possiamo definire l'algebra degli Arabi, e più in generale tutta l'algebra classica (fino al secolo scorso), come la scienza delle equazioni e, più precisamente, di quelle equazioni, o sistemi di equazioni, detti appunto algebrici, che si ottengono uguagliando a zero uno o più polinomi in una o più indeterminate: x, y, z, t,... In questo senso, molto prima degli Arabi, sia gli Egiziani, sia i Babilonesi, sia i Greci si erano occupati di problemi algebrici. I Babilonesi, che disponevano di numerose tavole matematiche (dei quadrati, di radici quadrate, di moltiplicazione, dei reciproci e altre ancora), fecero grandi progressi in algebra sino a dare soluzioni numeriche di particolari equazioni di secondo grado. Inoltre trattarono equazioni lineari a più incognite e tentarono di risolvere equazioni cubiche e biquadratiche. Non arrivarono tuttavia a dare una soluzione generale delle equazioni di secondo grado. Gli Arabi, mercanti e navigatori, ben diversamente dai Greci, interessati alla matematica applicata, si preoccupavano del calcolo effettivo; per loro, per esempio, il quadrato di 2 era il numero 4, che si ottiene moltiplicando 2 per se stesso; per i Greci, invece, era il quadrato costruito sul segmento di lunghezza doppia dell'unità di misura. I Greci, grandi geometri, diedero perciò modesti contributi all'aritmetica e all'algebra che per essi fu sempre e soltanto algebra geometrica. Dopo gli Arabi, il primo grande sviluppo dell'algebra si ebbe in Italia, nel Cinquecento (scuola bolognese con G. Cardano, S. Dal Ferro, L. Ferrari, il bresciano N. Tartaglia e altri). Gli algebristi italiani trovarono formule generali per calcolare le soluzioni di un'equazione di terzo e di quarto grado a partire dai coefficienti dell'equazione, operando su di essi con le quattro operazioni e con estrazioni di radici. Per pervenire a tali risultati, che rappresentano il primo grande fatto nuovo in matematica dopo le scoperte geometriche dei Greci, gli algebristi italiani furono costretti a introdurre numeri “immaginari”, cioè radici quadrate di numeri negativi, e numeri “complessi”, somma di un numero reale e di un numero immaginario. La teoria dei numeri complessi dominerà i grandiosi sviluppi dell'algebra, e della matematica in generale, nei tre secoli successivi, da Raffaele Bombelli, che ne dette la prima esposizione sistematica nella sua Algebra del 1572, al sommo Gauss che dette dei numeri complessi una rappresentazione geometrica sotto forma di punti di un piano-sfera, piano di Argand-Gauss. Con l'introduzione dei numeri complessi, la teoria delle equazioni algebriche acquista la massima eleganza e regolarità. Infatti, il teorema fondamentale dell'algebra classica, dimostrato parzialmente da J. B. d'Alembert e poi rigorosamente da K. F. Gauss, afferma che un'equazione algebrica di grado n ha esattamente n radici complesse. Alcune di esse possono essere multiple, così come è doppia la radice 1 dell'equazione x²-2x+1=0 equivalente alla (x-1)²=0. Non è invece possibile, come asserisce il teorema di Ruffini-Abel, generalizzare il risultato relativo alle equazioni di secondo, terzo e quarto grado e trovare una formula generale che permetta di calcolare le soluzioni di un'equazione dal 5º grado in su a partire dai coefficienti e usando le quattro operazioni e l'estrazione di radice. La condizione necessaria e sufficiente affinché una data equazione sia “risolubile per radicali” fu trovata da E. Galois (morto a vent'anni nel 1832) ed è legata al concetto, assai profondo, di gruppo di Galois dell'equazione. Con il metodo delle coordinate, introdotto da Cartesio (1636), viene per così dire “algebrizzata” la geometria. Curve piane e spaziali, superficie e loro generalizzazioni in iperspazi (varietà) possono essere rappresentate da equazioni, o sistemi di equazioni, in un opportuno numero di variabili (dimensione dello spazio ambiente). Questa reciproca applicazione dell'algebra alla geometria si rivela fecondissima e dà luogo a grandi sviluppi, che culminano nell'Ottocento con la geometria analitico-proiettiva, con l'algebra lineare e multilineare (vedi spazio) e infine, con la geometria algebrica classica. Mentre l'algebra classica giunge al suo massimo splendore, si sviluppa e giunge a compimento, verso la fine dello scorso secolo, il punto di vista assiomatico (vedi assiomatizzazione), che porta non solo a nuove conoscenze, ma modifica la stessa definizione dell'algebra.

Algebra moderna

Fino ai primi decenni del sec. XIX la questione fondamentale dell'algebra era costituita dall'analisi delle equazioni algebriche, ma già in quegli anni vi fu un fiorire di studi e ricerche che, oltre ad ampliare notevolmente le conoscenze di algebra, condussero a mutarne le stesse finalità attribuendole come scopo, dopo il 1850, lo studio delle strutture algebriche. Una delle direttrici è data dallo sviluppo della teoria delle sostituzioni che ha in G. L. Lagrange, A. Vandermonde, K. F. Gauss, P. Ruffini e A. L. Cauchy le sue origini, ma trova in E. Galois il suo primo vero realizzatore. A questi si deve non solo la riduzione dello studio delle equazioni algebriche a quello dei gruppi di permutazioni a esse associati, ma anche un approfondimento della teoria generale dei gruppi. Un'ulteriore linea di indagini è costituita dalle ricerche degli algebristi inglesi sui numeri immaginari che sfociarono negli anni 1830-50 nell'elaborazione della nozione astratta di legge di composizione che consentì di ampliare notevolmente il campo delle ricerche algebriche. Essi applicarono questa nozione a diversi nuovi enti algebrici: algebra della logica, vettori, quaternioni, strutture ipercomplesse generali (W. R. Hamilton), matrici e leggi non associative (A. Cayley). In quegli anni anche matematici tedeschi avevano sviluppato il calcolo vettoriale (A. F. Möbius, G. Bellavitis), l'algebra lineare e le strutture ipercomplesse (H. Grassmann). Gli studi in queste direzioni proseguirono anche nella seconda metà del sec. XIX. Dallo studio dell'opera di Gauss, la scuola tedesca elaborò la teoria dei numeri algebrici (P. G. L. Dirichlet, E. E. Kummer, R. Dedekind, D. Hilbert) che portò alla precisazione e all'ampliamento di tutta una serie di nozioni di algebra astratta, come per esempio quella di corpo e quella di ideale. È in questo periodo che vennero elaborate le nozioni di gruppo di operazioni, di anello, di modulo. In seguito alla pubblicazione delle opere di Galois e all'opera di C. Jordan si ebbe un grande incremento nello studio della teoria dei gruppi. Nel 1854 A. Cayley definì le nozioni di gruppo astratto e di spazio omogeneo. C. Jordan studiò le proprietà dei gruppi, i gruppi lineari e i loro sottogruppi, i gruppi infiniti (in seguito sviluppati da S. Lie, F. Klein e H. Poincaré), la nozione di rappresentazione di un gruppo in un altro e quella di gruppo quoziente. Matematici americani (B. Peirce, C. S. Peirce, L. E. Dickson, J. M. Wedderburn) e inglesi (J. J. Sylvester, W. Clifford) continuarono sino agli inizi del Novecento lo studio dell'algebra lineare e dei sistemi ipercomplessi. Studio che, con metodi differenti, venne condotto anche dai tedeschi (W. T. Weierstrass, R. Dedekind, G. Frobenius, T. Molien) e dai francesi (E. Laguerre, E. Cartan). Tutti questi indirizzi di ricerca trovano la loro sintesi nella scuola tedesca moderna cui si deve l'opera di assiomatizzazione dell'algebra che fu iniziata da Dedekind e da Hilbert, per essere poi proseguita da E. Steinitz, E. Artin, E. Noether, H. Hasse, W. Krull, O. Schreier e B. L. van der Waerden, il cui trattato Algebra moderna (1930) dà un'esposizione sistematica di tutti questi studi ed è il punto di partenza di quelli più recenti di algebra astratta. A qual punto di sviluppo sia giunta l'algebra moderna attraverso il processo di assiomatizzazione può forse essere indicato dall'opera di N. Bourbaki (pseudonimo collettivo di un gruppo di matematici francesi e americani) che ha intrapreso il tentativo nei suoi Elementi di matematica (oltre venti volumi pubblicati) di dare un'esposizione algebrica di tutte le dottrine matematiche fondate sull'idea di struttura.

Strutture algebriche

Secondo il punto di vista dell'algebra moderna, l'algebra è lo studio delle strutture algebriche. Una struttura è una collezione di elementi di natura qualunque (insieme), nella quale sono definite una o più o infinite operazioni, cioè leggi che permettono di associare a una coppia (si parla in questo caso di operazione binaria), o anche a una terna, a una n-pla ordinata di elementi dell'insieme un suo ben determinato elemento, in modo che risultino soddisfatte talune proprietà formali, assunte come assiomi. Per chiarire la cosa con un esempio, nell'algebra moderna (o astratta, o assiomatica), punto di partenza non saranno i numeri interi, o razionali, o reali, ecc. nella loro definizione concreta, con le operazioni di addizione e moltiplicazione e le loro inverse (sottrazione e divisione) definite sempre in modo concreto; tutti questi tipi di numeri diventano esempi (modelli) della struttura astratta di anello, cioè di un insieme A (+,∤) nel quale sono definite due operazioni binarie + e ∤, la natura delle quali non è definita, ma alle quali si impone di soddisfare proprietà formali, come l'associatività per tutte e due le operazioni o la commutatività per l'operazione+, assunte come assiomi. I gruppi, gli anelli, i reticoli costituiscono le principali strutture algebriche. Un gruppo, G (∤) è un insieme G dotato di un'operazione binaria, che si può chiamare convenzionalmente moltiplicazione, per il quale valgono le seguenti proprietà: la moltiplicazione gode della proprietà associativa; nell'insieme esiste un elemento neutro, u, tale che u∤x=x∤u=x per ogni elemento x di G; ogni elemento x di G ammette un inverso x-1 tale che x∤x-1=x-1∤x=u. Un gruppo si dice abeliano o commutativo, se per due elementi qualunque del gruppo vale anche x∤y=y∤x. Se si prescinde dall'assioma dell'esistenza dell'inverso, si ha un monoide (si pensi agli interi rispetto alla moltiplicazione); se si conserva la sola associatività si ha un semigruppo. Si parla poi di gruppoide quando è definita un'operazione binaria alla quale non vengono imposti assiomi. Un anello A (+,∤) è una struttura con due operazioni binarie (+,∤). Gli assiomi sono i seguenti: è un gruppo abeliano A (+) rispetto alla prima operazione (addizione, +); la seconda operazione (moltiplicazione, ∤) gode della proprietà associativa; valgono le leggi distributive, della moltiplicazione rispetto all'addizione, (x+y)∤z=(x∤z)+(y∤z); z∤(x+y)=(z∤x)+(z∤y). Aggiungendo opportuni assiomi si ottengono gli anelli di integrità, i corpi e i campi. Si ha invece un reticolo R (+,∤), quando alle due operazioni, chiamate questa volta unione (+) e intersezione (∤), si impongono come assiomi: l'associatività; la commutatività; l'idempotenza (x+x=x e x·x=x per ogni x in R); l'assorbimento (x·y+x=x; (x+yx=x). Un modello di reticolo è offerto dai sottoinsiemi, o parti, di un insieme rispetto alle operazioni insiemistiche, ordinarie, di unione e intersezione. Finora abbiamo considerato solo operazioni interne, cioè leggi che associano a coppie o n-ple ordinate di elementi di A un elemento di A. Ma presentano interesse anche operazioni esterne; ci limitiamo al caso in cui a una coppia di elementi (a, v), il primo in un anello A, il secondo in un gruppo abeliano V (+), viene associato un elemento di V (+). Se vengono soddisfatti certi assiomi, si parlerà di un A-modulo; se A è un campo K, di uno spazio vettoriale sopra K. Ponendo (a, v)=av, e chiamando moltiplicazione scalare tale operazione esterna, gli assiomi traducono le proprietà formali dei vettori ordinari rispetto alla loro composizione mediante la regola del parallelogramma (+) e alla moltiplicazione di un vettore per un numero, o “scalare”. Malgrado l'infinita varietà delle strutture algebriche, è possibile sviluppare una teoria unitaria (algebra universale), che mette in luce procedimenti e risultati generali. In particolare, ha carattere molto generale il concetto di isomorfismo tra due strutture algebriche, A e , di una data classe (cioè di un dato tipo: due gruppi, due anelli, due reticoli, ecc.). A e si diranno isomorfe se esiste tra di esse una corrispondenza biunivoca che conservi le operazioni, tale cioè che il corrispondente dell'elemento che si ottiene come risultato della composizione di altri sia esattamente il risultato dell'omonima composizione in dei corrispondenti di tali elementi. In altri termini, è la stessa cosa eseguire prima l'operazione in A e poi passare al corrispondente , oppure passare prima ai corrispondenti e poi eseguire l'operazione in . Strutture isomorfe possono venire identificate in un'unica struttura algebrica astratta (hanno la stessa forma). Se si lascia cadere l'ipotesi della biunivocità, si ha un omomorfismo da A ad . Nei più recenti sviluppi della ricerca algebrica, si è visto che conviene fissare l'attenzione piuttosto sugli omomorfismi che non sugli oggetti (gruppi, anelli, ecc.). Lo studio degli omomorfismi degli A-moduli porta all'algebra omologica, la formalizzazione di alcune proprietà degli omomorfismi tra gruppi, anelli, ecc. porta alla teoria delle categorie, che abbraccia anche strutture non algebriche (per esempio gli spazi topologici).

Algebra sopra un campo K

In algebra lineare si chiama algebra sopra un campoK ogni spazio vettoriale su K dotato, oltre alle operazioni di somma tra vettori e di moltiplicazione di un vettore per un elemento di K, di un'ulteriore operazione interna che verifichi la proprietà associativa e la proprietà distributiva rispetto alla somma. Un esempio di algebra su un campo K è dato dall'insieme degli omomorfismi di uno spazio vettoriale su K su se stesso. Le operazioni di quest'algebra sono l'usuale somma tra omomorfismi, l'usuale moltiplicazione di un omomorfismo per un elemento del campo K e la composizione di omomorfismi.

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