La scala sociale

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I figli dei comuni cittadini venivano invece educati nel telpochcalli dove imparavano a coltivare la terra, a eseguire lavori artigianali e a combattere in caso di guerra. Questo tipo di istruzione dava il diritto di organizzarsi in calpulli, le comunità base che vivevano in uno stesso quartiere specializzato a seconda del mestiere che vi si esercitava, e che avevano un terreno agricolo in proprietà comune per il quale pagavano un tributo allo Stato. Generalmente all’interno di queste due scale sociali si poteva salire o scendere, anche se era impossibile accedere alle cariche piú alte che dipendevano direttamente dalla volontà del sovrano. Nonostante la società azteca fosse governata con polso ferreo, per alcuni versi era “democratica”. Per esempio la carica di Re non era ereditaria e il nuovo monarca scelto nella famiglia reale, veniva eletto ogni volta da un consiglio di sacerdoti, guerrieri e funzionari che contava circa 100 membri. Il gradino piú alto della scala sociale era occupato dai nobili e dai sacerdoti che officiavano i sacrifici e interpretavano il Calendario Divinatorio.

Seguivano i guerrieri – al cui apice si trovavano i corpi scelti dei Guerrieri dell’Aquila e dei Guerrieri del Giaguaro – che avevano un ruolo predominante nella struttura statale e venivano addestrati ai compiti militari dalla piú tenera età. Il loro scopo era soprattutto quello di catturare grandi quantità di nemici da sacrificare sugli altari di Huitzilopochtli, Tlaloc e Xipe Tótec. Per questo venne istituita la rituale Guerra dei Fiori, combattimenti ciclici e programmati tra guerrieri aztechi e popolazioni vicine senza finalità di annientamento o di uccisione del nemico sul campo, ma al solo scopo di procurarsi prigionieri vivi necessari al sacrificio. Gli Aztechi credevano che le anime dei guerrieri piú valorosi morti in battaglia fossero trasformati in stelle e a loro era riservato lo tzincalli, un tempio che sorgeva nel santuario rupestre del Cerro de los Idolos, costruito sopra un colle che sovrasta Malinalco. Qui venivano inceneriti i cuori degli eroi e si svolgevano i cerimoniali dei guerrieri nel cuauhcalli, la Casa delle Aquile, un tempio con una grande sala circolare con al centro la statua del rapace, illuminata dai raggi del sole nel giorno del solstizio d’inverno.

Cittadini di rango medio-alto e molto stimati erano i pochteca, i mercanti, che vivevano a seconda delle corporazioni in quartieri particolari raggruppati a Tlatelolco ed erano esentati dal servizio militare. Il loro lavoro li portava a compiere pericolosi viaggi lungo le strade dell’Impero e spesso venivano utilizzati come spie. La moneta di scambio piú usata erano i semi di cacao, un prodotto molto ambito e ritenuto sacro, che cresceva nel clima tropicale lungo la costa del Golfo e nelle terre meridionali. Anche gli artigiani e gli artisti erano considerati di buon livello, pur non godendo di particolari privilegi: la maggior parte degli artisti – orafi, tagliatori di pietre preziose, scultori, acconciatori di piume e mosaicisti – erano stranieri, soprattutto Mixtechi, maestri dell’arte musiva e dell’oreficeria e originari di Puebla, abili vasai. Gli Aztechi, poveri di una propria forma d’arte, avevano assimilato molto bene le conoscenze dei popoli assoggettati. Gli artigiani vivevano in calpulli separati, quartieri dove potevano mantenere le proprie tradizioni religiose e sociali.

L’ultimo gradino della scala sociale era occupato dai portatori di merce e dagli schiavi, quasi tutti aztechi: si diventava schiavi perché si era nullatenenti oppure si era commesso un crimine. Tuttavia era possibile riscattarsi dal ruolo di schiavo e comunque i loro figli nascevano liberi. Anche se considerati di basso livello i contadini costituivano il motore dell’economia azteca che si basava sull’agricoltura e sui tributi. L’alimento base era il mais che veniva stoccato in immensi silos e distribuito alla popolazione nei periodi di carestia, ma della dieta azteca facevano parte anche i fagioli, le zucche e il chili (i peperoncini piccanti). Gli attrezzi erano alquanto semplici, costruiti in legno, ossidiana e selce, mentre l’aratro era sconosciuto poiché non esistevano bestie da soma. Nella regione paludosa di Tenochtitlán gli Aztechi avevano inventato un originale sistema di coltivazione, le chinampas, degli orti galleggianti che consistevano in piattaforme artificiali ottenute dalla sovrapposizione di materiale fangoso e organico del lago e rese stabili dalle radici degli alberi piantati sui bordi e al centro.