La storia dei fratelli Cervi, eroi dell’antifascismo
I fratelli Cervi non furono eroi per vocazione, ma uomini comuni che, in un momento decisivo, rifiutarono l’indifferenza e accettarono il rischio di opporsi a un sistema violento e autoritario: la loro vicenda mostra come l’antifascismo non fu soltanto il risultato di un’organizzazione politica, ma nacque spesso da percorsi familiari, da una cultura del lavoro e da un senso profondo di giustizia.
La storia dei fratelli Cervi rappresenta una delle vicende più significative della Resistenza italiana. Non solo per la tragica fine dei sette fratelli, fucilati il 28 dicembre del 1943, ma per il percorso umano, familiare e politico che li portò a diventare un simbolo dell’antifascismo popolare. Contadini emiliani, cresciuti in una famiglia unita e consapevole, i Cervi scelsero di opporsi al fascismo e all’occupazione nazista, trasformando la loro casa di campagna in un luogo di solidarietà e resistenza. Raccontare la vera storia dei fratelli Cervi significa capire chi erano, perché furono uccisi e perché la loro vicenda continua a essere centrale nella memoria del 25 aprile.
La famiglia Cervi e le origini dell’antifascismo
La storia dei sette fratelli Cervi nasce nella pianura reggiana, a Campegine, all’interno di una famiglia contadina che seppe distinguersi per autonomia, apertura culturale e spirito critico. Il padre Alcide Cervi e la madre Genoeffa Cocconi erano contadini della pianura reggiana, ma crebbero i figli in un ambiente in cui il lavoro nei campi non escludeva lo studio, la lettura e il confronto, e anche dopo la morte prematura della moglie, Alcide continuò a crescere i figli trasmettendo loro un forte senso di dignità, autonomia e giustizia sociale, elementi che contribuirono a formare una coscienza antifascista che maturò nel tempo come rifiuto progressivo di un regime percepito come oppressivo e ingiusto.
In un’Italia rurale segnata dall’analfabetismo e dal controllo politico, la famiglia Cervi rappresentava un’eccezione: autonoma, consapevole, refrattaria al conformismo imposto dal regime. Questa apertura culturale contribuì a formare una coscienza critica che, con il passare degli anni, si tradusse in una presa di distanza sempre più netta dal fascismo.
La vera storia dei fratelli Cervi
I fratelli Cervi erano sette: Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore. Tutti lavoravano nell’azienda agricola di famiglia, che seppero rendere moderna e produttiva grazie all’introduzione di tecniche innovative e a una gestione cooperativa del lavoro. Non erano semplici contadini, ma uomini consapevoli del proprio ruolo sociale, convinti che l’emancipazione passasse anche attraverso la conoscenza e l’autonomia economica.
Questa indipendenza li rese figure anomale nel contesto locale e contribuì ad attirare l’attenzione delle autorità fasciste già prima della guerra.
Il 25 luglio 1943 e la pastasciutta dei fratelli Cervi
Il 25 luglio 1943, giorno della caduta di Mussolini, sembrò segnare la fine del fascismo. Per celebrare quell’evento, i fratelli Cervi organizzarono a Campegine una grande pastasciutta offerta gratuitamente alla popolazione. Il gesto, passato alla storia come la “pastasciutta dei fratelli Cervi”, non fu solo un momento di festa, ma un atto politico esplicito, compiuto alla luce del sole e che li rese definitivamente riconoscibili come oppositori del regime.
Quella speranza durò poco: dopo l’8 settembre 1943, con l’occupazione tedesca del Nord Italia e la nascita della Repubblica Sociale Italiana la situazione precipitò dando il via ad una fase di violenza e repressione che trasformò l’antifascismo in una scelta di vita o di morte.
Dalla solidarietà alla Resistenza armata
Dopo l’armistizio, la casa dei Cervi divenne un punto di riferimento per renitenti alla leva della RSI, prigionieri alleati in fuga e primi gruppi partigiani della pianura reggiana: i fratelli offrirono rifugio, aiuti materiali e supporto logistico, partecipando attivamente alla costruzione della Resistenza.
Questo impegno li espose direttamente alla repressione fascista, tanto che il 25 novembre 1943 furono arrestati insieme al padre Alcide e rinchiusi nel carcere dei Servi di Reggio Emilia.
Perché furono fucilati i fratelli Cervi
La fucilazione dei fratelli Cervi avvenne il 28 dicembre 1943: non ci fu processo né condanna formale. La loro morte fu una rappresaglia decisa dalle autorità della Repubblica Sociale Italiana in seguito a un attentato partigiano che aveva causato la morte di un esponente fascista a Reggio Emilia.
I fratelli Cervi furono fucilati dai fascisti della RSI, in un contesto di occupazione nazista e guerra civile: non si trattò di un atto isolato, ma di una pratica repressiva sistematica.
La memoria, il 25 aprile e la storia dei fratelli Cervi
Il padre Alcide Cervi, sopravvissuto alla guerra, trasformò il dolore in testimonianza civile, dedicando il resto della sua vita a raccontare la storia dei figli in tutta Italia e contribuendo a farne un patrimonio condiviso.
Oggi la loro casa ospita l’Istituto Alcide Cervi, uno dei principali centri di studio sulla Resistenza italiana, e la loro storia viene ricordata ogni 25 aprile come simbolo dell’antifascismo. La vera storia dei fratelli Cervi non è una narrazione retorica, ma il racconto di uomini comuni che decisero di non adattarsi alla violenza e all’ingiustizia del loro tempo.
Paola Greco
Foto di apertura: Alcide Cervi, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons