Giulio Andreotti, il più longevo e controverso politico della storia repubblicana

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Sette volte capo del Governo e 21 incarichi ministeriali. Ma anche l’ombra della mafia: la vita del “Divo”.

Giulio Andreotti (1919-2013) è stato uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana, primo partito italiano per la maggior parte della seconda metà del XX secolo. Sempre presente in parlamento dal 1948 al 2013 (prima come deputato e poi come senatore a vita), Andreotti ha presieduto sette governi ed è stato per 21 volte ministro in numerosi dicasteri. Nella sua vita anche l’ombra della mafia: ecco la storia del più longevo e controverso politico della storia repubblicana.

Giulio Andreotti, una vita tra luci e ombre

Ripercorriamo la vita e la carriera politica di Andreotti, fatta di tante luci e anche parecchie ombre.

Gli anni universitari (Fuci)

Giulio Andreotti nasce a Roma il 14 gennaio 1919. Dopo avere completato la scuola dell'obbligo nel Liceo Classico Torquato Tasso, si laurea in giurisprudenza all'Università La Sapienza con una tesi in diritto canonico. Molto credente, nel corso degli anni universitari aderisce alla FUCI, la Federazione universitaria cattolica italiana: nel 1939 viene chiamato dal presidente Aldo Moro ad assumere la direzione della rivista “Azione fucina”. Diventa poi presidente della FUCI quando Moro viene chiamato alle armi durante la Seconda guerra mondiale.

Esordi in politica

Come presidente della FUCI, Andreotti viene chiamato alle riunioni clandestine di preparazione della Democrazia Cristiana da Giuseppe Spataro e avvia la collaborazione con Alcide De Gasperi, che ha conosciuto casualmente alla Biblioteca Vaticana. Nel 1945, finita la guerra, quest’ultimo lo designa come componente della Consulta Nazionale. L’anno successivo Andreotti, appena 26enne, viene eletto deputato all’Assemblea Costituente nelle liste della Democrazia Cristiana per il collegio del Lazio. E qui sarà sempre confermato deputato alla Camera in ogni tornata elettorale fino al 1987, sempre con un amplissimo numero di preferenze.

Giulio Andreotti e la Democrazia cristiana

Esponente di primo piano del mondo cattolico, nel 1947 Andreotti viene nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio da De Gasperi: manterrà l’incarico fino al governo Pella del 1954. In questo anno diventa per la prima volta ministro, entrando a far parte del breve primo governo Fanfani come titolare degli Interno. Considerando anche gli incarichi ad interim, Andreotti sarà infatti per ben 34 volte Ministro della Repubblica.

Quanto è stato al governo Giulio Andreotti

Nel corso della sua lunga carriera politica, Andreotti presiede sette governi: presidente del Consiglio dal 18 febbraio 1972 all’8 luglio 1973 (due governi), dal 30 luglio 1976 al 5 agosto 1979 (tre governi) e dal 23 luglio 1989 al 28 giugno 1992 (due governi), rimane a Palazzo Chigi per un totale di 2.652 giorni, equivalenti a 7 anni, 3 mesi e 7 giorni. Non è però primatista né di governi presieduti (De Gasperi ne guidò otto), né per giorni in carica come primo ministro (Silvio Berlusconi è arrivato a 3.339).

Il Processo Andreotti

A cavallo tra XX e XXI secolo, Andreotti è imputato in un procedimento penale per i reati di partecipazione ad associazione 'semplice' (art. 416 c.p.) e mafiosa (art. 416 bis c.p.). Il processo viene celebrato, nei suoi tre gradi di giudizio, presso le autorità giudiziarie di Palermo, Perugia e Roma tra il 1993 e il 2004.

Giulio Andreotti a la mafia siciliana

Il “processo Andreotti” nasce come filone investigativo connesso alle indagini sull’omicidio dell’eurodeputato democristiano Salvo Lima, avvenuto a Mondello nel 1992. Diversi collaboratori di giustizia, nel corso delle deposizioni, riferiscono di legami tra la vittima, Andreotti e Cosa Nostra. Baldassare Di Maggio racconta di un bacio tra Andreotti e Totò Riina, Leonardo Messina afferma di aver sentito che il politico è un “uomo d’onore”, Giovanni Brusca e Tommaso Buscetta lo collegano all’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Certamente, nel 1979 la fotografa Letizia Battaglia lo immortala all’Hotel Zagarella insieme agli esattori mafiosi Salvo, incontro sempre smentito in aula.

Giulio Andreotti e il “reato commesso fino al 1980”

Il processo di primo grado si apre il 26 settembre 1995 nell'Aula bunker del carcere dell'Ucciardone: Andreotti, imputato per associazione per delinquere e associazione mafiosa, viene assolto il 23 ottobre 1999. La Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 2 maggio 2003, dichiara poi commessi ma prescritti i reati anteriori alla primavera del 1980, confermando invece l'assoluzione per tutti gli avvenimenti successivi. La corte motiva la sentenza con il fatto che, dall'assassinio del presidente democristiano della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, Andreotti ha mutato atteggiamento portando avanti «un incisivo impegno antimafia condotto nella sede sua propria dell'attività politica». Sia l'accusa che la difesa presentano ricorso in Cassazione, che il 15 ottobre 2004 conferma la prescrizione per qualsiasi ipotesi di reato fino alla primavera del 1980 e l'assoluzione per il resto. Nel corso degli anni, la figura di Andreotti è inoltre oggetto polemiche di varia natura: sempre nel 1993 viene accusato di essere il mandante dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Viene inoltre accostato alla loggia massonica P2 (di cui sarebbe stato il capo occulto) e al Golpe Borghese (poi fallito).

Gli ultimi anni e la morte del politico più longevo della storia repubblicana

Senatore a vita dal 1991, l’anno successivo Andreotti è tra i candidati alla successione di Francesco Cossiga come Presidente della Repubblica. La strage di Capaci orienta poi la scelta dei parlamentari verso Oscar Luigi Scalfaro. Dopo aver sfiorato la Presidenza del Senato al senatore a vita 2006, Andreotti muore il 6 maggio 2013 a Roma, all’età di 94 anni. Dopo le esequie funebri la salma del “Divo” viene sepolta nel Cimitero monumentale del Verano.

La figura di Andreotti tra cinema, musica a satira

Nel corso dei decenni Andreotti è oggetto di numerose imitazioni. Memorabile quella di Alighiero Noschese nel programma “Formula Due” del 1973: la madre di Andreotti, spettatrice tv, non si accorge della finzione tanto da telefonare al figlio per rimproverarlo. Imitato dal Bagaglino, nel 1988 con grande ironia è ospite di una storica puntata di Biberon registrata al Salone Margherita. Citato da Totò nel film Gli onorevoli del 1963 («Non c'è rosa senza spine, non c'è governo senza Andreotti»), nel 1983 appare nel film Il tassinaro con Alberto Sordi. Tre anni dopo, un finto Andreotti appare ne Il commissario Lo Gatto. con Lino Banfi. Nel 2005 recita in uno spot tv per la compagnia telefonica 3, accanto a Claudio Amendola e Valeria Marini. Soprannominato "Divo Giulio" da Pecorelli, alla vita di Andreotti è ispirato appunto film Il divo di Paolo Sorrentino, in cui è interpretato da Toni Servillo. Ne la mafia uccide solo d'estate di Pif il protagonista, da bambino, sviluppa un’ossessione per Andreotti, dopo averlo visto ospite al Maurizio Costanzo Show. Nel film Il Traditore di Marco Bellocchio, Andreotti - interpretato da Pippo Di Marca - incontra Buscetta in una sartoria. Il politico italiano più controverso è protagonista anche nella musica: nel 1992 Pierangelo Bertoli e Francesco Baccini gli “dedicano” due canzoni e sempre Andreotti è al centro di Io so tutto di Fabrizio Moro, lanciata nel 2013.

Frasi attribuite a Giulio Andreotti

Sono tante le frasi famose coniate o attribuite ad Andreotti, personaggio dotato di grande ironia.

  • «Lavorare molto mi è sempre piaciuto. È una utile deformazione»
  • «A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente di tutto»
  • «Non basta avere ragione: bisogna avere anche qualcuno che te la dia»
  • «Sono consapevole dei miei limiti, ma sono anche sicuro di non essere circondato da giganti» sono sue.

 

La frase “andreottiana” più celebre, ovvero «Il potere logora chi non ce l'ha», fu invece pronunciata per la prima volta dal politico francese Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord e solo citata dal “Divo”. Che, dopo la caduta del muro di Berlino, disse: «Amo talmente tanto la Germania che ne preferivo due». Anche in questo caso si rifece a una frase già pronunciata, da François Mauriac. Famosissima anche «A pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si azzecca», che però appartiene a Pio XI.

Metteo Innocenti