Gino Bartali, il Giusto: storia di un grande ciclista e uomo

Gino Bartali è stato un uomo ancor più grande delle sue vittorie. Ecco un riassunto della vita del "Giusto tra le nazioni".
Il 5 maggio non è solo una data scolpita nella storia e nella letteratura per la morte di Napoleone e la poesia di Manzoni ad egli dedicata: è anche l’anniversario della scomparsa di Gino Bartali (Bagno a Ripoli, 18 luglio 1914 – Firenze, 5 maggio 2000). A distanza di 25 anni, il suo nome brilla ancora per le imprese sportive, ma ancor di più per il suo coraggio silenzioso, lontano dai riflettori, durante gli anni più bui del nostro Novecento. La sua storia è quella di un campione che ha saputo unire la fatica dello sport all’etica del coraggio, meritandosi non solo vittorie su due ruote, ma anche il titolo di “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato centinaia di ebrei perseguitati.
Gino Bartali: riassunto di una carriera leggendaria
Gino Bartali era prima di tutto un uomo perbene: un uomo mite, dagli altissimi valori morali e sportivi, con un fortissimo senso del dovere e della giustizia. Anche se non era andato oltre le elementari, non ha mai smesso di imparare, ritenendo l’istruzione, al pari dello sport, una “sfida continua che dura tutta la vita”.
Nella sua carriera di atleta pare abbia percorso qualcosa come oltre 700 mila chilometri in bicicletta: praticamente l’equivalente di un viaggio sulla Luna, andata e ritorno. La carriera di Bartali fu costellata da trionfi memorabili: iniziò a gareggiare a 17 anni, diventando protagonista indiscusso del ciclismo, sia italiano che internazionale.
Vinse due Giri d’Italia consecutivi nel 1936 e nel 1937, ma la sua carriera fu interrotta dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Tornò a vincere nel 1946, subito dopo la fine del conflitto, in un’Italia ferita che cercava di rialzarsi. Nel 1938, Bartali vinse anche il Tour de France, diventando il primo italiano a vincerlo dopo Ottavio Bottecchia. Il secondo Tour lo conquistò dieci anni dopo, nel 1948, in quella che viene ricordata come una delle rimonte più incredibili della storia del ciclismo. In quell’occasione, Bartali collezionò tre vittorie di tappa consecutive, ribaltando la classifica generale e donando al Paese una boccata d’ossigeno in un momento di tensione politica estrema. Vinse anche numerose altre corse tra gli anni ‘30 e ‘50, per un totale di 124 vittorie.
La rivalità con Fausto Coppi
La sua rivalità con Fausto Coppi più giovane di 5 anni (che di vittorie ne collezionò 122), contribuì nel secondo dopoguerra a rendere il ciclismo uno sport di massa: i due gareggiarono dominando la scena, alternandosi nelle vittorie come in una danza. Una curiosità che riguarda Gino Bartali e Fausto Coppi: i due sono i protagonisti di una delle foto più famose della storia del ciclismo mondiale, certamente la più iconica dello sport italiano! Coppi e Bartali sono i ciclisti che si passano la borraccia sulla salita polverosa del Col du Télégraphe al Tour de France del 1952, immortalati in un gesto di solidarietà che dà il senso profondo di cosa dovrebbe essere lo sport. Il fatto che non si capisca dallo scatto chi stia ricevendo e chi stia invece passando l’acqua in un momento di grandissima fatica aggiunge un ulteriore guizzo di straordinario fair play, imprimendo importanza semplicemente al gesto che è diventato in tal modo modello di lealtà e rispetto tra avversari.
Gino Bartali e gli ebrei: il coraggio della coscienza
Se le sue gesta sportive sono state ampiamente documentate ed hanno negli anni infiammato gli animi, solo verso la fine del secolo e della sua vita si è saputo della sua attività clandestina durante la Seconda Guerra Mondiale, contro la barbarie nazifascista. Gino Bartali, sfruttando la sua notorietà e la copertura degli allenamenti in bicicletta, era impegnato come messaggero tra gli ambienti toscani della Resistenza e il Vaticano. Un ruolo di postino che svolgeva nascondendo nella canna della bici lettere che evitava di leggere.
Ma Bartali in prima persona pare non abbia mai fatto cenno alle sue missioni più importanti, nell’organizzazione di aiuto ai perseguitati: quelle tra Firenze e Assisi per procurare, con lo stesso sistema, i documenti necessari per salvarsi a chi rischiava la deportazione. La memoria di quelle pedalate eroiche voleva fosse solo sua: preferiva essere ricordato esclusivamente per le sue straordinarie imprese sportive. Non si vantò mai di queste azioni. Gino Bartali, anche nella vita privata, amava ripetere come un mantra: "Il bene si fa, ma non si dice” e certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca.
Riconoscimenti per il suo impegno contro il nazifascismo
Quelle medaglie arriveranno postume, quando non potrà più far niente per nascondere il suo grande senso civico ed il suo eroismo: nel 2005, a 5 anni dalla sua morte - avvenuta ad 85 anni a causa di un infarto - il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha attribuito a Gino Bartali la Medaglia d’oro al merito civile della Repubblica italiana. Nella motivazione ufficiale del prestigioso riconoscimento si legge: “Collaborò con una struttura clandestina che diede ospitalità ed assistenza ai perseguitati politici e a quanti sfuggirono ai rastrellamenti nazifascisti in Toscana, riuscendo a salvare circa 800 cittadini ebrei”.
Nel 2013 lo Yad Vashem, l’ente nazionale per la memoria della Shoah di Gerusalemme, ha proclamato Gino Bartali “Giusto tra le Nazioni”, facendo incidere il suo nome sul muro d’onore del Giardino dei Giusti: un onore che questa istituzione attribuisce, dopo lunghi studi e rigorose verifiche, ai non ebrei che abbiano salvato vite durante la Shoah. Il suo nome figura accanto a quelli di uomini e donne che, rischiando tutto, anche la propria vita, hanno scelto di non voltarsi dall’altra parte all’epoca del genocidio nazista.
Il 2 maggio 2018 inoltre, lo Stato di Israele ha ufficialmente dichiarato Gino Bartali “cittadino onorario” e subito dopo, il 4 maggio, la centunesima edizione del Giro d’Italia è partita da Gerusalemme, proprio in memoria di Gino Bartali e della sua attività per salvare gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
Vita privata e curiosità su Gino Bartali
Bartali era un uomo di profonda fede cattolica e valori semplici. Si sposò con Adriana Bani e dal loro matrimonio nacquero tre figli. Nonostante la fama, visse sempre con modestia, conducendo, una volta ritiratasi dalla scena pubblica, una vita riservata e lontana dai riflettori, ma il suo nome continua a essere sinonimo di grandezza sportiva e integrità morale.
Tra le curiosità che lo riguardano, si racconta che nel 1948, quando l’Italia rischiava la guerra civile dopo l’attentato a Togliatti, fu lo stesso Alcide De Gasperi a telefonargli chiedendogli di vincere il Tour de France per distrarre gli animi e unire il Paese. Bartali rispose con una rimonta leggendaria che ancora oggi fa parte del mito nazionale.
Ricordare Gino Bartali significa rendere omaggio non solo a un grande campione, ma a un simbolo di coraggio, umanità e coerenza morale. La sua vita è un esempio di come lo sport possa diventare uno strumento di giustizia, di resistenza e di salvezza. In un’epoca in cui la memoria vacilla e gli eroi si consumano in fretta, Bartali resta una figura incrollabile, un uomo che ha saputo pedalare controvento nella storia, fino alla Luna.
Paola Greco
Foto di apertura: Unknown (Mondadori Publishers), Public domain, via Wikimedia Commons