Escher e l'arte di mondi impossibili

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Famoso per le sue iconiche illusioni ottiche, le stampe e le litografie che giocano con la simmetria fino alla realizzazione di costruzioni impossibili, il grafico olandese Maurits Cornelis Escher è sicuramente ritenuto un genio delle arti grafiche. Conosciamolo meglio.

Maurits Cornelis Escher, ha dipinto il suo personale cosmo in bianco e nero su paradossi geometrici e compositivi. A chiunque si faccia il suo nome, compaiono scale che, pur seguite gradino per gradino, non portano a nulla, a pavimenti che sono soffitti, visioni metamorfiche e infinite, insomma sempre l'immaginazione del grafico olandese e di noi va a mondi impossibili. 

 

Breve biografia

Escher nasce a Leeuwarden (a nord dei Paesi Bassi) come quarto e più giovane figlio. Dopo cinque anni la famiglia si trasferisce ad Arnhem, dove trascorre gran parte della sua giovinezza. Con scarsi risultati a scuola, Mauk – come veniva chiamato in famiglia – sceglie di frequentare la Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, decidendo già dopo una settimana di dedicarsi esclusivamente allo studio delle arti grafiche, scelta supportata dal suo maestro Samuel Jesserun de Mesquita, cui ha mostrato i suoi disegni e le sue incisioni su linoleum. Dunque, imbocca la strada che lo renderà celebre in tutto il mondo come litografo. Durante la sua vita, Escher ha realizzato 448 litografie, xilografie e incisioni su legno e più di 2000 disegni e schizzi. Proprio come alcuni dei suoi famosi predecessori – Michelangelo, Leonardo da Vinci, Dürer e Holbein – Escher è mancino.

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Escher e il periodo italiano

Conclusi gli studi, fa il suo personale Grand Tour in Italia, dove incontra e sposa nel 1924 Jetta Umiker, con cui vive a Roma fino al 1935, e studia le architetture irreali di Piranesi. Durante questi 11 anni Escher viaggia ogni anno attraverso l'Italia dove realizza disegni e schizzi che poi utilizza per le sue litografie e xilografie.

Appartengono al suo periodo italiano la litografia Waterfall (1961), che illustra già una delle caratteristiche tipiche del grafico: i circuiti chiusi. Il flusso d'acqua, cadendo dall'alto, mette in funzione un mulino il quale, a sua volta, spinge il flusso in un canale che, zigzagando in modo tutt'altro che fluido, torna all'inizio della cascata, così il moto dell'acqua ritorna in continuazione alla ruota del mulino in un movimento perpetuo che viola la legge di conservazione dell'energia.

Durante il periodo in cui lavora in Italia, realizza opere anche più realistiche, come la xilografia Pineta di Calvi (1932), i cui alberi sono riflessi nella pozzanghera della xilografia Puddle (1952).

Nella litografia di Castrovalva, comune abruzzese visitato con l'immaginazione da Escher secondo insoliti punti di vista, in cui si può vedere il suo fascino per la prospettiva: vicina, lontana, alta e bassa, destra e sinistra. Allo stesso modo è la litografia Atrani, piccolo paese a picco sulla costiera amalfitana, che realizza nel 1931 e ritorna nei suoi capolavori Metamorfosi I e II.

 

Metamorfosi II

Metamorfosi II (1939), è una xilografia lunga quattro metri. La struttura, densa di richiami alla geometria, rinvia a un percorso circolare in cui tutti i soggetti rappresentati si trasformano rapidamente in qualcosa d'altro, dalle lucertole all’alveare, dagli uccelli al duomo di Atrani, in un continuo processo di mutazione. La metamorfosi più identificante con l'autore è quella di Il giorno e la notte (1938), in cui lotti di terra e d'acqua mutano forma in gabbiani che si rincorrono e inseguono in volo nel cielo, illusione resa grazie all'uso del bianco e nero, pieno e vuoto: accostando diverse tassellature si hanno vortici di trasformazioni, forme astratte diventano forme animate. Elementi antitetici convivono, come giorno e notte, bene e male. Le metamorfosi saranno composizioni costanti nella produzione di Escher che, trent'anni dopo, nel '69 realizza Metamorfosi III, una pittura murale di quaranta metri per decorare l'Ufficio postale dell'Aia. 

Durante la Seconda guerra mondiale, vive nella Svizzera neutrale, dove realizza 62 dei 137 disegni simmetrici che realizzerà nella sua vita. 

Gioca con l'architettura, la prospettiva e gli spazi impossibili. La sua arte continua a stupire e meravigliare milioni di persone in tutto il mondo. Nel suo lavoro riconosciamo la sua immaginifica osservazione del mondo che ci circonda, riprodotto attraverso la sua espressione e fantasia. Escher ci mostra che la realtà è meravigliosa, comprensibile e affascinante.

 

Mano con sfera riflettente

La sua poetica subì anche l'influenza della pittura fiamminga: soprattutto nei ritratti, usa le tecniche grafiche quasi come la pittura ad olio, capace di rendere visibili i dettagli più diafani, assottigliando sempre di più i tratti neri, sino a lasciarli bianchi. È incredibile in tal senso il suo autoritratto allo specchio in Mano con sfera riflettente, nel quale addirittura sfrutta uno dei soggetti propri della pittura dei suoi antenati artistici: lo specchio convesso (massimo è l'esempio dei Coniugi Arnolfini di Jan van Eyck). Mano con sfera riflettente sembra un olio su tela, tanto è raffinata la tecnica che Escher impiega, senza rinunciare agli altri suoi elementi caratterizzanti: la deformazione dell’immagine e anche la cura dei dettagli rendono l’idea dello studio meticoloso che Escher fa con la palla riflettente. Anche in quest'opera c’è una sensazione di continuità, il resto non si vede, non perché non c’è o è delimitato, soltanto perché non è riflesso. Per quest'opera sfrutta l’effetto “Droste”, così come in una delle sue ultime opere, intitolata “Gallerie di stampe”. Un’immagine in cui è presente l’effetto Droste possiede una piccola immagine di se stessa, localizzata dove dovrebbe trovarsi se si trattasse di un’immagine reale. Questa piccola immagine inoltre contiene a sua volta una versione ancora più ridotta di se stessa, e così via. Tecnicamente non c’è limite al numero di iterazioni,  si continua fino a quando la risoluzione permette di distinguere un cambiamento. 

La strada verso la fama di Escher

È famoso soprattutto per i suoi cosiddetti disegni impossibili, come Salire e scendere (Ascending and Descending) (1960) una fortezza che collega le sue due torri arrampicando scale percorse da abitanti, che paiono automi che camminano in un percorso circolare fatto di scalini; solo due di loro sono fermi, uno siede sulla scala d'ingresso, l'altro guarda verso i processanti da una terrazza. Non dissimile è la celebre Relativity (1953), litografia di nuovo attraversata da manichini automi servitori che salgono o scendono (la Relatività non sa dirlo) le scale di un interno, la cui forma è definita dalle tre gradinate principali è una famosa “forma impossibile”, chiamata triangolo di Penrose. È impossibile perché complicata da molteplici orientamenti e sorgenti simultanei di gravità. Un interno in forte contrasto con l'idillico mondo esterno che si vede dagli archi in cima a ogni scalinata. Così la “realtà” che disegna Escher cambia completamente, a seconda di come la si guarda.

 

Air and Water I

Air and Water I (1938) richiama l'esercizio delle Metamorfosi, facendo volare nel cielo volatili neri di varie specie che sempre di più scendono sino a filo d'acqua per mutare in pesci bianchi squamati in nero, gli animali di Aria e acqua I si incastrano l'uno nell'altro come i pezzi di un puzzle a losanga - nella parte centrale e transitoria delle stampe. In questo strato centrale gli elementi pittorici sono uguali: uccelli e pesci sono alternativamente in primo piano o sullo sfondo, a seconda che l'occhio si concentri su elementi chiari o scuri. Gli uccelli assumono una crescente tridimensionalità verso l'alto e il pesce verso il basso. Ma man mano che i pesci avanzano verso l'alto e gli uccelli verso il basso, perdono gradualmente le loro forme per diventare rispettivamente uno sfondo uniforme di cielo e acqua.

 

Rettili

A unire i protagonisti delle opere precedenti è la celebre litografia di Escher Rettili (1943). Qui si distinguono questi animali che si arrampicano su un libro: sulla quinta di destra del disegno emergono da un puzzle nella realtà tridimensionale, prendono vita e sembrano strisciare su una serie di oggetti simbolici (un libro sulla natura, un triangolo del geometra, un dodecaedro tridimensionale, una ciotola di peltro contenente una scatola di fiammiferi e una scatola di sigarette) per rientrare nel disegno nella quinta opposta. Altri oggetti sulla scrivania sono un cactus in vaso e yucca, una fiaschetta di ceramica con un tappo di sughero accanto a un piccolo bicchiere mezzo vuoto, un libretto intitolato JOB, cartine, e un libro di note aperto scritto a mano di molte pagine. I rettili in arrampicata sembrano ibridi (ancora la trasformazione) tra gechi, coccodrilli, e quella in cima al dodecaedro ha un soffio di fumo simile a un drago che fluttua dalle sue narici.

 

Corteggiato dal mondo della musica

Le deformazioni spaziali capaci di creare mondi alternativi prodotte da Escher furono apprezzate non soltanto dai matematici ma anche dagli hippies che iniziarono a usare liberamente queste immagini nella loro iconografia, vivendole come esperienze psichedeliche. Nel 1969 Mick Jagger scrisse a Escher per chiedergli la creazione di un'opera da utilizzare come copertina per un album dei Rolling Stones, ma l'artista olandese gliela negò sottolineando la distanza e l'autonomia delle proprie creazioni dalle ideologie e dalla cultura ribelle degli anni Sessanta del Novecento. Escher invece concesse l’uso di una sua litografia ai Pink Floyd per la cover di On the run.

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LO SPAZIO NELL’OPERA DI ESCHER

Nonostante Escher si sia presto stufato degli studi di architettura, in tutte le sue opere indaga gli spazi in relazione con i suoi abitanti sempre in modo originale. Douglas R. Hofstadter, che con Gödel, Escher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante, guadagnò il Pulitzer, in questo libro afferma: “L'opera di Maurits Cornelius Escher rappresenta una delle parabole più affascinanti ed enigmatiche dell'arte del nostro secolo. Da un lato colpisce per la sua modernità, testimoniata dai sorprendenti legami con le scienze più avanzate. Dall'altro approfondisce temi eterni: il rapporto che lega la realtà e la sua rappresentazione, lo spazio e il tempo; e ancora, le affascinanti ambiguità tra simmetria e asimmetria, finito e infinito, differenza e ripetizione. Il risultato è un intricato gioco di dimensioni e prospettive, al limite del paradosso, che induce l'osservatore a scoprire le abitudini e gli inganni dei propri sensi. Escher però non è un surrealista che ci rapisce in mondi fantastici. E' piuttosto un costruttore di mondi impossibili, che nelle sue opere rappresenta con rigore e legittimità quel che è realmente impossibile”. 

Sebbene Hofstadter non lo ritenga un surrealista, gli riconosce l'approfondimento del legame tra la realtà e la sua rappresentazione, tipica del maestro dell'avanguardia novecentesca, René Magritte, il quale dipinge una pipa e sotto scrive “Questa non è una pipa”, perché quella da lui rappresentata nessuno del mondo reale potrebbe fumare. In altre opere il pittore belga parla di Tradimento delle immagini.  Escher pare muoversi nei suoi spazi allo stesso modo: lo spazio rappresentato è reso sempre impossibile perché di fatto non esiste. È per questo che lo sottrae alle leggi della gravità e della fisica più in generale, per renderlo impossibile. Anche chi lo abita non può essere, per questo percorrono i suoi spazi automi, muta-forma o animali ibridati. È per questo che gli animali disegnati in Rettili perdono le regole della tridimensionalità che invece giustamente ritorna in quei rettili che riescono a emergere anche visivamente nelle realtà dove ritornano in vigore tutte le regole della geometria, richiamate dalla presenza di poligoni solidi e non. Ma essendo pur sempre all'interno di una rappresentazione, ibrida anche i rettili che provano invano a diventare reali. 

Prendendo in esame soltanto gli ultimi capolavori sopracitati, si può notare che, per esempio, il triangolo di Penrose, o “triangolo impossibile” è un oggetto impossibile, ovvero può esistere solamente come rappresentazione bidimensionale e non può essere costruito nello spazio, poiché presenta una sovrapposizione impossibile di linee con differenti costruzioni prospettiche. La prospettiva era stata reintrodotta nel Rinascimento proprio per razionalizzare lo spazio, misurandolo, Escher la confonde in ogni sua opera, confrontandoci attivamente con i tantissimi paradossi prospettici, geometrici e compositivi che stanno alla base delle sue opere. È difficile in ognuna trovare un unico punto di fuga, infatti, Escher ama giocare con la moltiplicazione dei piani, che fu una delle principali abilità dell’artista olandese. L’utilizzo di diversi punti di vista e di piani prospettici lasciano lo spettatore incuriosito e straniato di fronte a tanta complessità geometrica. I processi ricorsivi, come il moto perpetuo, dove un trucco percettivo-prospettico permette all’acqua di una cascata di azionare un mulino e tornare ad alimentare la stessa cascata, e l’effetto Droste (il nome deriva dalla scatola del cacao olandese, su cui era presente l’immagine di un’infermiera che teneva in mano un vassoio con una tazza e una scatola che riproducevano la stessa immagine in miniatura): un'immagine in cui è presente l'effetto Droste ha all’interno un'altra piccola immagine di se stessa, che a sua volta ne contiene un’altra più piccola e così via, teoricamente all’infinito. Allo stesso modo le tassellature degli spazi bi e tridimensionali, impieganti tessere ripetute con tutte le possibili variazioni di forma e di dimensioni producono questo effetto Droste. 

In Salire e scendere si può continuare a salire o scendere le scale senza andare più in alto o più in basso! La struttura della scala di Salire e scendere si basa, essenzialmente, su una scala impossibile di Penrose, che mostra, in pratica, l’illusione detta dello Strange loop (letteralmente “un anello strano”). Scrive, infatti, Hofstadter: “Il fenomeno dello Strange loop consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza. Il salire una scala e ritrovarsi ai piedi della scala. È un fenomeno che Escher ha disegnato, che Bach ha messo in musica, e che Godel ha posto al centro del teorema che porta il suo nome”. Innumerevoli studi hanno cercato di sbrogliare il mistero dei mondi impossibili di Escher, impossibili perché proprio il litografo olandese chiede a noi che guardiamo le sue opere: “Siete davvero sicuri che un pavimento non possa essere anche un soffitto?”.

Laura Cusmà Piccione