Pablo Neruda: vita e opere del poeta dell’amore

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Poeta dell’amore per eccellenza, ma anche uomo politico e militante, e vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1971. Conosciamolo più da vicino, scoprendone vita e opere.

Pablo Neruda è un poeta civile di sinistra cileno. Gabriel García Márquez lo definisce “il più grande poeta del XX secolo, in qualsiasi lingua”. Dalla lunga striscia cilena è emerso come uno dei più famosi poeti del Novecento, sia per il valore delle sue opere letterarie che per il suo impegno politico contro i regimi, a causa del quale è possibile che sia stato avvelenato.

Biografia di Pablo Neruda

La mia vita è una vita fatta di tutte le vite: le vite del poeta” scrive Pablo Neruda nella nota introduttiva di Confesso che ho vissuto. È davvero così perché Ricardo Eliécer Neftalí Reyes, a causa delle ostilità del padre alla sua precoce attività lirica, pubblicherà le sue prime poesie sotto diversi pseudonimi di cui nel 1920 Pablo Neruda è l'ultimo e definitivo, preso a prestito da un ceco, ignorando che fosse a sua volta un grande scrittore amato da tutto un popolo, proprio come accadrà a Ricardo.

Neruda nasce a Parral il 12 luglio 1904, rimane orfano di madre a soli 2 mesi e di padre e matrigna nel 1938. È interessato sin dai primi studi alla letteratura e alla scrittura in versi, avversato dal padre ma incoraggiato dalla poetessa Gabriela Mistral.

Nel 1921 si trasferisce a Santiago del Cile e si iscrive all'istituto pedagogico dell'università del Cile per studiare pedagogia in francese. Inizia negli stessi anni a scrivere e pubblicare le sue prime opere, che riscuoteranno sempre maggior successo di pubblico e di critica, finché nel 1971 è insignito del premio Nobel per la Letteratura.

Non portò a termine gli studi universitari ed entrò nel corpo diplomatico cileno come figura di spicco di sinistra. E' celebre in tutto il mondo, soprattutto nel suo Paese: ha rivestito in Cile incarichi di primo piano, diplomatici e politici, come quello di senatore. È conosciuto per la sua adesione al comunismo, per cui subì censure e persecuzioni politiche, dovendo anche espatriare a causa della sua opposizione al governo autoritario di Gabriel González Videla (che Neruda chiamerà il “Giuda cileno” quando Videla diventa anticomunista); venne anche candidato a presidente del Cile nel 1970, ma si ritirò per appoggiare il socialista Salvador Allende.

Dopo diversi attacchi a Videla, gli viene tolta l'immunità parlamentare e riceve un mandato di cattura. il 3 febbraio 1948 Neruda diventa clandestino mentre da ogni parte del mondo gli arrivano manifestazioni di solidarietà e la gente lo aiuta a nascondersi. Per le difficoltà economiche, accetta un incarico poco consono alle sue inclinazioni; diventa console onorario in Birmania e nell’Isola di Giava.

Sposa una banchiera olandese, e, dal 1926 al 1943, grazie alla brillante carriera intrapresa, ha occasione di viaggiare come rappresentante diplomatico del suo paese. Nel 1934 si stabilisce a Madrid dove stringe amicizia con i maggiori intellettuali del periodo, tra cui Rafael Alberti e Federico Garcìa Lorca, e fonda la rivista letteraria "El caballo verde".

Durante la sua permanenza in Spagna, subisce il fascino della poesia locale e continua a comporre liriche, prendendo una posizione decisiva durante la guerra civile spagnola contro la nascente dittatura di Francisco Franco. Ritorna in Cile nel 1944 e s’iscrive al Partito Comunista Cileno. Viene eletto senatore, ma dal 1948 al '52 viene continuamente perseguitato per le sue posizioni contro Videla alla cui elezione aveva contribuito lui stesso.

Nel 1971 vince il premio Nobel per la letteratura. Il 23 settembre 1973, Neruda muore ufficialmente di tumore ma in circostanze ritenute dubbie.

Infanzia e formazione

Ricardo nasce a Parral il 12 luglio 1904. Anche la madre, morta quando lui ha solo 2 mesi, era donna pensierosa e scriveva in versi. Poi la famiglia si trasferisce nel Sud del Cile a Temuco. Il padre fa il macchinista dei "treni della ghiaia" e da piccolo Ricardo lo accompagna nei boschi a caricare il pietrisco. Dopo la morte della madre, il padre si risposa con una donna descritta dal poeta come angelica protettrice della sua infanzia.

Nel 1910 inizia la scuola e subito le prime voraci letture, con una passione per i personaggi eroici e avventurosi: da Sandokan a Buffalo Bill. Al liceo la poetessa Gabriella Mistral – la prima donna sudamericana a vincere il Nobel per la Letteratura nel 1945 – è sua insegnante. Mistral affascina il giovane Neruda nel quale infonde la profonda e angosciante visione del mondo dei romanzieri russi con predilezione per Tolstoj, Dostoevskij, Cechov.

In quegli anni Neruda si descrive così: “Andavo vestito da poeta, a lutto stretto, lutto per nessuno, per la pioggia, per il dolore universale”. La pioggia caratterizza Temuco e quindi tutta la poesia del poeta tracciandovi una sorta di geografia interiore. Dopo il liceo, si iscrive all'istituto pedagogico dell'università del Cile per studiare pedagogia in francese.

La passione per la letteratura

La passione per la letteratura è una costante della formazione di Neruda e più varia prima di quella russa: saltava in modo febbrile da Ibsen a Rocambole, attraverso Vargas Villa, Strindberg, Gorkij e Felipe Trigo. Nel marzo 1921 va all'università di Santiago del Cile, dove si fa subito notare come scrittore.

Indossa come studente il mantello da ferroviere del padre, capo che detta tendenza tra i giovani poeti. I tempi sono difficili: Neruda scrive nelle sue memorie che viveva in miseria e con gente sconosciuta: “Il mondo si fece più sporco più scuro e doloroso”. Si iscrive all'università del Cile; nei primi tempi alloggia in una pensione per studenti dove compone 4/5 poesie al giorno.

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Foto www.educarchile.cl, Public domain, via Wikimedia Commons

Le prime pubblicazioni

Le prime opere poetiche di Neruda osservano la retorica più tradizionale, pur lasciando già intravedere una padronanza linguistica eccezionale che gli vale vari premi locali importanti. Negli anni '20 scrive le prime poesie che entreranno a far parte della raccolta Los crepuscolos e che lo consacreranno poeta nel 1921 alla Cancion della Fiesta presentata al concorso indetto dalla federazione degli studenti del Cile.

La raccolta Los crepusculos è intitolata ai tramonti che il sedicenne Neruda ammira dal balcone dell'umile pensione. Per pagarne la stampa vende mobili, l'orologio e il mantello regalatigli dal padre. Il libro ha una diffusione straordinaria anche tra persone non aduse alla poesia, che imparano ad amare questi versi appassionati e semplici, tutti sensualità e malinconia. Neruda lo definirà un libro “infantile”, ma è proprio questa la sua forza perché va dritto al cuore, spoglio com'è di intellettualismi ermetici ed esclusivi, da cui il poeta starà sempre lontano, convinto com'è che la poesia debba essere “un'opera personale di pubblica utilità”, simile a un pane o a un piatto di terracotta.

Il Crepuscolario rappresenta una novità nel panorama della letteratura cilena arroccata su una visione elitaria della poesia, e incarnata dal poeta Huidobro. Nell'antologia prevalgono sì metrica e stile tradizionali, tuttavia si affacciano già i primi tentativi di innovazione formale e tematica che pur non ne impediscono la fruizione anche a un pubblico non iniziato alla poesia.

Dello stesso anno è la pubblicazione sulla rivista "Dionysos" delle quattro poesie che costituiranno El hondero entusiasta (Il fromboliere entusiasta), edito nel 1933, 10 anni dopo la sua composizione; con cui mira a inglobare nella sua lirica non solo l'uomo, ma anche la natura, le forze nascoste, come spiega il poeta: “una poesia epica che affrontasse il gran mistero dell'universo e anche le possibilità dell'uomo”. Tradisce l'influenza del poeta uruguayano Carlos Sabat Ercasty, da cui Neruda riceve copiose lodi per l'opera. Nel 1924 pubblica Venti poesie d'amore e una canzone disperata.

Carriera e impegno politico

Sin dagli anni del liceo, Neruda forma anche una coscienza politica e civile, che caratterizzerà tutta la sua vita: i tragici avvenimenti cileni avevano formato la coscienza politica del giovanissimo Neruda, In quegli anni è corrispondente per la rivista "Claridad", organo della federazione degli studenti: nel 1920 arriva notizia dell'assalto della sede della Federazione, episodio che si conclude con l'arresto non degli assalitori, ma degli assaliti: è la fine tragica del poeta Domingo Gomez Rojas, morto in carcere, così come accadrà a Granada con l'assassinio di Federico Garcia Lorca.

Durante gli anni scolastici, tutto il Cile è scosso da una pesante crisi economica e sociale che faranno salire alla presidenza una coalizione di liberali, radicali e socialisti democratici, presto respinta dai governanti sudamericani indifferenti ai bisogni del popolo, duramente repressivi nei confronti delle pur giuste rivendicazioni: crescono malessere, lotte sindacali e manifestazioni appoggiate dagli studenti e respinte dalla polizia, dilaga la disoccupazione e arrivano a Santiago migliaia di operai licenziati e minatori.

La carriera politica prende il volo alla fine degli anni '20, quando il premio letterario studentesco e la popolarità dei libri gli procurano rispettabilità anche al di fuori dei circoli artistici, per cui nel 1927 Neruda ottiene l'incarico di console a Rangoon, dove dovrà rappresentare il Cile in Birmania.

Parte a giugno per l'Oriente in un lungo viaggio con molte tappe oltreoceano, sino a Singapore. A Rangoon inizia la corrispondenza per la "Nacion" di Santiago e intanto pubblica le sue poesie su riviste letterarie madrilene che lo renderanno uno dei poeti più amati in Spagna. L'anno successivo è console a Colomba, in Sri Lanka, poi a Batavia e nel 1931 a Singapore. In India, Neruda rimane molto impressionato dalle lotte di molti poeti perseguitati o incarcerati e dalla miseria che li circonda, indicando la responsabilità nell'orgogliosa Inghilterra coloniale.

L'esperienza in Asia lo cresce anche come scrittore, facendogli prendere coscienza del dolore della condizione umana e della missione del poeta: illuminare con la poesia l'onore e la bellezza oscurati dalla miseria per rilevare la fraternità che lega gli uomini.

Quando in Spagna scoppia la guerra civile, nel 1936, Neruda si schiera apertamente con i repubblicani pubblicando Spagna nel cuore (1937), aiutando in prima persona chi volesse espatriare, per poi riuscire addirittura nel 1939 a fare imbarcare duemila rifugiati sulla nave Winnipeg, che era diretta in Cile.

Allo scoppio della Guerra Civile in Spagna (1936) parteggia per la Repubblica e viene destituito dall'incarico consolare. Si reca quindi a Parigi. Qui diviene console per l'emigrazione dei profughi cileni repubblicani.

Tornato nel suo Paese, sceglie di portare avanti il suo impegno politico rendendolo anche protagonista della sua poesia, e nel 1945 ottiene il Premio nazionale di Letteratura del Cile. Nello stesso anno fu inoltre eletto senatore, anche se presto rimane deluso dalla gestione della cosa pubblica a diversi livelli e opta per un esilio volontario prima in Argentina, poi in Messico, in Unione Sovietica, in Cina (nelle quali intravede finalmente la possibilità di una libertà dei popoli, ma anche, con lucidità inquieta, l'eventuale deriva totalitaria), infine in Europa – in Italia riceve decreto di espulsione, revocato a seguito di una straordinaria manifestazione popolare di solidarietà.

Nel 1970 i compagni di partito gli chiedono di candidarsi come presidente della Repubblica cilena. Egli accetta, ma ritira la candidatura, quando si profila la possibilità che si candidi Salvador Allende.

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Foto Biblioteca del Congreso Nacional, CC BY 3.0 CL, via Wikimedia Commons

L'esilio volontario

Quando si oppone alla dittatura di Franco in Spagna, la morte dell'amico poeta Federico Garcìa Lorca per mano franchista scuote profondamente il suo animo e, dopo aver fondato insieme al grande poeta peruviano Cesar Vallejo, il Gruppo ispano-americano d’aiuto alla Spagna, la sua personalità subisce un cambiamento decisivo che si ripercuoterà anche nelle sue poesie.  L’arte diventa per lui non solo l’affermazione della propria interiorità, ma assume un carattere sociale di lotta politica e di sconfinato amore per la sofferenza umana.

La fine della guerra civile e la sconfitta dei repubblicani costringe molti dissidenti a esiliare o a marcire in carcere, e il dolore di Neruda si accentua ulteriormente emergendo in splendide poesie che esprimono il vuoto esistenziale di un esilio, volontario o meno, da parte di quell’umanità inadatta a vivere in un mondo siffatto e a cui il poeta dà voce in un grido disperato.

Il Nobel per la letteratura

Dopo la vittoria dell'Unità Popolare e l'elezione di Salvador Allende a presidente, Neruda viene nominato ambasciatore a Parigi e sui giornali si comincia a fare il suo nome per il prossimo Nobel, come già era successo in precedenza, ma stavolta è davvero chiamato a Stoccolma per il prestigioso premio. Divulgata la notizia, lo raggiungono a Parigi gli amici più cari: Matta dall'Italia, Garcia Marquez da Barcellona, a sua volta Nobel nel 1982, Silva da Caracas e Siqueiros dal Messico. Lo accompagnano Silva e Matilda a ritirare il premio consegnatogli con la motivazione: “Per una poesia che con l'azione di una forza elementare porta vivo il destino e i sogni del continente”.

La morte di Neruda

L'anno dopo il Nobel, ormai malato, si ritira dalla carica di ambasciatore a Parigi, rientra in Cile, dove Allende, il 10 settembre 1973, muore assassinato dai golpisti di Pinochet, ufficialmente per suicidio.

Morì anche Neruda in un ospedale di Santiago, poco dopo il golpe del generale Augusto Pinochet, il 23 settembre 1973, ufficialmente di tumore ma in circostanze ritenute dubbie. La sua casa verrà devastata dai golpisti a marcare con il sangue l'uomo che aveva cantato la vita degli uomini e dei suoi fratelli. Il giorno dei funerali del poeta, sfidando i divieti dei soldati, la gente uscì in massa dalle case, per accompagnare il poeta dei cileni e dell'umanità intera.

La poesia di Neruda e le opere più famose

La poesia di Neruda era una poesia d’azione, quasi epica, che agiva tramite l’impulso di parole semplici, elementari comprensibili alla moltitudine popolare. Era una poesia di vita, che narrava l’amore così come la solitudine, la natura e i giochi di potere, che ha lasciato un segno indelebile nella letteratura del Novecento.

La mia vita è una vita fatta di tutte le vite: le vite del poeta”, ha scritto nelle sue Confessioni, perché non si può definire univocamente lo stile del poeta cileno, che muta opera dopo opera, al mutare dei fatti della sua vita e della Storia.

Venti poesie d'amore e una canzone disperata (1924)

In quest'opera, Neruda asciuga le figure retoriche e dota di un ulteriore meditato snellimento espressivo, alle similitudini preferisce le metafore. La donna cantata nelle Venti poesie è una finzione letteraria diventata reale solo per pretesto, è creatura con cuore e corpo cangiante di pesce o madreperla assolata che fende le onde, nell'aria, tace.

Il poeta la informa di sé, ne è l'artefice: “Non assomigli più a nessuna da quando ti amo./ Chi scrive il tuo nome con lettere di fumo tra le stelle del Sud?/ Ah lasciati ricordare com'eri allora quando ancora non esistevi”. (Giochi di tutti i giorni con la luce dell'universo).

I corpi si muovono e fondono in paesaggi spesso lunari e stranianti. Accesi da stelle vigili o da taciti crepuscoli ventosi, che si stemperano nell'azzurro della notte, il colore più bello perché come la volta celeste azzurro apre l'angusto spazio umano alla libertà e all'allegria. Poi c'è l'acqua con le sue forme e i suoi movimenti, come pioggia che scroscia ossessivamente, onde che si infrangono su spiagge, fiumi impetuosi, silenzi profondi gravidi di angoscia.

Il paesaggio della giovinezza è ritratto nella terra cilena immalinconita dalla pioggia australe in cui il poeta è cresciuto, il mare di Bajo Imperial, dove andava con la famiglia, i fiumi e il selvaggio litorale del Sud, e soprattutto il paesaggio interiore in cui troviamo il paradigma nelle intense prose degli Anelli.

Questa malinconia piovosa e fredda impregna di sé anche i rivi d'amore. L' antologia gli procura importanti riconoscimenti, entusiasmo e devozione, un successo di pubblico e critica che intensifica la sua ricerca espressiva: è il periodo in cui scrive senza punteggiatura e scopre James Joyce. Questa sperimentazione si traduce nei tre brevi libri pubblicati tra il 1925 e il '26, Tentativo dell'uomo infinito, L'abitante e la sua speranza e Anelli.

Tentativo dell'uomo infinito (1925)

E' un lungo flusso di immagini che si snodano libere dalla punteggiatura a creare un vertiginoso flusso di coscienza visivo e uditivo in cui emergono squarci di rara bellezza messaggi della prossima straordinaria stagione della Residenza sulla terra, in cui vi si legge un dolore universale e ancestrale che il viaggio nelle terre indiane non fa altro che sancire.

L'abitante e la sua speranza (1926)

Neruda dichiara di aver scritto questo strano racconto solo su richiesta dell'editore ma che in realtà non gli interessa la narrativa, ciononostante l'opera non è priva di valore, anzi, risulta la nuova espressione di poesia.

Questo scritto è stato chiamato impropriamente romanzo ma con questa forma letteraria ha ben poco a che vedere, perché in realtà Neruda non vi racconta nulla: non esiste nello scritto che un sottile filo disperso, che conduce all'intuizione vaga di un momento tragico, di un delitto, di una vendetta, o di una restaurata giustizia.

Ha il merito di offrire un'atmosfera nebulosa fatta di notazioni vaghe, di profonde interpretazioni animiche, ma sempre sfuggente dal consueto modulo della narrazione: sono infatti prose essenzialmente poetiche di potere altamente drammatico, significative per l'interpretazione del mondo intimo nerudiano. In esse sfoga la sua concezione di vita come dramma riflesso nei moti confusi che si manifestano nell'uomo e che lo dominano: “tutto avviene dentro con movimenti e colori confusi, senza distinzione”.

La drammaticità è rivelata da foglie che strisciano, da uccelli che precipitano: “Con gran passione le foglie si trascinano lamentandosi, gli uccelli si lasciano cadere dalle altre uccelliere e rotolano rumorosi fino al pallido tramonto, dove si stringono lievemente”. Insieme al colore autunnale della terra nell'opera è presente la pioggia, spesso all'origine delle emozioni del poeta Neruda che ha scritto che nelle sue opere c'è molta creazione emotiva dei suoi ricordi marini.

Anelli

Anelli è una raccolta di prose alternate definite “siamesi” scritte a quattro mani con l'amico Thomas Lagos per omaggiare l'amico comune Alberto Rojas Jimenez. Le prose di Neruda sono facilmente isolabili nel libro anche se è presente una perfetta perfusione dei due stili, le pagine nerudiane suscitano un clima poetico, dove non scarseggiano le identificazioni con la natura. In esse domina la malinconia, l'angoscia che scaturisce dall'attento attingere nell'intimo palpito del mondo nerudiano, cantore dell'autunno, delle selve, degli uccelli del Sud, di un'atmosfera di raccolta solitudine che diffonde un senso di tristezza, sottile annuncio di momenti cupi in prose così intime.

È da ricercare il motivo civile e si manifesta nell'ampio senso di solidarietà umana onnipresente nel poeta attento a percepire la voce delle cose la loro poesia, la nota malinconica che scaturisce da un paesaggio dominato dal sentimento, lo sfogo di un animo poetico aperto alle emozioni più profonde.

In Residenza sulla terra (tre volumi 1933, 1935 e 1947)

In questa opera si legge un dolore universale e ancestrale che il viaggio nelle terre indiane non fa altro che sancire. L'intera raccolta è pervasa di una cupa disperazione. Neruda usa il dolore osservato in sé e negli uomini come materiale poetico, teorizzandone in più occasioni tale funzione: “Ebbene io ho deciso di formare la mia forza in questo pericolo, di trarre profitto da questa lotta, di utilizzare queste debolezze. Sì, questo momento depressivo, per molti funesto, è per me una nobile materia”.

In essa c'è ancora Joyce, ma anche Whitman, Blake, Queveno e il surrealismo, la cui influenza verrà sempre negata dal poeta. La funzione dell'ars poetica è sempre la stessa: raccontare la realtà con parole che le appartengano, siano esse poetiche o antipoetiche. Tutto è poesia e tutto la poesia deve dire a tutti gli uomini.

La Spagna nel cuore (1937)

La Spagna nel cuore (1937) è il grande poema della guerra civile spagnola, scritto da un poeta straniero che sentiva la Spagna come la patria della sua lingua e che dagli spagnoli era stato accolto con calore. Ma la disfatta della Repubblica è ormai in atto e anche il tragico esodo degli spagnoli, in centinaia di migliaia sulla via dell'esilio. Un rogo cancella le ultime copie della Spagna nel cuore, “quel libro ardente che nacque e morì in piena battaglia”.

La furia e le pene (1939)

La guerra segna indelebilmente la poesia di Neruda lo porta a concepire quest'arte come militanza politica ma soprattutto umana, quasi a scongiurare così il rischio di un individualismo narcisistico. La militanza è reificata da immagini strappate a un quotidiano cruento, violento inciso con impeto espressionista: l'iterazione segna il tracciato di un dolore sbalordito incredulo: “Venite a vedere il sangue per le strade,/ venite a vedere/ il sangue per le strade/ Venite a vedere il sangue/ per le strade!”.  La poesia politica di Neruda esplora tutti i registri, da quello lirico, all'ironia, al grottesco, con l'assunzione di una materia storica che dà coordinate precise all'angoscia finora vaga.

 

Il canto generale (1950)

Il canto generale (1950) è scritto nel periodo di clandestinità fatto di fughe e cambi di casa quasi quotidiani. Esce nel giro di pochi mesi in una prima parziale edizione curata dai compagni del Partito Comunista, dichiarato anch'esso fuori legge.

È frutto di una lunga gestazione e rappresenta la vetta della poesia politica di Neruda e forse di tutta la sua opera: con il Canto vuole mettere fine alle “ore amare” della sua poesia: il soggettivismo malinconico delle Venti poesie d'amore, il patetismo doloroso di Residenza sulla terra passa a un umanesimo escluso dalla letteratura ufficiale ovviamente radicato nelle aspirazioni degli uomini accompagnati nella lotta per realizzare queste aspirazioni.

Il Canto diventa presto famoso in tutto il mondo. Pablo ha dedicato la sua opera più bella ai popoli massacrati che lo fanno loro paladino. Scrive Che Guevara: “Questo libro di Neruda si porrà come il più vasto poema sinfonico d'America. È poesia che rappresenta una pietra miliare e forse una vetta. Il poeta cristallizza quel mezzo giro di volta che dette quando abbandonò il dialogo con se stesso e discese ( o salì) a dialogare con noi, semplici mortali, che facciamo parte del popolo”.

Narrazione e storia si saldano in un'architettura unitaria dalla linguistica potente e vertiginosa. Per 15 canti descrive storia, geografia, flora e fauna del continente americano: nella fase iniziale tutto è natura, anche l'uomo: " fatto di pietre e di atmosfera", Ma la storia rompe violenta, e all'arrivo dei Conquistadores – che dà titolo a un canto – “i figli dell'argilla videro infranto/ il loro sorriso, colpita/ la loro fragile statura di cervi,/ e anche nella morte non capivano”.

 

 

Versi del capitano (1952)

Versi del capitano (1952) è uno dei libri più controversi di Neruda contenendo poesie d'amore appassionate per Matilde, quando si sta ancora separando dalla moglie, che non vuole ferire, perciò in prima edizione escono anonime a Napoli 44 copie.

Il valore poetico di questa raccolta però è più mediocre: l'erotismo ha perso la potenza onirica e dell'angoscia che animava le Venti poesie per riparare in un sentimentalismo un po' stucchevole, esaurisce anche la vena politica, com'è già visibile in L'uva e il vento per un ripiegamento intimista, e l'invocata coincidenza tra militanza politica e vita privata: in Il Monte e il fiume, l'invito all'amata di condividere la lotta è artificioso serve a giustapporre alla forzata tematica politica quella erotica “Oh tu, donna che amo,/ piccola, chicco rosso/ di grano,/ sarà dura la lotta/ la vita sarà dura,/ ma tu verrai con me”.

 

 

L'uva e il vento (1954)

L'uva e il vento (1954) con questa pubblicazione riprende il discorso di Il canto generale, estendendolo dal continente americano al mondo appena uscito dalla seconda guerra mondiale e soprattutto all'Est socialista. L'opera pecca di un inaridimento della vena politica e della condanna dogmatica di una certa poesia esistenzialista col suo pessimismo, dell'idealizzazione dei paesi socialisti qui ingenuamente assunti a rappresentare un mondo idilliaco: “Dalle fabbriche,/ ridevano o piangevano. // tutti erano uguali./ Tutti tenevano gli occhi/ rivolti alla luce,/ cercavano il cammino”. Il verso s'abbrevia per liricizzare un discorso tendente piuttosto alla prosa, denunciata dalla presenza di connettivi.

Odi elementari (1956,1957,1959)

Nei 3 libri di quest'opera Neruda smette definitivamente l'aspirazione epica per una deriva intimistica. L'evasione dai grandi temi e la fuga nell'autobiografismo muovono pesanti sentori di quella catastrofe ideologica che sarà annunciata ufficialmente due anni dopo: il disincanto è nell'aria.

Tuttavia, nelle Odi Neruda trova materia nelle cose elementari, quotidiane, semplici e teorizza la necessità di una rottura con l'idea di purezza, persegue una poesia in cui tutta la materia è legittima, persino il cattivo gusto, le espressioni logore d'amore. Queste odi soffrono di un certo manierismo.

La sfida poetica gioca soprattutto sul piano dello stile raffinato, essenziale, quasi telegrafico, capace di versificare su una cipolla, o il rame, la legna, i calzini elevati a dignità poetica, attaccando il conformismo letterario dei modernisti, la banalità del quotidiano, i sentimenti codificati, scrivendo sempre versi di rara bellezza: “Costa molto/ togliere tutte le foglie/ da tutti gli alberi/ di tutti i paesi. // La primavera/ le cucì in volo/ e ora/e ora/bisogna lasciarle/cadere come se fossero/ uccelli gialli”.
Nell'Ode alle stelle prosegue il discorso antiromantico, addirittura dicendo lui e i poeti stanchi delle stelle: “Sono stanco,/ siamo,/da tanta/ inutile/ e magnanima/ bellezza”.

 

Stravagario (1958)

In Stravagario (1958) riaffiorano alcuni temi personali del passato: l'amore, lo scorrere del tempo, la funzione della poesia e del poeta, rinnovati attraverso l'ironia e l'autoironia. Abbandonato il suo ruolo di vate, chiede solo di lasciargli cantare la vita, scoperta a dibattersi nell'insensatezza quotidiana: tornano la cipolla, le cose, gli odori: “Adesso lasciatemi in pace./ Adesso imparate a fare a meno di me. // E ho intenzione di chiudere gli occhi.// E voglio solo cinque cose, cinque radici predilette. // Una è l'amore senza fine”.e spiega perché si licenzia dal ruolo di vate: “Il fatto è che ho vissuto tanto/ e intendo vivere altrettanto.// Mai mi sono sentito tanto sonoro,/ mai ho ricevuto tanti baci”.

 

Cento sonetti d'amore (1959)

Neruda canta l'amore per Matilda nella forma classica del sonetto in un contenitore scandito in quattro sezioni (mattino, mezzogiorno, sera, notte) secondo un registro elevato. L'amore dei Sonetti rappresenta un rifugio reale dalla condizione di solitudine e alienazione: “C'è solo il tuo sguardo per tanto vuoto,/ solo il tuo splendore per smettere d'esistere,/ solo il tuo amore per chiudere l'ombra”.

Pieni poteri (1962)

Lo scavo interiore porta alla rilevazione definitiva della precarietà dell'essere e anche a una infaticabile ricerca dei pieni poteri, ossia delle chiavi per entrare in possesso di se stessi e stare in equilibrio sull'ombra del non essere. “Così ciò che nella morte mi circonda/ mi spalanca dentro la finestra della vita/ e in pieno parossismo sto dormendo./ In piena luce cammino per l'ombra”.

Incitamento al nixoncidio e lode della rivoluzione cilena (1973)

Incitamento al nixoncidio e lode della rivoluzione cilena del 1973 è l'ultimo libro di Neruda pubblicato a seguito dell'assassinio di Allende e il golpe di Pinochet. In esso ritorna alla poesia politica del Canto generale.

Le poesie più belle di Pablo Neruda

Farewell è l'opera più richiesta del Crepuscolario, che chiederanno a Neruda di recitare anche a distanza di lungo tempo, dimostrando che è una poesia che arriva a tutti, persino a chi non gli è aduso: “Amo l’amore che si divide/ in baci, letto e pane.// Amore che può essere eterno/ e può essere fugace”.

Ubriaco di trementina e di lunghi baci è una delle Venti poesie d'amore e una canzone disperata, dove la donna fugace si plasma nella natura fino ad assorbirne le sembianze. Nell'Ode a Federico Garcia Lorca, si legge tutto il dolore visto nelle terre indiane e scritto nella Residenza sulla terra. Neruda celebra la poesia dell'amico poeta spagnolo. Lacera l'anima, ne fa strazio con la sua bellezza, e sembra quasi presagire la futura tragedia (“quando si affacciano la tua pallida testa di quindici occhi/ e la tua bocca di sangue sprofondato”), già tutto concepito nei 4 versi che cominciano l'ode: “Se potessi piangere di paura in una casa solitaria,/ se potessi cavarmi gli occhi e divorarli,/ lo farei per la tua voce d’arancio in lutto/ e per la tua poesia che esce come un grido”. L'amicizia dei due poeti è ricca di contenuti politici e letterari e della storia della letteratura dei loro paesi di origine.

Walking around appartiene alla Residenza sulla terra e questa poesia è esemplificativa la dissoluzione della struttura narrativa in cui le immagini si affollano libere da nessi logici: “Mutande, salviette e camicie che piangono/ lente lacrime sporche”. Descrive una realtà disgregata, con la sua disperata monotonia e un dolore massificato che non ha nulla di eroico, risulta insopportabile:  “Succede che mi stanco dei miei piedi e delle mie unghie/ E dei miei capelli e della mia ombra./ Succede che mi stanco di essere uomo”.

Arrivo a Madrid della Brigata internazionale è inclusa nella terza Residenza. Neruda è a Madrid quando nel 1936 ci sono le Brigate internazionali a Madrid: un esercito di persone proveniente da tutto il mondo animate da un unico ideale di libertà che vedono nella causa repubblicana spagnola il simbolo della lotta contro tutte le dittature. Questa poesia celebra quella moltitudine di repubblicani, tra cui militano i più grandi scrittori del secolo, come Orwell, Hemingway, Malraux.

Dorme un soldato inclusa nel Canto generale racconta la resistenza vana degli Indios che si riflette ugualmente vana nella natura: “E restò là/ pietra immobile, silenzio,// mentre Beltràn de Cordoba dormiva”, allo stremo della fatica, “ai piedi del Gran Dio piumato:/questi/ era laggiù, solo col suo mondo/ appena sorto dalla selva”.

Ode al gatto, è contenuta nelle Odi elementari – che intendono elevare a poesia gli elementi quotidiani – così Neruda decide di onorare l'animale più amato in natura: il gatto. Ogni giorno Matilde riprende nella quotidianità con l'amata e inseparabile Matilde Urrutia, nota cantante lirica cilena. Matilde fu la sua infermiera, la sua musa, la sua amante e, dopo molti anni vissuti in clandestinità, nel 1966 divenne civilmente sua moglie. Il lungo percorso esistenziale vissuto con lei che evoca il loro Paese natio, tattilmente per sinestesia d'anice: “lunga/ come il corpo del Cile, e delicata/ come un fiore d'anice”. Il pensiero torna sempre al Cile, perché Neruda è come si definisce anche nel film Il postino non poeta dell'amore – come tutti tendiamo a considerarlo un po' superficialmente, bensì “poeta del pueblo”, com'era noto.

 

Laura Cusmà Piccione

Foto di Apertura: Mondadori Publishers, Public domain, via Wikimedia Commons