Il reddito dell'impresa concorrenziale

L'impresa calcola il suo reddito lordo semplicemente moltiplicando la quantità di unità prodotte (litri di latte, chili di riso ecc.) per il rispettivo prezzo.

Il ricavo marginale è il ricavo che l'impresa realizza con la vendita di un'unità addizionale di prodotto. Poiché in un mercato concorrenziale il comportamento dell'impresa non modifica il prezzo, il prodotto marginale è uguale al prezzo unitario.

La massimizzazione del profitto in un'impresa concorrenziale

La figura 10.1 mostra come si determina il livello di produzione corrispondente al massimo profitto in un'impresa concorrenziale. Ipotizziamo che l'impresa stia producendo a costi marginali inferiori al ricavo marginale. In questo caso all'impresa converrà aumentare la produzione fino a che il costo marginale (CM) sia uguale al ricavo marginale (RM): a questo punto il profitto sarà al massimo. Continuare ad aumentare la produzione vorrebbe dire ridurre proporzionalmente i profitti perché il costo marginale diventa superiore al ricavo marginale.

Che cosa accade se il prezzo di mercato aumenta? L'incremento di prezzo ha l'effetto immediato di fare aumentare il ricavo marginale allo stesso livello di produzione, per cui l'impresa ha convenienza ad aumentare la produzione. Si noti che la curva del costo marginale coincide con la curva di offerta, in quanto è essa che determina la quantità di prodotto che l'impresa è disposta a vendere.

Quando chiudere i battenti, quando entrare nel mercato

Se, viceversa, il prezzo di mercato diminuisce, l'impresa può trovarsi in difficoltà fino al punto di dover uscire dal mercato. Ciò si verifica, in particolare, quando il prezzo cade al di sotto del costo medio variabile dell'impresa. Ogni aumento della produzione non farebbe che tradursi in perdite mentre i mezzi a disposizione potrebbero essere impiegati altrimenti. Si noti che nella decisione non influiscono i costi fissi, che nel breve periodo non possono essere modificati e quindi vengono considerati costi irrecuperabili.

Nel lungo periodo, nel quale, per definizione anche i costi fissi possono essere recuperati, la decisione di uscire dal mercato o di entrare nel mercato viene adottata a seconda che il prezzo sia inferiore o superiore al costo totale (fisso più variabile).

Pressione concorrenziale ed equilibriodi lungo periodo

La pressione concorrenziale si manifesta in due modi: la flessibilità dei prezzi e la libertà di ingresso sul mercato. Se i prezzi sono perfettamente flessibili – cioè la loro determinazione non è condizionata da vincoli esterni, per esempio legislativi – eventuali squilibri tra domanda e offerta dovrebbero spingere i prezzi verso il proprio valore di equilibrio. Per esempio, se a un dato prezzo la quantità che gli acquirenti intendono nel complesso acquistare è inferiore a quella che nel complesso i venditori sono disposti a vendere, il prezzo tenderà a scendere: la diminuzione del prezzo incentiva la domanda e al contempo disincentiva l'offerta fino al punto in cui si stabilirà un'uguaglianza.

La libertà di ingresso opera, a sua volta, come meccanismo concorrenziale nel lungo periodo. Si supponga, per esempio, che il prezzo di equilibrio consenta alle imprese venditrici di ottenere un profitto positivo: questo profitto attirerà nel mercato nuove imprese, che provocheranno un'espansione dell'offerta e, quindi, una diminuzione del prezzo di equilibrio fino al punto in cui l'originario profitto non sarà annullato.

Questa situazione costituisce un equilibrio di lungo periodo in quanto non esiste incentivo alla variazione del numero delle imprese; si tratta inoltre di un equilibrio efficiente, anche nel senso di garantire che il prodotto venga scambiato al minimo prezzo socialmente accettabile. La condizione di profitto nullo si risolve nell'uguaglianza tra prezzo e costo medio.

Perché produrre se il profitto nel lungo periodo è nullo?

Come si concilia la finalizzazione al profitto dell'attività delle imprese, generalmente riconosciuto, anche se con i limiti che vedremo, e la conclusione analitica che, nel lungo periodo, in condizioni perfettamente concorrenziali il profitto delle imprese efficienti è nullo?

Gli economisti spiegano l'apparente rompicapo grazie alla nozione del costo opportunità, già illustrato. Un'impresa che presenta un profitto nullo di lungo periodo dal punto di vista economico, consegue tuttavia un profitto positivo dal punto di vista contabile e questo profitto è pari al costo opportunità del tempo e del denaro che l'imprenditore ha investito nell'impresa (e che poteva invece impiegare in modi alternativi). Questo profitto contabile è sufficiente a giustificare la permanenza dell'impresa nel mercato.