Filosofia politica del '900: Schmitt, Arendt, Rawls

Carl Schmitt

Il giurista e filosofo tedesco Carl Schmitt, (Plettenberg 1888-1985) con le sue teorie ha influenzato il diritto pubblico statale e internazionale, ma anche la filosofia del diritto (I tre tipi di pensiero giuridico, 1933) e della politica (Il concetto del politico, 1927). Nel 1933 aderisce al regime nazista, e per questo dopo la seconda guerra mondiale gli viene tolta la cattedra universitaria.

Schmitt propone una concezione del diritto come processo storico attraverso il quale la razionalità e la decisione umana riescono a dar forma e ordine alla realtà. La centralità da lui attribuita al momento della "decisione" quale fattore costitutivo dell'ordine sociale e giuridico ne fa il rappresentante per eccellenza del decisionismo giuridico, anche se il momento della decisione è sempre in relazione a un ordine da ripristinare o da istituire. Il suo contributo più significativo sta nell'aver per primo individuato la categoria del rapporto "amico-nemico" come criterio di identità del politico (così come il rapporto "buono-cattivo" caratterizza l'etico e quello "bello-brutto" l'estetico). La politica non indica infatti una sfera dell'esistenza umana accanto alle altre, ma un tipo di relazione che si instaura fra gli uomini nel momento in cui insorge la possibilità di un conflitto non risolvibile pacificamente, che porta perciò con sé un rischio di morte e induce gli uomini a raggrupparsi in amici e nemici. La relazione politica originaria è dunque una relazione di associazione e dissociazione che deriva essenzialmente da motivi di difesa dell'esistenza e dell'identità. Per questo la categoria "amico-nemico" è ineliminabile dall'orizzonte umano ed è connessa alla possibilità della guerra, che la politica e il diritto non possono eliminare ma solo regolamentare.