La tragedia

In sintesi

La genesi del genere tragico

Il genere tragico ebbe origine nel VI secolo quando si evolse dal primitivo carattere sacro per rappresentare avvenimenti luttuosi che avessero per protagonisti personaggi mitici. È un problema molto dibattuto dai filologi quale siano le origini della tragedia e ancora non c'è una risposta unanime. Alcuni sostengono l'origine dionisiaca della tragedia, basandosi sull'etimologia del termine tragodìa (canto del capro) e su un passo della Poetica di Aristotele (da coloro che guidavano il ditirambo); altri studiosi, prescindendo dalla testimonianza aristotelica, collegano la tragedia ad antichi riti della fecondità. Nietzsche, nella Nascita della Tragedia, sostiene che la tragedia nasce dalla fusione dell'elemento dionisiaco con quello apollineo.

L'evoluzione della tragedia grecaLa tradizione attribuisce ai tragediografi precedenti ad Eschilo alcune “innovazioni” che avrebbero portato alla forma della tragedia classica: al citarista Arione la riforma del ditirambo; al musico Tespi l'introduzione di un attore dialogante con il coro; a Pratina di Fliunte l'invenzione del dramma satiresco; a Frinico intrecci di tema storico.
La struttura della tragedia classica

Con la triade di Eschilo, Sofocle, Euripide, la tragedia raggiunge piena maturità. L'opera tragica (nella struttura classica imposta da Eschilo) è scandita secondo una partizione costante: il prologo monologico o dialogico, la parodo (ingresso del coro accompagnato da canti e danze), gli episodi strutturati anch'essi secondo schemi fissi (la rèsis, la stichomuthìa, la monodìa), gli stasimi o intermezzi corali e l'esodo (scena finale con l'uscita del coro). Frequenti sono anche i commi e gli agoni amebei. I metri usati sono il trimetro giambico e il tetrametro troaico, mentre le parti liriche si scandiscono nella successione di strofe-antistrofe- epodo.

Evoluzione di forme e contenutiDopo la fase iniziale, gli attori divennero tre e ciascuno poteva rappresentare più personaggi; con Sofocle i coreuti furono portati da 12 a 15. Se in Eschilo si parla di trilogia “legata”, già in Sofocle – e totalmente con Euripide – i tre drammi divengono autonomi.