La poesia e la prosa dal 1625 al 1660

I "poeti cavalieri"

I cavalier poets , così detti dal nome dei sostenitori del partito monarchico nella guerra civile contro i puritani, costituirono un gruppo di autori che continuò la tradizione lirica dell'età elisabettiana, con particolare attenzione a Ben Jonson, rispettosi della tradizione e fedeli alle raffinatezze tecniche. Si caratterizzarono per la produzione di poesia cortese, in modo particolare nelle forme della canzone.

Robert Herrick (1591-1674) dopo gli studi a Cambridge trascorse quasi tutta la vita come parroco di campagna nel Devonshire. Pubblicò un solo libro di poesie liriche sacre e profane, Hesperides and noble numbers (Esperidi e rime nobili, 1648). Debole nell'ispirazione, egli però rivelò grande abilità tecnica, eleganza e notevole facilità di versificazione. Si ispirò sempre al modello della lirica classica (Orazio e il suo carpe diem, Catullo, i lirici greci e latini) e, unico nel Seicento inglese, realizzò una sorta di sintesi fra elementi classici, cristiani e tradizione e folclore inglesi nella celebrazione dei riti della campagna inglese.

Thomas Carew (1594/5-1640) fu tra i più significativi lirici amorosi inglesi del tempo. Cercò di imitare la poesia classicheggiante di Jonson, ma subì anche l'influsso di Donne. La sua poesia, arguta e raffinata, è forse il miglior esempio di poesia dei poeti cavalieri; le sue canzoni sono pensate per essere cantate, più che lette. I suoi Poems (1640, postumi) mostrano nitore formale e sapiente misura nell'uso delle immagini.

Richard Lovelace (1618-1658) impersonò il vero poeta cavaliere: il suo spirito cavalleresco lo ricollega alla più antica tradizione della cortesia rinascimentale; fedele a Carlo I, ne difese la causa affrontando la prigionia e la povertà. La sua produzione, raccolta in Lucasta (1649), è ineguale ed enfatica, e in essa si combinano gli ideali dell'amore e della bellezza con quelli dell'onore e della vita esemplare.