L'umanesimo

Un'identità incerta

L'autunno del Medioevo colse la Germania in una fase di incipiente mutamento, nella quale la transizione verso l'età moderna s'annunciava con l'inadeguatezza delle precedenti strutture politiche alle nuove esigenze e con un'insolita mescolanza di vecchio e nuovo. Sul piano dello sviluppo economico la crescita era sospinta dalla progressiva affermazione del capitalismo sia nei commerci sia nelle finanze, ma anche dal prosperare dell'industria mineraria e dell'attività manifatturiera. Sul piano politico una volontà ormai quasi anacronistica di mantenere la forma unificante del Sacro Romano Impero ambiva ancora ad imporsi nei confronti di un eterogeneo e vivace pullulare di principati e libere città.

Se già nel 1348 l'imperatore Carlo IV di Lussemburgo aveva scelto di fondare la prima università dell'impero nel centro eletto a propria residenza, cioè Praga, nel corso del Quattrocento fiorirono diverse altre sedi universitarie. Per iniziativa di principi, laici e vescovi o delle singole municipalità; per spirito di emulazione o per ambizione a competere; per istituire nuovi centri di ricerca o per trasformare precedenti Studi di ordini monastici: così via via nacquero le università di Vienna, Würzburg, Lipsia, Friburgo, Tubinga, Francoforte sull'Oder, Colonia e altre ancora. L'istituzione universitaria modificò la vita culturale delle città ed anche il semplice afflusso degli studenti venne a incidere qualitativamente sul divario che già separava mondo rurale e mondo urbano.

La recezione dell'umanesimo italiano

La fondazione delle università corrispondeva del resto a un'esigenza reale: già da tempo numerosi erano gli studenti tedeschi presso sedi straniere. Un flusso, questo, che aveva favorito gli scambi e i confronti culturali. In particolare, l'accesso a prestigiosi centri universitari italiani, quali Padova, Bologna, Ferrara e Pavia, aveva permesso ai giovani tedeschi non soltanto di far conoscere al di fuori della propria patria la cultura germanica, ma in ispecie l'incontro con la cultura del fervido umanesimo d'oltralpe. D'altro canto, non si trattava di un primo incontro, ma della prosecuzione lungo altri canali di ricezione e comunicazione di un contatto che aveva già conosciuto occasioni “alte” durante i concili ecumenici di Costanza (1414-18) e Basilea (1431-37). Qui erano convenuti infatti non soltanto i cardinali, ma al seguito di costoro erano giunti intellettuali che avevano diffuso il germe di una diversa sensibilità e i fermenti di un rinnovamento del sapere.

“Devotio moderna”

A corroborare la spinta verso un cambiamento contribuì anche la corrente religiosa di riforma spirituale denominata devotio moderna, che nella seconda metà del sec. XIV si sviluppò nei Paesi Bassi per opera principalmente di Geert Groote (1340-1384), si diffuse in Renania e, di qui, in tutta la Germania come nel resto d'Europa tra il sec. XV e il sec. XVI. In comune con l'umanesimo ebbe il richiamo alle origini, nella fattispecie alla spiritualità degli scrittori cristiani antichi e dei Padri della Chiesa, spesso in contrapposizione aperta all'astrattezza delle dispute teologiche scolastiche. La figura di maggior rilievo fu Thomas a Kempis (1380-1471), a cui è stata attribuita la celeberrima opera De imitatione Christi. Traspare nella devotio moderna una tendenza ascetica e antispeculativa che privilegia decisamente la pratica di una spiritualità accentuatamente affettiva e di una vita virtuosa. Ebbe profonde influenze sia sulle correnti di riforma cattolica (da Erasmo a Tommaso Moro e a Ignazio di Loyola), sia su Lutero e la Riforma protestante.