Rinascenza latina e ripresa del volgare

La stagione letteraria precortese

La dinastia sassone degli Ottoni fu avvicendata sul trono imperiale da quella di Franconia (1024-1125) e da quella degli Svevi (1150-1250). In quegli anni l'Impero conobbe le fasi più dure dello scontro col papato: prima la lotta per le investiture, emblematicamente identificata con la sfida di Canossa (1077) tra Enrico IV e Gregorio VII, poi nel conflitto a tutto campo sostenuto da Federico I Barbarossa. L'età degli Svevi vide però insorgere un'ulteriore difficoltà politica, provocata dalle sempre più ambiziose pretese dei grandi feudatari, i quali, coi duchi di Baviera, giunsero persino a contestare l'ereditarietà del trono imperiale. Il contrasto generò i due schieramenti denominati rispettivamente “ghibellini”, i partigiani degli Svevi e fautori dell'imperatore, e “guelfi”, i partigiani dei duchi di Baviera e più in generale sostenitori del papa.

Dal punto di vista storico-letterario si assiste a un processo di graduale laicizzazione. Gli autori sono ancora dei religiosi, ma non scrivono più per il mondo dei conventi. Anzi, essi stessi non appartengono in senso stretto alla popolazione dei monasteri, bensì al “secolo”. È il caso, per esempio, di Pfaffe Lamprecht e Pfaffe Konrad.

Verso una letteratura epico-romanzesca

Due “preti secolari” (Pfaffen), Pfaffe Lamprecht e Pfaffe Konrad, sono gli autori delle opere più rappresentative della letteratura tedesca del XII secolo.

La Canzone di Alessandro di Pfaffe Lamprecht (Prete Lamberto), racconta in versi la vita e i conflitti etico-religiosi di Alessandro Magno, ispirandosi a preesistenti modelli poematici francesi ma avendo all'origine leggende di età ellenistica.

La Canzone di Orlando di Pfaffe Konrad (Prete Corrado), si ispira direttamente al capolavoro del ciclo carolingio della letteratura di gesta francese, la Chanson de Roland (appunto: Canzone di Orlando), lasciando cadere il tema del sacrificio dell'eroe per esaltare quello del servizio dei valori cristiani.

Poemi giullareschi e chierici vaganti

Accanto alla tradizione “alta” che sfocerà a breve nella letteratura cortese, emerge e si consolida in questi anni una tradizione “bassa”, cioè avente un destinatario che nelle storie fantastiche, quasi sempre cantate, cerca il divertimento e l'effetto grossolano, senza alcuna esigenza stilistico-formale. Si tratta della narrativa in versi giullaresca, spesso esibita per fiere e osterie da cantastorie, della quale si ricordano alcuni poemi anonimi: König Rother (Re Ruggero), Herzog Ernst (Duca Ernesto), Salman und Morolf (Salomone e Morolf), Oswald e Orendel.

Affine quanto a marginalità nei confronti della struttura sociale è il movimento dei chierici vaganti, sorto in Francia all'inizio del XII secolo e poi diffusosi in Germania nel giro di qualche decennio. “Chierici” in quanto monaci che hanno lasciato il convento o studenti delle prime grandi università europee: in ogni caso, intellettuali. In area tedesca se ne sottolineò soprattutto l'assenza di dimora, il loro essere vagabondi. Temi della loro poesia alternativa a quella “alta” erano il vino, il gioco, l'amore, la satira politico-religiosa, il moralismo clericale e perbenista. Dei loro componimenti, tutti anonimi e quasi sempre di breve lunghezza, sono state redatte due raccolte: i Carmina cantabrigensia (manoscritto di Cambridge) e i Carmina burana (manoscritto di Benediktbeuren).

Carmina burana

I Carmina burana, redatti per lo più in latino e in minor parte in medio alto tedesco, alcuni dei quali accompagnati da notazione musicale, sono conservati in un codice del 1230 circa, proveniente dall'abbazia di Benediktbeuren (donde il nome) in Baviera e custodito oggi nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco. Il manoscritto, pubblicato a stampa nel 1847, include 149 componimenti raggruppati per tema e costituisce la più ampia raccolta poetica medievale. Si tratta di testi poetici nati in ambiente goliardico o scritti da chierici vaganti dei primi del Duecento. I temi più trattati sono la corruzione dei costumi, le contese religiose (con punte aspramente anticlericali), le vicende politiche, gli amori mondani, questi ultimi cantati sul modello degli elegiaci latini e del Minnesang (cioè del “canto d'amore” tipico della lirica cortese del sec. XII). Non mancano inni alla donna, al vino e alla giovinezza che fugge. Le aggiunte che chiudono il codice presentano invece testi di carattere religioso e morale, con accenti talora di ascetica rinuncia. Le composizioni sono quasi tutte in versi rimati, con una metrica e un'organizzazione strofica molto varie. Di alcuni Carmina burana si è servito il compositore Carl Orff per l'omonima cantata scenica, eseguita per la prima volta a Francoforte nel 1937.