La musica veneziana: i Gabrieli

A Venezia, a partire dal XIV secolo, è documentata l'attività della Cappella di San Marco, con l'assunzione di organisti e la creazione di una scuola di canto. Il Cinquecento fu il secolo della grande affermazione di Venezia, che attrasse presso di sé importanti artisti e vide la presenza di celebri editori musicali (Petrucci, Scotto, Giordano). Fra i musicisti attivi a Venezia in quel periodo vi furono i fiamminghi A. Willaert, maestro della cappella ducale dal 1527 al 1562, e P. Verdelot; fra i musicisti più eminenti vanno senz'altro ricordati i veneziani Gabrieli.

Andrea Gabrieli

Le notizie sulla prima parte della vita di Andrea Gabrieli, organista e compositore (Venezia circa 1510 o circa 1533-1585), sono incerte e contraddittorie. Con ogni probabilità fu allievo di A. Willaert e sicuramente nel 1564 succedette ad Annibale Padovano al secondo organo in San Marco e nel 1585 a C. Merulo all'organo principale, assumendo l'incarico che il nipote Giovanni, reale vincitore del concorso, gli aveva ceduto per deferenza. La fama di Gabrieli fu grandissima in tutta Europa, accresciuta anche dalle sue relazioni internazionali e dalla diffusione delle sue opere a stampa (6 messe, oltre 130 mottetti, circa 170 madrigali, circa 70 composizioni strumentali e altro). Vennero a Venezia, per studiare con lui, musicisti tedeschi e olandesi, fra i quali H. L. Hassler e G. Aichinger, e forse anche J. P. Sweelinck, oltre a numerosi italiani.

Andrea Gabrieli è considerato il fondatore della scuola policorale veneziana, così chiamata perché fece ampio uso di cori divisi con funzione dialogica. Tale tecnica, già in parte adottata da Willaert, fu da Gabrieli ampiamente rielaborata, con frequente uso di voci soliste e con strumenti (archi, ottoni) in rinforzo dei due organi accompagnati. I grandi lavori policorali (a "cori spezzati") sono contenuti nella raccolta pubblicata nel 1587 (Concerti), che comprende lavori analoghi del nipote Giovanni. Nello stile policorale Gabrieli scrisse anche molte composizioni profane e tra queste la Battaglia per sonar d'istrumenti a fiato (di cui resta un'elaborazione postuma del 1587, trascrizione di La guerre di C. Janequin) è giustamente famosa. Minore importanza rispetto alla musica vocale ha quella strumentale e la sua tecnica virtuosistica costituì uno dei presupposti per le esperienze di G. Frescobaldi. A. Gabrieli pubblicò un libro di messe a 6 voci (1572), 2 di mottetti a 5 (1565) e a 4 voci (1576), uno di Psalmi Davidici a 6 voci (1583), 7 libri di madrigali a 3-6 voci, 6 libri di composizioni per strumenti a tastiera e numerose altre pagine vocali, sacre e profane, in antologie dell'epoca. Postuma è la raccolta dei Chori in musica... sopra li chori della tragedia di Edippo Tiranno (1588), tradotti da O. Giustiniani ed eseguiti in occasione dell'inaugurazione del Teatro Olimpico di Vicenza di A. Palladio (1585).

Giovanni Gabrieli

Giovanni Gabrieli (Venezia circa 1554/57-1612), nipote e allievo di Andrea, gli succedette nel 1586 come primo organista in San Marco, conservando l'incarico fino alla morte. Non si hanno maggiori dettagli sulla sua vita, se non la testimonianza, peraltro discutibile, che lo vorrebbe a Monaco fra il 1575 e il 1579. Fu conosciuto in tutta Europa e, come il celebre zio, accolse alla sua scuola musicisti poi divenuti famosi (fra tutti, H. Schütz). Tenne inoltre contatti con H.L. Hassler, mentre non conobbe personalmente M. Praetorius il quale, illustrando ampiamente la sua musica nel Syntagma musicum, diede un contributo determinante all'instaurazione del mito dei Gabrieli in Europa.

Giovanni si mosse lungo le direttrici stilistiche individuate dallo zio, del quale fu però innovatore più profondo, soprattutto nel campo della musica strumentale pura, di cui è considerato il creatore. Egli estese a essa i principi della policoralità, della sovrapposizione e alternanza di cori e voci singole, perseguendo un possente e solenne gioco di contrasti da sviluppare, oltre che un sapiente dosaggio delle sonorità, con arditi procedimenti di sequenza, progressione e sovrapposizione. Nelle sue canzoni da sonar (fu il primo a usare sistematicamente il termine sonata) utilizzò un numero di voci variabile da 6 a 20: celebre, fra tutte, è la Sonata pian e forte a 8 (1597). Minore importanza hanno le composizioni per organo, mentre nella produzione vocale, sacra e profana, egli dimostrò una tecnica ancora superiore a quella di Andrea nel trattamento della coralità, integrata con ricchi cori di strumenti (in particolare ottoni) con funzione concertante. Fra le sue raccolte emergono le due Sacrae Symphoniae (1597 e 1615) contenenti rispettivamente 44 e 32 composizioni.