Petrònio Àrbitro

(latino Petroníus), scrittore latino (m. Cuma 66 d. C.). Sotto tale nome ci sono giunti alcuni squarci di un romanzo satirico dal titolo Satyricono Saturae, scritto con ogni probabilità nell'età di Nerone: quadro straordinariamente acuto e ricco della società del tempo, soprattutto del sottofondo umile e laido che fermenta sotto gli orpelli della ricchezza e della potenza, l'opera è la lucida evocazione di un'epoca torbida in cui già affiorano i germi della decadenza. L'autore è identificabile in un personaggio, Gaio Petronio, elegantiae arbiter della corte neroniana, di cui parla Tacito nel libro XVI degli Annali. Costui, proconsole in Bitinia e consul suffectus, fu un raffinato gaudente, accolto tra i favoriti di Nerone come maestro di dissolutezze, finché cadde in disgrazia dell'imperatore per le mene del prefetto del pretorio Sofonio Tigellino, che lo accusò di rapporti con uno dei capi della congiura dei Pisoni. Per evitare la condanna, Petronio Arbitro si uccise. La sua fine, descritta mirabilmente da Tacito, ci dà l'esatta misura dell'uomo: con superiore, signorile distacco dalla vita, Petronio Arbitro si svenò e attese la morte conversando con gli amici. Né per testamento adulò Nerone come facevano i condannati, ma tracciò in uno scritto un quadro della corrotta corte neroniana e lo inviò all'imperatore.

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