Lessico

Sf. [sec. XVII; da calzare (verbo)]. Ogni indumento esterno che copre i piedi ed eventualmente anche le caviglie e le gambe; in partic., al pl., scarpe di qualsiasi tipo, specialmente come genere di commercio: negozio di calzature.

Cenni storici

L'uso delle calzature è antichissimo; il suolo e il clima diversi ne hanno determinato la varietà delle fogge. Già nella Bibbia si parla di “calzature da viaggio” e di “calzature femminili di lusso”. Antichi graffiti dell'epoca paleolitica, trovati in grotte spagnole, francesi e italiane, rappresentano cacciatori con delle specie di uose in pelle. Testimonianze sull'uso delle calzature vengono dalla storia dei Sumeri, degli Egiziani, degli Ittiti, dei Persiani, degli Assiri (850 a. C.), dei Traci, dei Babilonesi (700 a. C.); i materiali utilizzati erano fibre vegetali, legno e pelle. Presso gli Ebrei le calzature erano diverse a seconda della classe sociale: sandali per i popolani, calzari alti per i guerrieri, babbucce per i dignitari e i nobili. Eroda di Coo, poeta greco del sec. III a. C. in un componimento dal titolo Il calzolaio enumera 18 specie di scarpe. Ancora più numerose furono presso i Romani: un editto di Diocleziano del 301 d. C. ne ricorda 23 tipi tra cui il calceo, la caliga, il camepagus, riservato all'imperatore, l'udo dei magistrati, ecc. Le invasioni barbariche seguite alla caduta dell'Impero romano diffusero tra le popolazioni robusti stivaletti a mezza gamba, le uose in cuoio, portate anche durante il Medioevo, epoca in cui si accentuò la trasformazione delle calzature e si diversificarono i modelli e i materiali . Tra le calzature più tipiche quelle à la poulaine, comparse alla fine del sec. XIV in Francia, con punta lunghissima sostenuta da catenelle allacciate al ginocchio e quelle dette, dalla punta smisuratamente larga, a becco d'anatra, muso di vacca, zampa d'orso, portate alla fine del sec. XV e nel XVI soprattutto in Germania. Nel sec. XVI si affermarono le scarpe di stoffa, comode, leggere, con ornamenti vari, nastri, rosette, ecc. A Venezia si diffuse verso il 1570 l'uso di calzature eleganti simili a pantofole ornate di pietre preziose. Nel sec. XVII si portavano gli stivali dal gambale allargato a imbuto e nella stessa epoca fecero la loro comparsa, con le scarpe al malleolo dalla linguetta alta, i tacchi veri e propri. Nel 1700 si affermarono soprattutto nelle scarpe femminili, che si presentavano a punta e col tacco alto, mentre rimasero bassi in quelle maschili: tipico l'escarpin francese in cuoio nero con la fibbia in metallo. Durante il Direttorio, con gli abiti leggeri e fluttuanti le donne portarono sandali o scarpe di seta senza tacco; più tardi, verso il 1830, comparvero gli stivaletti allacciati che durarono fino all'inizio del 1900. Fino al 1875 le calzature erano fatte a mano e raggiunsero sfarzo e stravaganze eccezionali. Verso questa data arrivò dall'Inghilterra un tipo di calzature comodo e pratico con tacco piatto e punta smussata. Nel sec. XX le calzature trovano sobrietà di linee, colori, ornamenti, ma si assiste a una notevole diversificazione di modelli a seconda delle occasioni, delle stagioni, ecc. Molto diffuse sono ormai diventate anche le calzature sportive: molti infatti preferiscono alle calzature tradizionali quelle con tomaia in tessuto (o pelle e tessuto) e suola in gomma, nate per lo sport e il tempo libero. L'utilizzazione delle materie plastiche e degli elastomeri ha inoltre profondamente mutato la struttura: gli scarponi da sci e quelli pesanti da montagna sono stampati, in uno o due pezzi, con resine poliuretaniche; nelle pedule da arrampicata o da trekking la classica tomaia in anfibio è ora sostituita da una tomaia composita in robustissimo tessuto di fibre sintetiche e pelle, mentre la suola è in gomma speciale con forti risalti.

Calzature ortopediche

Sono quelle eseguite sotto il controllo del medico ortopedico per correggere difetti, anche congeniti, del piede, della gamba, del modo di camminare. La difficoltà di realizzare calzature ortopediche che si adattino nel miglior modo possibile al paziente, ha spinto alla ideazione di sistemi di rilevamento ad alta tecnologia. In tal modo si supera il problema dell'adattamento che richiede spesso numerose misurazioni e correzioni per assicurare la mobilità e il sollievo dal dolore. Sono state quindi messe a punto apparecchiature con sistemi di fasci laser che, diretti sul piede, creano una immagine tridimensionale. Un computer elabora i dati dell'immagine che vengono poi trasferiti a una macchina automatica per la produzione delle parti sagomate della scarpa. La tecnologia assicura una calzata perfetta senza nessuna modifica. Un'altra possibilità del "podonumerizzatore" è il suo impiego nei negozi di calzature su misura nella fascia alta di mercato. L'uso dell'apparecchio è semplice e non richiede una formazione speciale per registrare i dati del cliente che sono poi trasmessi al fabbricante. Il progetto dell'apparecchiatura è stato diretto dalla francese CETIOP (Conseil-Expertises Technologies Industrielles Organisation de Production). Le indicazioni riguardanti l'esecuzione delle misure ortopediche nonché le caratteristiche dei rispettivi mercati nazionali sono state fornite dalla Buratto (Italia), dalla BT (Germania) e dalla De Pretre (Belgio). Lo sviluppo completo del sistema è stato reso possibile dal programma CRAFT dell'Unione europea, che consente a gruppi di piccole imprese prive di capacità di ricerca di affidare la ricerca stessa a specialisti, con il sostegno dell'Unione europea.

Tecnologia

Le calzature possono essere fabbricate a mano, artigianalmente, oppure in serie, nei calzaturifici, a un costo notevolmente inferiore . I materiali più importanti che vengono impiegati nella confezione sono i pellami (di vitello, vitellone, capretto, rettili, ecc.), e i cuoi (da suola, da suoletta, ecc.); inoltre si usano filati, tessuti, succedanei del cuoio, fibre speciali, fibbie, gomma, ecc. La calzatura si compone di due parti principali: la tomaia, che è la parte superiore, confezionata per lo più con pellame, e il fondo "Per le fasi di cucitura vedi disegni al lemma del 5° volume." "Vedi disegni vol. V, pag. 238." (la suola con la suoletta e il tacco), che è la parte sottostante, confezionata con cuoio da suola, oppure gomma, feltro e altri materiali. La confezione viene eseguita su forme di legno riproducenti il piede umano. Le calzature variano fra di loro, oltre che per il modello, per dimensione, ossia per la loro lunghezza e larghezza: mentre la larghezza, cioè lo sviluppo del collo e della pianta del piede "Vedi tabella vol. V, pag. 239" , "Per la tabella comparativa delle lunghezze vedi il lemma del 5° volume." viene espressa con i primi sei numeri romani in ordine progressivo, la lunghezza viene espressa in centimetri, oppure in punti francesi, o in punti inglesi. Ogni punto francese equivale a due terzi di cm, mentre ogni punto inglese equivale a un terzo di pollice (ca. 0,82 cm). I metodi più importanti seguiti per confezionare una calzatura sono il Goodyear, il Blake, l'Ago. Con il metodo Goodyear il fondo e la tomaia vengono cuciti insieme tramite il guardolo (per cui il metodo è detto anche “a guardolo”), che è una striscia di cuoio a concia vegetale particolarmente robusta e flessibile disposta lungo il bordo e sporgente di ca. 1 cm. Il metodo Blake prevede l'unione del fondo e della tomaia a mezzo di cucitura, ma senza guardolo; secondo il metodo Ago il fondo viene unito alla tomaia per incollaggio. La maggior parte dei calzaturifici italiani sorge nelle Marche, in Toscana, nel Veneto e in Lombardia: si tratta per lo più di piccole aziende. Della produzione, che nel 1998 si aggirava intorno ai 425 milioni di paia, solo una minima parte è destinata al consumo interno. Molte calzature soprattutto di tipo sportivo, usate dai giovani, provengono da Taiwan, Corea del Sud e Hong Kong, dove sono prodotte per conto di aziende italiane.

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