Lessico

agg. e sf. e m. [sec. XIII; dal latino morālis, da mos moris, costume].

1) Agg., che riguarda i costumi, le azioni, i pensieri dell'uomo considerati rispetto alle categorie del bene e del male: le qualità morali di un individuo; precetto, giudizio, dottrina morale; libertà morale, il libero arbitrio; legge morale, quella dettata dalla coscienza; senso morale, capacità istintiva di distinguere il bene dal male; filosofia morale (o solo morale come sf.), l'etica. In senso corrente, conforme al comune concetto di bene e di giustizia: libro, spettacolo morale; condotta, insegnamento morale; persona morale, che opera secondo onesti principi.

2) Per estensione, che riguarda lo spirito, non materiale: danno, aiuto, sofferenza morale; schiaffo morale, cocente umiliazione; forza morale, del carattere, della volontà; autorità morale, che deriva dal prestigio, dalla stima di cui si gode presso gli altri; scienze morali, le discipline filosofiche, storiche, giuridiche e sociali, in contrapposizione a quelle fisiche e matematiche. In particolare, di condizioni e qualifiche che, pur non attribuite giuridicamente, sembrano meritate di fatto: la capitale morale di una nazione, la città più importante; il vincitore morale della gara, chi ha maggiormente meritato la vittoria.

3) Sf., il complesso delle azioni umane in quanto compiute sulla base di un principio che le qualifica come buone o cattive: la morale cattolica, epicurea; ciascuno di noi ha una sua morale. Per estensione, l'insieme delle norme di comportamento individuale e collettivo: la morale corrente; la morale di oggi, dell'Ottocento; morale civile, collettiva. In particolare, insegnamento, ammaestramento che si deduce da una favola didascalica o da un qualsiasi fatto o discorso; anche scherz., conclusione: la morale della favola è che non hai voglia di lavorare.

4) Sm., stato d'animo, condizione di spirito: sollevare il morale del malato; essere su, giù di morale.

Diritto

Il Codice Penale italiano considera delitto contro la morale familiare l'incesto con ascendente o discendente o con affine in linea retta o tra fratello e sorella; la pena è della detenzione da uno a cinque anni per casi singoli; da due a otto anni in caso di relazione, aumentabile per il maggiorenne, che consuma l'incesto con persona minore degli anni diciotto; la condanna contro il genitore comporta anche la perdita della potestà o della tutela legale; ogni offesa recata alla morale familiare attraverso la stampa è punita con la multa.

Filosofia

La filosofia morale o etica concerne il valore dell'agire umano, dei principi che lo regolano e delle finalità che esso si propone. Naturalmente la variazione storica dei parametri utilizzati nel formulare le valutazioni intorno alle azioni umane comporta, di conseguenza, che la storia della morale sia parallela alla storia stessa nella sua evoluzione. L'affermazione nel pensiero greco della speculazione sulla morale è la prima testimonianza dell'esistenza della filosofia morale. La sofistica negò l'origine naturale delle leggi che regolano i comportamenti degli uomini, mettendone in risalto invece la convenzionalità, con il relativismo etico che ne consegue. A ciò si oppose Socrate che sostenne essere la sola conoscenza del bene, inteso come valore universale, motivo sufficiente per agire conformemente con esso, costituendo così un principio di ordine intellettuale come base del comportamento morale. Platone, accogliendo questa posizione, concentrò la sua speculazione etica proprio sulla definizione dell'idea di bene universale. Aristotele, il primo a considerare la morale come una branca particolare e definita della speculazione filosofica che si occupa delle azioni umane, delle loro finalità e dei costumi, ritenne la ragione regolatrice del comportamento dell'uomo, sfociando così nel razionalismo etico. Durante l'ellenismo, alla concezione stoica che voleva la vita degli individui regolata da principi razionali universalmente validi, si contrappose l'etica epicurea del vivere secondo natura, guidati dalla ricerca della soddisfazione del maggior piacere possibile con il minor dolore possibile. Alla fine del mondo antico si impose l'etica cristiana fondata sul messaggio evangelico dell'amore che impregnò di sé tutto il Medioevo. Il Rinascimento e la Riforma misero in dubbio la morale cristiana; etica e politica vennero finalmente affrancate dalla teologia. La filosofia moderna cresce su questa prima affermazione di autonomia dell'agire umano e sviluppa con le concezioni utilitaristiche elaborate dalla filosofia inglese, da un lato, e con la formulazione dell'etica kantiana, dall'altro, la più piena espressione della completa emancipazione della morale da qualunque sistema di valori costruiti al di fuori di essa. Comunque in Kant la riflessione etica assumerà una particolare rilevanza, divenendo una possibile base di interpretazione della realtà. In questa direzione l'idealismo etico di Fichte porrà all'origine del processo dello sviluppo un principio di ordine morale. Questa linea troverà la sua massima espressione nel sistema hegeliano, dove l'etica diviene non già espressione della coscienza individuale, ma manifestazione dello spirito universale che tende alla piena coscienza di sé. Il materialismo storico di Marx ed Engels considera la morale come espressione della sovrastruttura e, al pari di ogni altro elemento sovrastrutturale (la religione, il diritto, ecc.), essa è il frutto dell'evoluzione dei rapporti di produzione. Sul finire del sec. XIX Nietzsche, scagliandosi contro ogni visione metafisica della morale, predicò il rinnovamento totale dell'uomo attraverso la liberazione dai pregiudizi della morale comune, per riconquistare la sua piena libertà nell'espressione della propria volontà di potenza. La filosofia del Novecento ripropone, all'interno delle varie correnti che vi si manifestano, queste diverse posizioni, ma alcune novità nel dibattito più recente si collegano agli ultimi sviluppi della ricerca scientifica che viene ponendo alla comunità umana non tanto nuovi problemi, quanto una più attenta ricerca delle proprie responsabilità. Gran parte di tali questioni viene affrontata dalla bioetica. Nell'ambito di questa branca della riflessione morale si contendono il campo due diverse concezioni. Una, “naturalista”, di cui Van R. Potter è l'esponente principale, ritiene che la bioetica debba semplicemente indicare una nuova etica scientifica, ovvero l'etica di una scienza biologica ritenuta in grado di individuare direttamente i nuovi fini morali da perseguire e, cioè, essenzialmente, il miglioramento della qualità della vita e la sopravvivenza della specie umana. A questa tesi si oppongono quanti vedono nella bioetica non una nuova scienza della morale bensì l'etica tradizionale applicata a diversi campi e, specificamente, la riflessione morale sul comportamento umano nell'ambito delle scienze biologiche e mediche. § Mondo morale, termine coniato da Leibniz per indicare il regno supremo delle entità spirituali e dell'armonia divina, dove la giustizia di Dio è compiutamente dispiegata. Il concetto è molto antico – e ne sono chiare le origini agostiniane (la Città di Dio) – ma in Leibniz assume un senso più specificamente filosofico e meno teologico, di espressione dell'armonia fra il mondo e Dio.

Teologia

Nell'ambito delle religioni positive o storiche la norma morale deriva direttamente dalla divinità, che sanziona il comportamento dell'uomo in merito a essa con un premio o un castigo nel caso risulti conforme o in opposizione alla norma stessa. Nel cristianesimo la vita morale ha come suo fondamento essenziale il rapporto tra Dio e l'uomo, stabilito dalla venuta del Figlio di Dio sulla Terra e dalla sua opera di redenzione quivi compiuta. La morale del cristiano è perciò di ordine soprannaturale e il cristiano l'accetta non basandosi sulla sola ragione ma appoggiandosi alla sua fede. Egli è la creatura fatta a immagine del suo creatore, ma il peccato originale e i suoi peccati personali gli hanno cancellato le linee di questa immagine. Cristo, con la sua opera salvifica gli offre la possibilità di ricalcarli dentro di sé per renderli ancora vivi e attuali; l'atto morale, che egli compie dopo questa rinascita in Cristo, gli serve a ricopiare in sé l'archetipo divino tramite il Cristo, immagine perfetta del Padre. Questa esaltante visione della vita morale cristiana ci è presentata dai Vangeli e dalle Lettere degli Apostoli, specialmente da quelle di San Paolo. Nei secoli posteriori la Chiesa nel suo sforzo di riordinare e organizzare il patrimonio della sua dottrina ha creato la teologia morale, in cui l'agire umano è sezionato e studiato nei suoi singoli elementi, per cui esso risulta un atto umano, morale, soprannaturale e meritorio. È umano l'atto compiuto dall'uomo in piena conoscenza e deliberato consenso della volontà; perché diventi morale tale atto deve essere in relazione con l'instaurarsi del regno di Dio nell'anima del cristiano che lo compie e in questo senso sarà buono se conforme a questo fine, cattivo se lo ostacola. Ma l'atto morale per il cristiano deve essere anche soprannaturale, deve cioè rappresentare un progresso nella vita di unione con Dio, fine ultimo dell'uomo. Compiuto in queste condizioni, l'atto morale diventa meritorio, perché gli merita da Dio la grazia, che viene a collaborare con la volontà dell'uomo per farlo progredire nella vita di figlio di Dio.

A. Guzzo, La moralità, Torino, 1950; V. E. Padovani, Filosofia e morale, Padova, 1960; J. Leclerq, Les grandes lignes de la philosophie morale, Parigi, 1966; J. Gründel, Temi attuali di teologia morale, Roma, 1967; M. Chiodi, Morale fondamentale, Casale Monferrato, 1991.

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