spontaneità

sf. [sec. XVIII; da spontaneo]. L'esser spontaneo, come atteggiamento contingente o disposizione abituale; naturalezza. § In filosofia è concetto che assume vari e diversi significati: in primo luogo l'idea della mancanza di condizionamenti e di costrizioni, e quindi l'autonomia dell'agire, del vivere e del pensare, sulla base dell'interno principio di un ente o di un soggetto: ciò vale sul piano gnoseologico e su quello etico, particolarmente in Aristotele e nel pensiero medievale cristiano-scolastico. In seguito, l'idea di spontaneità fu rielaborata e ampliata particolarmente a opera delle correnti spiritualistiche, che, a partire da G. W. Leibniz, collegavano a essa strettamente il concetto di libertà; concetto che da questa identificazione usciva tuttavia impoverito, in quanto la libertà come spontaneità non esaurisce certo l'idea della libertà come agire razionale mediato da una volontà intelligente. Soprattutto notevole il concetto kantiano della spontaneità dell'intelletto, che unendosi ai portati della passività del senso genera la conoscenza, possibile solo come unione dei due momenti: concetto poi dilatato nell'assoluta attività e spontaneità dell'io e della ragione nell'idealismo tedesco postkantiano. § In diritto è la mancanza di costrizione nella prestazione. La spontaneità costituisce uno dei due elementi essenziali (l'altro è la capacità di colui che effettua la prestazione) perché si abbia una valida obbligazione naturale.

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