telelavóro

Indice

Definizione

sm. [sec. XX; tele- + -lavoro]. Attività lavorativa rivolta a prestazioni flessibili, svolta lontano dalla propria sede di lavoro, che utilizza le tecnologie informatiche per interagire con la rete telematica della struttura aziendale per la quale si lavora.

Sociologia

Il lavoro a distanza è un fenomeno in piena espansione: negli Stati Uniti, dove il telelavoro ha avuto origine, è una realtà per milioni di persone, mentre in Europa, secondo un'indagine condotta dal Censis, costituisce un'esperienza consolidata per oltre un milione di persone e si prevede che i telelavoratori permanenti, temporanei o saltuari conosceranno un altissimo incremento. Questa situazione innovativa di organizzazione del lavoro costituisce una nuova frontiera dell'occupazione. Grazie all'utilizzo di tecnologie dell'informazione quali, per esempio, il computer, il modem, il fax e una minitelecamera posta sul monitor, gli impiegati delle grandi aziende possono, restando a casa, svolgere il proprio lavoro, dialogare col capo ufficio e con i clienti, contattare i fornitori, collegarsi con le banche dati, con una notevole contrazione dei costi e dei tempi morti che derivano soprattutto dagli spostamenti casa-ufficio. Con il telelavoro anche le aziende traggono benefici, grazie al notevole risparmio sui costi delle sedi di lavoro e all'incremento della produttività dei propri dipendenti, principalmente dovuta a investimenti sulla formazione di nuove figure professionali nel settore: organizzatori e consulenti del telelavoro. In Italia i primi esperimenti di telelavoro si sono avuti nel 1995 presso la Telecom dove, nel 1996, erano già 1400 i dipendenti-satelliti delle sedi di Bari, Cagliari, Catania, Catanzaro, Messina e Potenza che “telelavorano” nei servizi delle informazioni sull'elenco-abbonati (il numero 12). La struttura organizzativa di un'azienda che investe sul telelavoro non è più quella tradizionale – piramidale e verticistica – ma si converte in rete interorganizzativa. In tal modo, un insieme di organizzazioni interagiscono e stabiliscono accordi più o meno stretti di collaborazione e scambio, puntando al raggiungimento degli obiettivi più che alle singole procedure o alla presenza fissa degli impiegati sul posto di lavoro. I vantaggi derivanti dalla maggiore disponibilità per la famiglia e il tempo libero sono peraltro attenuati, in alcuni telelavoratori, da problemi di natura psicologica: senso di isolamento, incapacità di saper gestire la propria giornata, mancanza di confronto con i colleghi e superiori e, soprattutto, sentimento di frustrazione per non potere evadere dalla routine domestica. Questi aspetti generali non esauriscono, però, il profilo articolato del telelavoro, fenomeno che non è riconducibile soltanto ai suoi tratti morfologici e che comprende molteplici variabili. Fra queste ci sono, ovviamente, la delocalizzazione delle sedi di attività, ma anche la necessaria adozione delle tecnologie informatiche e telematiche e le trasformazioni organizzative che il combinarsi di questi differenti elementi comporta, dando vita a numerose tipologie. Secondo i ricercatori che si occupano di innovazione tecnologica e dei suoi effetti sulla vita quotidiana, per esempio, non si può in alcun modo parlare di telelavoro se non sono presenti effettivi mutamenti dell'organizzazione del lavoro, e non soltanto innovazioni tecnico-strumentali delle tradizionali attività lavorative. Il Tavinstock Institute of Human Relations, in particolare, ha distinto sei tipologie principali di telelavoro: l'home working, o lavoro a domicilio, che interessa attività svolte individualmente da operatori che utilizzano strumenti localizzati presso la propria abitazione, senza che ciò comporti necessariamente radicali trasformazioni dell'organizzazione lavorativa presso la sede di riferimento; le shared facilities, o edificio telematico condiviso, consistente in una struttura attrezzata con tecnologie telematiche, localizzata fuori dell'azienda e capace di ospitare lavoratori “a distanza”, che possono concordare tempi e modalità di utilizzo delle dotazioni con relativa flessiblità; satellite-branch office (uffici satellite), veri e propri comparti dell'azienda cui vengono assegnati compiti di gestione operativa di una serie di servizi già svolti in passato dall'impresa, con il ricorso a tecnologie tradizionali. In questo caso il fattore di differenziazione del lavoro prevale su quello dell'innovazione organizzativa in senso stretto; le cosiddette teleimprese (distance working enterprises), che, invece, nascono e si sviluppano in stretta relazione con le opportunità offerte dalle tecnologie informatiche, proponendo servizi specializzati (mailing, monitoraggio di mercato, rilevazioni sulla domanda che consentono di ridurre al minimo gli stoccaggi e di produrre merci just in time, con consistenti riduzioni dei costi d'esercizio e di distribuzione); sistemi distribuiti d'ufficio (distributed business systems), che derivano da una serie di delocalizzazioni strategiche dell'impresa, orientate alla creazione di reti di servizi specializzati attivati costantemente o attivabili alla bisogna. In questo modo, molte mansioni professionali vengono parcellizzate o, viceversa, ricomposte in figure differenti da quelle tradizionali, generando una radicale innovazione organizzativa, come nel precedente caso delle teleimprese; lavoro mobile (mobile work), che contempla attività effettuate in contesti itineranti (si pensi a équipes giornalistiche collegate telematicamente con le redazioni centrali, a team televisivi, ad attività di monitoraggio sanitario o ambientale in località campione, a rilevazioni mobili da parte di forze dell'ordine di informazioni disponibili in apposite banche dati e riguardanti la sicurezza, ecc.). Osservando le differenti tipologie del telelavoro, gli studiosi del settore si sono divisi in alternative scuole di pensiero. Da un lato, c'è chi vi coglie un ritorno, solo apparentemente paradossale, al modello del lavoro domestico, tipico delle società preindustriali. Questo ritorno alle origini del sistema produttivo e dei servizi accrescerebbe, però, la solitudine del lavoratore individuale, che – a differenza dell'antico artigiano – sarebbe privato del contatto familiare e quotidiano con clienti, aiutanti, fornitori. Si osserva però, d'altro lato, che nell'esperienza concreta del telelavoro l'addetto, oltre a essere esonerato dalla fatica e dalla perdita di tempo connesse ai trasferimenti da e per il tradizionale luogo di lavoro, continua a interagire con colleghi e utenti. L'impresa si fa in qualche modo virtuale, astraendo da vincoli spaziali e temporali troppo rigidi, ma non per questo scompare dall'orizzonte del lavoratore, che conserva tutte le sue prerogative contrattuali, normative e sindacali. Questa rappresentazione ottimistica non può però nascondere la radicalità degli effetti del telelavoro proprio sulla psicologia dell'operatore individuale – atomizzato nel sistema produttivo –, sulla percezione della quantità/qualità del lavoro svolto e sul sistema della rappresentanza sindacale. In generale, perciò, si può sostenere che il telelavoro, principalmente applicato nella sua prima fase di sperimentazione alla gestione dell'informazione (servizi di segreteria a tasso variabile di qualificazione e più pregiate attività di tipo tecnico-manageriale), costituisce una potenziale risorsa di autonomia per i lavoratori. Consentendo flessibilità di orari e di prestazioni, ha in qualche caso rappresentato una nuova e concreta opportunità di inserimento occupazionale per fasce sociali emarginate dal mercato del lavoro tradizionale. Permettendo trattamenti retributivi e normativi in parte differenziati rispetto ai classici contratti di lavoro, ha inoltre favorito lo sviluppo di imprese bisognose di incentivazione finanziaria e passibili di organizzazione molto elastica delle attività. Infine, bisogna sottolineare che l'estendersi del fenomeno avrebbe sempre maggiore incidenza anche sull'ambiente, grazie alla riduzione del pendolarismo, alla minore congestione del traffico urbano e alla conseguente diminuzione dell'inquinamento.

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