vano

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agg. e sm. [sec. XIII; latino vanus].

1) Agg. antico e lett., vuoto internamente, cavo: “il monte era forato e vano” (Ariosto); in particolare, privo di persone: “quel chiostro... ora è fatto vano” (Dante). Per estensione, senza consistenza materiale, incorporeo: “ombre vane, fuor che nell'aspetto” (Dante).

2) Con vari sensi fig.: A) Privo di efficacia, inutile, senza risultato: vani tentativi; per la loc. in vano, v. lemma a sé; anche che non ha motivi fondati: vani timori. B) Sciocco, futile, privo di serietà: passatempi, discorsi vani; privo di valore morale, quindi effimero: i vani piaceri dei sensi.

3) Sm., lett., il vuoto dell'aria, lo spazio.

4) Spazio interno di un edificio, delimitato lungo il perimetro da pareti. Negli edifici di abitazione si possono distinguere vani principali, come le camere da letto e il soggiorno, e vani accessori, come i locali adibiti ai servizi e la cucina. Anche apertura, rientranza in una parete: il vano della porta.

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